Il kanji di boku e i bambini

Del pronome personale “boku” abbiamo parlato in un altro post… ma non è tutto qui! Difatti i bambini costituiscono un po’ un caso a parte quando si tratta dell’uso dei pronomi.

Già in tenera età hanno un’idea di relazione sociale, poiché usano fare distinzioni nel parlare con i genitori o con i compagni di gioco. L’uso corretto dei pronomi, però, viene acquisito solo col tempo.

 

I maschietti tendono ad usare boku parlando con i genitori o le maestre d’asilo, ma parlano di sé stessi in terza persona (chiamandosi per nome) quando sono con altri bambini (stiamo parlando d’una “tendenza”, è ovvio). Le bambine, viceversa, da piccoline usano il proprio nome con la madre e watashi “fuori casa”, ma di rado. Probabilmente per confronto con gli altri bambini poi, cominciano a usare boku. Pian piano, con l’età, l’uso di boku diminuisce a favore di watashi (per le bambine), a favore di ore (per i bambini). Nelle bambine l’uso di “boku” sparisce in breve tempo*, mentre nei bambini si conserva ed è usato però in modo più pesato, a seconda delle circostanze.
Per la natura del pronome boku, voglio sottolinearvi che non sarebbe appropriato parlando con un adulto estraneo (vd.oltre), ma è una questione simile al fatto che da bambini diamo del tu a tutti gli adulti, anche ai vicini di casa, ai negozianti della zona, al dottore… si perdona sempre, Che volete…? Son bambini… (^.^), e di fatto è normale che un bambino fino a una certa età si esprima così con chiunque fuori casa.

Ad ogni modo, questo frequente uso di boku da parte dei bambini ha due effetti. Il primo è che molti studenti credono che boku sia un pronome infantile. In effetti non è così, boku è un pronome educato. Un ragazzo userà “ore” per la maggior parte del tempo e “boku” con insegnanti e in situazioni più formali; mentre un adulto aggiunge watashi alla sua gamma di possibilità (e qui si vede come per una ragazza/donna è più facile, visto che può banalmente usare sempre watashi) e lo usa in particolare con chi gli è superiore, limitando l’uso di boku a situazioni più informali, ma dove vuole mantenere una certa educazione (nonché una “educata distanza” tra sé e l’ascoltatore, come a dire “non mi prendo troppa confidenza”^^).

Molti purtroppo fraintendono o sono male indirizzati dalla cattiva informazione che si trova online. Lo ripeto: boku non viene usato solo dai bambini e non è infantile. C’è tanta cattiva informazione che temo non mi crediate, ma volendo posso citarvi vari esempi come “prove”…

I primi che mi vengono in mente: tra gli anime, Fate/Zero, tra i drama, Edison no haha. In queste serie (e molte altre) ad usare “boku” sono uomini fatti e finiti, né infantili, né giovincelli^^ Volendo esempi “di vita reale”, il primo ministro Eisaku Satou parlando alla Dieta usava watakushi, parlando in sala stampa passava a “boku”. Se poi preferite un esempio dalla mia esperienza personale… il figlio del proprietario del ryokan dove sono stato l’ultima volta che sono andato in Giappone… be’, aveva 30 anni e usava “boku”.

D’altronde “boku” ha un grande vantaggio, che è quello di poter essere usato in pubblico e in privato senza problemi. Anche se, a dire il vero, ci sono situazioni in cui è “eccessivo” perché, come capita, l’educazione crea anche una certa “distanza” e/o risulta fuori luogo con chi è “socialmente sotto di noi”: dunque un uomo può usare “boku” parlando col proprio padre, ma non lo userà parlando con la moglie o i figli (due esempi ricollegabili ad una “distanza fuori luogo”, nel caso dell’uomo che parla con la moglie, e ad una relazione superiore-inferiore, se l’uomo parla con il proprio figlio).

Come dicevo, poi, “boku” è utilizzabile sul lavoro (tra colleghi, col capoufficio… però più è importante il nostro interlocutore e meno è appropriato). Certo, watashi, usato da un uomo sul posto di lavoro è comunque più “cool” di boku, ma se volete un minimo accorciare le distanze con un/a senpai, colleghi e colleghe (del vostro livello per età o ruolo nell’azienda), non potete continuare a usare watashi; boku è un ottimo compromesso, proprio perché più informale di watashi, ma comunque educato (mentre “ore” usato con un/a collega con cui non si ha confidenza è poco indicato…).

Dunque, come dicevo, boku può essere usato sia nel privato che a lavoro. Viceversa “watashi” usato a casa propria, con la propria moglie o fidanzata, è quasi impensabile (salvo rare situazioni, più che altro persone d’una certa età, che “si danno un tono”, per così dire)… E similmente “ore”, più adatto alle situazioni familiari, trova sul posto di lavoro un uso molto, molto limitato (ma ne parlerò in un’altra occasione).

Tornando ai bambini, il loro uso di boku ha un secondo “effetto”, come dicevo.

Premessa: capita di rivolgersi a bambini e ragazze/i (di cui non si sa il nome) dicendo “kimi” (che trovate spiegato nel link della prima riga), specie se c’è differenza d’età. Ma, ed ecco il secondo “effetto”, ai bambini ci si può rivolgere anche chiamandoli “boku”! Come se questo significasse “bambino” (proprio perché i bambini piccoli lo usano spesso).

Dunque vi capiterà di sentire dire “nee, kimi!”, spesso rivolto a dei bambini, come a dire “ehi, tu!”… Ma anche “nee, boku!”, come a dire “ehi, bambino!” (e non, ovviamente, “ehi, io!” che non avrebbe senso^^).

* Raramente “boku” viene usato anche dalle ragazze per parlare in prima persona.
Per esempio capita spesso di sentire “boku” nelle canzoni… Usato dagli uomini (come dicevo, boku non è infantile: non sono certo dei bambini a scrivere le canzoni, no?), e questo è quasi banale, ma spesso anche dalle ragazze (forse per favorire l’immedesimazione di più persone, forse perché ha un che di cool e/o perché fa un po’ maschiaccio).
Lasciando perdere la musica, se una ragazza usa “boku” in un anime, in situazioni di vita quotidiane, in genere significa che è un personaggio “otenba” (maschiaccio, monella) o genki-baka (stupidina ma piena di vita e energia, in genere una ragazza sportiva)… si tratta di due atteggiamenti comunque un po’ infantili di norma, ma soprattutto entrambi (più o meno) maschili.

Un’ultima curiosità… , il kanji di boku, ha una pronuncia kun, shimobe, che significa “servo” e nei composti, come la parola 下僕 , geboku, mantiene questo significato.
Il fatto che si dica “servo” per dire “io” ha un che di incredibilmente familiare. Difatti la parola italiana “ciao” deriva dalla pronuncia dialettale del termine “schiavo”, mentre altri modi di salutare, sempre dialettali, sono espressioni tipo “Comandi!” e “Servo Vostro”.
Ok, si tratta di saluti e non di pronomi, ma non si può volere tutto, vi pare?

10 thoughts on “Il kanji di boku e i bambini

  1. Mamma mia ma quante cose sai ?Ormai ho capito che ogni volta che entro nel blog imparerò sicuramente qualcosa di molto interessante e non è detto riguardi solo il giapponese.Non sapevo proprio che “ciao” derivasse dalla pronuncia dialettale di schiavo. 🙂

  2. Grazie per le risposte velocissime e per tutto il materiale che metti.Mi sta aiutando moltissimo! Se solo molti professori universitari (e non solo) facessero metà della metà di quanto fai tu,saremmo a cavallo (a proposito di lavorare XD)
    Si l’avevo letto e mi era piaciuto molto!Pian piano ne leggerò degli altri 😉

Rispondi a PaoloAnnulla risposta

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.