ぼく がくせいです。
boku mo gakusei desu.

Esprimendo la stessa frase in kanji avremmo 僕も学生です。Comunque la si metta la traduzione è sempre la stessa:  “Anche io sono uno studente”. Come spero abbiate capito も , mo, significa “anche”. Dopo torneremo un attimo su boku, cioè “io”, per approfondire un po’, ma per ora concentriamoci su “mo” e il suo uso.

Avendo visto come si comporta WA e ora come si comporta MO, forse avrete capito che le cosiddette particelle, o meglio, le posposizioni hanno un loro particolare comportamento:

  • In Giapponese tutte le particelle/posposizioni seguono la parola a cui si riferiscono.
  • In italiano abbiamo le PREposizioni (p.e. “…DEL mondo“), il giapponese usa particelle “simili”, ma le mette dopo (p.e. “sekai NO …”), così le chiamiamo POSTposizoni (meglio “posposizioni”, per la verità, suona meglio, no? ^.^).

Insomma, il corrispettivo giapponese di tutte quelle particelle che usiamo per creare i complementi – tipo a, di, da, in, con, su, per, tra, fra – e molte congiunzioni (p.e. sono uscito perché dovevo comprare il pane) si trovano dopo la parola (o la frase, nel caso delle congiunzioni) a cui si riferiscono. Spero che sia chiaro abbastanza, ma, se così non fosse, non preoccupatevi: rivedremo meglio questo discorso facendo la particella “no”.

Un po’ di contesto, please!

Per concludere questa lezione parliamo ancora di “contesto” o meglio di come un giapponese vari il suo modo d’esprimersi a seconda della situazione in cui si trova. Lo abbiamo già detto, lo facciamo anche noi, ma in giapponese questo “fenomeno” è molto marcato e con delle sue “regole precise” (il che è un aiuto, piuttosto che un fastidio, altrimenti servirebbe la sensibilità d’un madrelingua per esprimersi in modo appropriato!). Tranquilli, non dobbiamo imparare nulla in merito per adesso… solo parlare ancora un po’ del nostro amico “boku”.

Il fatto che ragazzi e ragazze possano dire “io” in modo diverso, spiazzerà non pochi. Una regola sempre valida è che “a parità di contesto” una donna parla sempre in modo più cortese di un uomo, ragion per cui perché un uomo usi “watashi” serve un contesto più formale (p.e. parlando col gran capo dell’azienda, usare boku non sarebbe appropriato… e perfino watashi potrebbe non bastare! ò.ò). Una normale ragazza giapponese, nella vita reale (al di fuori cioè di film, anime, musica, libri ecc.), insomma, nel suo (e nel vostro) quotidiano non userà mai boku. Si limiterà a watashi, usando eventualmente qualcosa di più colloquiale e “kawaii” (carino), come atashi, o qualcosa di molto formale come watakushi, ma mai boku o qualcosa di ancor più “grezzo” come ad esempio il pronome personale maschile “ore“. Allo stesso modo un bambino, un ragazzo o un uomo adulto non userebbe mai con i suoi amici, la sua fidanzata, sua moglie e eventualmente anche coi colleghi, non userà mai watashi.

Prendiamo ora questo video di Hyadain – Me, Myself, and NicoNico Douga …il titolo originale è ぼくとわたしとニコニコ動画 (Boku to watashi to NicoNico Douga). La traduzione inglese non rende affatto il senso… e non può farlo! Leggendo l’originale giapponese capiamo subito che a “parlare” sono un ragazzo e una ragazza (e si può verificare vedendo il video), ma l’inglese non lo chiarisce… D’altronde, come si poteva tradurre diversamente? Io, io e i video di NicoNico” è l’unica cosa che mi viene in mente. Ovvio però che usare i colori non è una soluzione… e questo vi dice quanto importante ed essenziale sia il diverso modo di esprimersi, tipicamente giapponese, a seconda di mille fattori quali il contesto, chi sia il parlante, chi sia l’ascoltatore, quale sia la relazione tra loro, chi sia la persona di cui parlo (e quanto sia “importante”)… cose del genere.

Qualcuno a questo punto vorrà abbandonare tutto… nonfateloooo!!!

In realtà, e qui arriva una buona notizia, io, tu, egli… ecc insomma, i pronomi personali si usano davvero poco in giapponese! E meno male perché è una lingua che ha circa 90 modi per dire “io” XD (anche se alla fin fine ne non sentirete usare mai più di una decina, compresi i più rari che troverete in qualche film di samurai, gangster o che so io).

Ma perché non li usano? Gli inglesi devono sempre mettere il soggetto, perché i giapponesi fanno “gli originali”??? Il fatto è che dire troppo spesso “io” vi fa apparire “egocentrici”, troppo fissati con voi stessi, mentre usare il tu è scortese come lo è in italiano… e anche nel caso usiate il corrispettivo del nostro “Lei”, vi ritrovereste nella situazione di chi usa “signor” per rivolgersi a una persona che in realtà è dottore o ingegnere o altro… e vuole essere chiamato col proprio titolo: lo fareste arrabbiare!

Allora, come si fa?!? Come in italiano! P.e.: Esco un attimo. – Dove vai? – Vado un attimo in edicola. – Cosa compri? – Quella rivista che adoro e leggo sempre, hai presente? …ecc. Vi pare che da qualche parte compaia “io” o “tu”? E’ vero i giapponesi sanno essere pure più estremi, specie perché i loro verbi non variano desinenza, come detto. Però si può sempre fare un giro di parole: non serve dire Tu sai dov’è la farmacia? , se si può dire Scusi, starei cercando una farmacia…, giusto? E poi i giapponesi hanno comunque i loro sistemi per rendere tutto assolutamente chiaro, proprio intervenendo sul verbo, come noi, ma aggiungendo qualcosa, invece di modificarlo! Così una frase ben scritta, lo vedremo fra parecchio tempo, non lascia mai dubbi: basta conoscere la grammatica e avere chiaro… il contesto!^^

15 thoughts on “5.L’uso delle particelle, “mo” (anche) e… un po’ di contesto

    1. La fonte del numero preciso è Daniele Luttazzi, a dire il vero, ma non stento a crederci visto che io stesso ne saprò… boh, una 30ina, non li ho mai davvero contati, ma ci sono davvero un mare di modi per dire “io” …se ritrovo l’elenco Luttazziano, lo posto ^__^

  1. Confesso un parziale scoraggiamento ._.
    Ma non tanto per i 90 modi di dire io(un po’) ma quanto per aver preso coscenza di quanto la conquista dell’hiragana sia un passo ben più piccolo di quel che pensavo,ma non demordo ._.
    E un bel giorno sapro qualche kanli in più di “albero”,l’unico che mi ricordo al momento xD

    1. In genere ci sono 3 fasi. La prima è lo spavento per l’hiragana. Poi ti rendi conto che non era poi chissà cosa: c’è di peggio. Arriva quindi la fase 2: la paura dei kanji. Dopo qualche centinaio di kanji (un primo scoglio è intorno al 100inaio, durissimo da raggiungere… un secondo è sui 400, quando pensi che è solo un quinto del lavoro), ti rendi conto che sì, sono tanti, ma al tempo stesso è un lavoro meccanico molto semplice. Leggi, memorizzi, riscrivi, leggi, memorizzi, ecc.
      A quel punto sei alla fase 3. Cose che credevi d’aver capito 2 anni prima tornano a darti problemi… come le particelle wa e ga su cui io insisto tanto, la cui vera natura è del tutto sconosciuta ai più.

      Questi sono i problemi, quello che di positivo posso prometterti è che puoi goderti il percorso e non devi pensare solo al traguardo. Certo, imparare meccanicamente i kanji è noioso, ma puoi procedere al ritmo di 15 minuti al giorno. Certo, la grammatica è importante e va saputa, ma scoprire cosa si dice in una canzone, un anime o un videogame… un po’ come se risolvessi un codice… e sapere che ogni volta che traduci qualcosina stai al tempo stesso migliorando… e restare affascinato dal modo unico di vedere la grammatica, fredda per noi, spesso “emotiva” per i giapponesi… o scoprire quale incredibile, a volte terribile usanza cinese si cela dietro ad un semplice kanji, quale evento storico si nasconde dietro a un vocabolo… secondo me vale tutti i grattacapi che possiamo aver avuto.
      Poi ci sarà chi pensa al giapponese come a un mezzo per godersi un manga in anteprima, un videogioco che non uscirà mai da noi, o per chiacchierare su forum di cosplay con dei giapponesi… tutti obiettivi importanti per persone diverse, ma secondo me anche il percorso fatto prima di arrivare lì può essere divertente e godibile… una sfida, sì, ma nulla di noioso.

      1. Sensei mi hai dato una spinta incredibile con questo discorso 🙂
        Sono un paio di giorni che sto discretamente male(febbre alta ecc..) ma appena mi riprendo vado a farmi un’abbuffata di kanji :3
        Grazie come al solito delle tue parole di incoraggiamento e del tuo imprescindibile entusiasmo 😀

  2. Oh Gosho! O.O
    (Gosho Aoyama si intende, il mio mangaka preferito <3 Autore di Detective Conan *–*)
    Io seguo tutti gli anime sempre e rigorosamente in giapponese…
    Ma adesso ho scoperto un sacco di cose nuove grazie a questa pagina…
    E…
    90 MODI PER DIRE IO?!
    O.O
    Wow… Adoro il giapponese :')
    xD
    Grazie di tutto ^^

  3. Ciao!
    Complimenti per il sito, l’ho trovato cercando la traduzione di Fukai Mori…
    Ho iniziato giapponese da neanche due mesi (e da autodidatta), perciò sono ancora a zero con kanji e grammatica, però ho una domanda: ho letto che “mo” non va mai usato insieme a “wa”: è così?

    1. Esatto! “mo” si mette lì dove altrimenti metteresti wa, ga e wo (salvo eccezioni da super-esperti che trascuriamo).
      Es.:
      watashi wa isha desu = io sono medico
      watashi mo isha desu = anche io sono medico
      Come vedi la prima e la seconda frase sono uguali, ma per mettere “anche”, dobbiamo sostituire wa con mo.

      Però “mo” si può usare anche prima di desu, cosa che non è possibile per wa, ga e wo (vd. la risposta del Signor B)
      A-san: watashi wa isha desu = io sono medico
      B-san: watashi mo desu = anche io (sono medico)
      Il signor B, anche in altre situazioni non avrebbe mai potuto dire
      “watashi wa desu” o “watashi ga desu”

Fatti sentire!

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