La particella “to” viene in genere citata come fosse la nostra congiunzione “e”. Ci sono due motivi per cui è bene non vederla (sempre/solo) in questo modo. Il primo è che non può congiungere due frasi coordinandole come la nostra “e” (capita di trovare “to” tra due frasi, ma assume tutt’altro ruolo). Il secondo è che spesso “e” non rende correttamente il senso della particella “to”. Dunque va tradotta a volte con la “e” e a volte con la preposizione “con”. Difatti il ruolo principale di と (to) è quello di creare il complemento di compagnia o unione. L’immagine sotto il titolo recita “minna to Menma”, cioè “Menma e tutti gli altri”. Menma è il personaggio principale del bellissimo anime Ano hi mita hana no namae wo bokutachi wa mada shiranai, mentre minna vuol dire “tutti”, ma dire “Menma e tutti” in italiano è bruttino. In questo caso tradurre con “e” è praticamente d’obbligo, ma se dicessi “boku wa kimi to ikitai”, dovrei tradurre per forza con la preposizione con: “io voglio andar(ci) con te“; tradurre con “e” non avrebbe senso.
Com’è possibile tutto ciò? E’ possibile… anzi, non è nemmeno strano. Se volete accettarlo così come viene, considerate semplicemente “sostantivo+to” come fosse un complemento e continuate a leggere. Se no saltate per un attimo alla lezione 10 che è un approfondimento sugli elementi della frase giapponese a partire da questa lezione.

Una delle possibilità che la particella “to” ci dà è quella di usarla per costruire un elenco finito (e definito)… diciamo un elenco che non potreste mai finire con “eccetera”. Se per esempio volete elencare esattamente tutto quel che avete mangiato a pranzo o con quali amici siete usciti ieri, di norma farete un elenco finito:

1) Pasta, insalata di pomodori, mozzarella e frutta. 

2) Marco, Laura, Giorgio e Antonio.

…mentre se volete elencare i paesi che vi piacerebbe visitare (specie se sono tanti) o parlate genericamente di cosa portare ad una festa, probabilmente farete un elenco indefinito (generico) e incompleto:

A) Giappone, Cina, Francia, Spagna, Grecia...

B) Per la festa, voi pensate al cibo: patatine, pizza, gelato...

Come vedete un elenco finito si chiude in modo netto (prima dell’ultimo elemento metto una “e”), mentre un elenco indefinito si chiude con i puntini sospensivi o con eccetera.
In un elenco definito, come detto, ogni parola è legata da と (to), mentre in un elenco indefinito le parole sono legate da や (ya) e spesso l’elenco è chiuso con una sorta di “eccetera”, ovvero la particella など (nado; a volte in kanji, , è lo stesso kanji, con pronuncia diversa, visto per il plurale dei pronomi). Specie per elenchi lunghi capita poi di trovare solo delle virgole (、) o dei puntini a mezza altezza (・), a prescindere dal tipo di elenco …ma in tal caso, per far capire che l’elenco è indefinito, questo va chiuso con nado (Giappone, Cina, Francia nado). Se invece uso ya, allora nado non è più obbligatorio per chiarire che il mio elenco è indefinito (ci pensa già ya, quindi nado fa da rafforzativo se lo metto) e posso mettere o no delle virgole:

すしや(、)さしみや(、)てんぷら(など)を食べた。
Sushi ya(,) sashimi ya(,) tenpura (nado) wo tabeta.
Ho mangiato sushi, sashimi, tempura…

Un’ultima particolare avvertenza. Capita che trovi uno “ya” dove mi aspetterei “to” (senza un nado finale). Ciò significa che più che agli oggetti in sé mi riferisco ad essi come categoria. Se dico “Quando vengo da te porto dei dolci e da bere” in giapponese dirò “okashi to nomimono” e intenderò che porterò esattamente quelle cose (per quanto i termini siano generici). Tuttavia potrei dire “okashi ya nomimono“, implicando che porterò delle cose tipo dolci e bibite, quindi potrei portare pure patatine o che so io… Dunque la sfumatura propria di “ya” non è solo quella di “questo, questo… e altre cose”, ma anche “cose tipo questa e quest’altra” (quindi poco fa avrei potuto tradurre “Ho mangiato cose tipo sushi, sashimi, tempura…”). Queste due sfumature non sono concetti poi così lontani, anzi, sono per certi versi intercambiabili, ma è bene aver presente la cosa, così da avere più possibilità di traduzione^^

Nell’immagine qui sopra si legge il titolo di un (bel) manga: Kimi to boku no ashiato, letteralmente “le impronte di te e me” (le mie e le tue impronte… il riferimento è alle tracce che lasciamo camminando: ashi vuol dire piedi). Come vedete abbiamo fatto un passo oltre, sommando l’uso di “to” e “no”. In pratica abbiamo A to B no C invece di D no C …cioè le impronte qui non sono di una persona sola, sono di due persone, mie e tue… cioè dico che C (le impronte) appartengono a A e B (me e te). Vedendola con i colori abbiamo:

 kimi no namae (lett.: il nome di te D no C
  kimi to boku no ashiato (lett.: le impronte di te e me (A to B) no C

Tutto ciò che precede “no” specifica ciò che segue, in questo caso le impronte appartengono alle persone che precedono “no”, come il nome apparteneva alla persona che precedeva “no” (cioè “kimi” = tu). E’ tutto qui? Vale sempre? Purtroppo no.
Vediamo qualche titolo di anime:

Kareshi to kanojo no jijou = Le situazioni di lui e lei
Kanojo to kanojo no neko = Lei e il gatto di lei

In pratica nel primo caso, come prima, il complemento di specificazione è dato da tutto ciò che precede “no”; le situazioni “appartengono” contemporaneamente a due persone: lui e lei. E’ un po’ come se scrivessi, come prima per le nostre impronte: (A to B) no C.
Nel secondo caso però il complemento di specificazione è dato da una sola persona, lei, e ciò che precede “to” è coordinato al gatto (neko), non è una seconda persona che possiede il gatto. Potremmo dire che “to” non è più interno al complemento di specificazione, stavolta è fuori. In pratica, facendo l’esempio con le lettere, è come se scrivessi, A to (B no C), con “to” fuori dalla parentesi. Come posso sapere quale delle due cose è corretta? A senso! Succede anche in italiano, eh! Spesso devo regolarmi a senso, in base al contesto della frase. Per esempio:
– Cosa hai dimenticato di caricare in macchina?
– La borsa di Maria e Antonio.
Cosa significa, che la borsa che appartiene a Maria e Antonio è rimasta a casa, oppure che a casa sono rimaste due cose: la borsa di Maria e il piccolo Antonio? ^_^;
Ovviamente il discorso vale anche se aumenta il numero di elementi nella frase, come nel titolo:
Yami to boushi to hon no tabibito
Yami , il cappello e la viaggiatrice di libri
(piccola nota: nella storia i libri sono mondi paralleli)
Visto con le lettere abbiamo Y to B to (H no T). Come faccio a saperlo? A senso! L’alternativa, come visto, sarebbe (Y to B to H) no T, cioè la viaggiatrice di libri, di cappelli e di Yami; un’alternativa che qui è ovviamente fuori luogo (Yami è una persona, quindi suona parecchio più strana dell’altra frase, no?). Ok, fine, spero che le lezione vi sia piaciuta…

Come sempre mi auguro di vedere qualche vostro commento, per intanto…

Mata naa! (Alla prossima!)

23 thoughts on “9.Le particelle と (to), や (ya) …e ancora の (no)

    1. Grazie, mi fa piacere ^__^ Cerco sempre di metterci tutto quello che i libri non dicono e che ho dovuto scoprire da me… per cui forse scrivo un po’ troppo rispetto ad altri corsi, ma tagliare vorrebbe dire non trattare delle cose o perdere in chiarezza… spero che questa combinazione piaccia a tanti^^

    1. Direi che è meglio mettertela giù in modo più preciso. Questi sono tutti gli usi di “to” (che mi vengono in mente al momento), in ordine dal più banale ai più complessi…
      1) in un elenco definito (in vari modi: dopo ciascun elemento tranne l’ultimo; dopo tutti gli elementi compreso l’ultimo se l’elenco non prosegue o ho un’altra particella (wa, no…); solo dopo il primo elemento se l’elenco è molto lungo).
      2) per creare il complemento di compagnia o unione (anata to ikitai! = voglio andar(ci) con te!)
      2bis) per alcuni complementi simili, con altre particelle… es.: X to issho (ni) = insieme a X
      Ma anche X to onaji nenrei da = la stessa età di X
      3) come congiunzione tra due frasi con il valore di “se/quando” (con una serie di restrizioni, come la conseguenza immediata: se/quando (=to) spingi questo bottone, salta tutto per aria!)
      3bis) deriva dalla precedente! Se segue un negativo, crea un imperativo: aa, konna jikan da! mou ikanai to! (ah, (è tardi! ormai) devo andare!)
      4) come particella seguita dal verbo dire indica discorso diretto o indiretto (zettai umaku iku to zutto omotte ita = pensavo/a sarebbe andato sicuramente tutto bene)
      5) al posto di “ni” se qualcosa diventa qualcos’altro… gen. con naru: tomo to/ni naru
      6) per “creare” degli avverbi, generalmente da onomatopee (spesso, ma non sempre, raddoppia): bishitto, surutto, pachitto…; senza raddoppio: urusai kaa kaa to karasu ga naite ita (un corvo gracchiava con un fastidioso cra cra)

  1. non che sia proprio importante ma in “Ano mita hana no namae wo bokutachi wa mada shiranai” manca HI: “Ano HI mita hana no namae wo bokutachi wa mada shiranai”… sono diventata matta cercando di capire cosa potesse significare… 😉

  2. Ho trovato questo sito per caso e lo trovo utile e interessante per quel ho visto velocemente oggi.
    Già ho imparato varie cose da autodidatta e sebbene quanto scritto in questa lezione sostanzialmente già lo conoscessi, il modo in cui spieghi le cose me lo ha fatto apparire più chiaro, poi alcuni esempi sono pure divertenti.

  3. Seguo il sito da 2 settimane e mi piace un casino!!! E’ veramente ben fatto. Grazie a te 僕のにほんごはかいぜんする (spero sia corretto X) )

  4. Complimenti come sempre! Ormai questo sito crea dipendenza!

    Comunque sia è vero che “La borsa di Maria e Antonio” può avere le 2 interpretazioni di cui parlavi, cioè:
    -(la borsa di Maria) e (Antonio);

    (la borsa) di (Maria e Antonio);

    ma in Itliano magari ci aiutiamo specificando grazie all’ausilio della preposizione:

    la borsa di Maria e DI Antonio;

    In Giapponese potrei usare una frase del genere per specificare?
    “Maria NO kaban TO Antonio NO kaban” o è scorretto e suona male?

      1. Esatto, scusami non ho specificato che intendevo dire 2 borse differenti, come se in italiano dicessimo:

        LE BORSE di Maria e Antonio (certo potrebbero essere anche più di una a testa ma non importa questo adesso).
        Comunque grazie per la risposta!

  5. Ciao,
    ho visto una frase del seguente tenore: “Nande idoru ni narou to omottandesuka”. Perché il “to” viene usato come “congiunzione” tra la subordinata e la principale?
    Grazie!
    Andrea

    1. Non sono subordinata e principale.
      Forma volitiva + “to omou” è (anche) un modo di rendere più soft la forma volitiva (lo stesso vale per la forma in -tai), ma spesso si può tradurre semplicemente in modo letterale: “pensare di (fare l’azione alla forma volitiva)”, es.
      – Nihon ni ikou to omou (penso che andrò in Giappone)
      – Nihon ni ikou to omotte iru (sto pensando di andare in Giappone)
      Nel tuo caso avrai “Perché hai pensato di diventare una idol?” (NB idoru non è una parola comune, ho pensato intendessi アイドル aidoru)

      1. AIDORU, corretto, scusa, ho fatto un fritto misto inglese/giapponese… E pensare che ho anche letto il romanzo omonimo di William Gibson….
        Grazie mille davvero!

  6. Ciao Riccardo, volevo chiederti una cosa, in un libro di testo che sto seguendo sono arrivato alla sezione con la particella と ma spiega poco le varie regole, in una frase esempio c’è scritto “ieri, io e aoi abbiamo suonato la chitarra”, 昨日、私と葵さんがギターを弾きました。perchè dopo il secondo nome c’è が e non は? nel senso è una regola della particella と?

    1. Non è una regola di to. La risposta breve è “perché la frase dice solo qualcosa che è successo, non serve a dire qualcosa a proposito di me e Aoi”. Del tipo: (sai che è successo ieri?) Ieri io e Aoi abbiamo suonato la chitarra.
      Purtroppo però detta così lascia davvero il tempo che trova, mi rendo conto… tanto più che questo è uno dei casi più difficili in cui distinguere tra l’uso di wa e ga… difatti qui sarebbe possibile usare wa, ma cambierebbe un po’ il senso.
      Be’ allora non importa quale uso, ti dirai… E no, purtroppo.
      Chiketto Wa watashi wa motte imasu è “il biglietto io ce l’ho (il mio)”, mentre chiketto wa watashi ga motte imasu è “i biglietti ce li ho io!”
      …capirai che è una bella differenza!

      Distinguere tra l’uso di wa e ga però non è un argomento che affronti in un capitolo e hai risolto, quello sopra è un caso solo, più “eclatante”, in altre situazioni la differenza è meno ovvia.
      Nella serie che ho appena pubblicato, corso e grammatica, e che trovi al link sotto, introduco prima il wa del tema, poi ga… E poi durante tutto il libro uso ogni occasione (e quasi tutti gli esercizi di traduzione) per cercare di far inquadrare cosa sia il tema e la differenza con ga.
      A fine libro poi torno in due lezioni diverse su ciascuna particella per cercare di portare il lettore a capirle davvero… E non ho nemmeno finito! Nei prossimi libri tornerò ancora su questo argomento, facendo anche esercizi in cui scambio wa e ga e chiedo se è possibile fare quello scambio (a volte no, come spiego già nel libro di grammatica appena pubblicato) o, se è possibile scambiarli, come cambia il senso scambiando wa e ga.
      I più credono che il difficile del giapponese siano i kanji… Ma imparare i kanji è un lavoro lungo e noioso, ma non certo difficile! Distinguere tra wa e ga invece è difficile (ci hanno scritto sopra interi libri!) e purtroppo indispensabile …e l’unico modo è sviluppare una certa sensibilità per arrivare a “sentire” la differenza tra le due in ogni situazione.
      Capirai quindi che non voglio “venderti i miei libri” è che in un commento è umanamente impossibile farti capire la differenza tra le due particelle… Certo troverai spiegazioni online, ma quel che fanno tutti online è riportare le definizioni dei libri (“Wa si usa per qualcosa di noto, ga per una nuova informazione” …che nel tuo caso non aiuta affatto perché “io e Aoi” siamo noti a chi ascolta quindi perché non c’è il wa?!) o spiegare casi eclatanti come quello che ho scritto sopra (sempre che arrivino a capire la differenza, cosa rara). Tutto ciò però dà solo una comprensione apparente dell’argomento e frasi come la tua ci fanno capire che le spiegazioni date non bastano mai.
      Non a caso vorrei scrivere un intero libro solo su wa/ga: sento che ce n’è il bisogno… Ed è uno dei miei sogni!

      Se ti interessano i miei libri appena usciti la DESCRIZIONE della serie e le ANTEPRIME, si trovano già a questo link, anche se l’annuncio ufficiale non c’è ancora stato (potresti trovare qualche errore di stampa non ancora corretto)
      https://studiaregiapponese.com/libri/n5/
      …se vorrai studiare con questi libri prima di finire l’n5 avrai una buona idea di cosa usare e quando, a fine N3 non avrai in genere più dubbi.

      1. Apperò ho tirato su un bel polverone, nel senso che non è una cosa che si può spiegare e capire in maniera così immediata, in effetti anche a me sembrava strano stando alle regole dei libri trovare ga invece di wa, anche perché seguendo la regola data ci doveva essere wa appunto, e allora mi sono domandato se non fosse una regola a parte di to, ma dopo quello che mi hai detto, capisco che è più complicato di così, in effetti la rete aiuta solo in parte perché come hai detto tu molti si rifanno alla regola semplice senza dilungarsi a spiegare nulla, e questo metodo spesso crea più domande che risposte nel lettore, o almeno nel mio caso è così, non sapevo del tuo nuovo libro, sicuramente ci darò un’occhiata, sono sempre in cerca di libri che riescano a spiegarmi nel dettaglio la grammatica giapponese, spesso nei libri trovo troppi schemi dove vorrei invece una spiegazione completa, se come hai detto tu solo su wa e ga hanno scritto interi libri figurati se posso capirlo con una sola pagina di spiegazione, credo che sia una lingua ben più profonda di così. ti ringrazio per la spiegazione sempre esaustiva.

      2. Non so, forse la interpreto io in maniera troppo semplicistica, ma quando ho letto la domanda “perché c’è il ga e non il wa?” mi è venuto d’istinto pensare che evidentemente Aoi non faceva parte del contesto condiviso con l’interlocutore.

        PS. Ma questa Aoi sarebbe un raptor di Jurassic World?

        1. Anche se ascoltatore e parlante conoscono Aoi (non penso sia Blue!), la risposta a per esempio “cosa è successo poi?” potrebbe essere “è arrivata Aoi” e si userebbe il ga …di nuovo: *anche se chi ascolta sa chi è Aoi!*
          Ciò perché in un caso del genere non voglio parlare di Aoi ma dire cosa è successo. NB questo tipo di situazioni è generalmente ignorato anche dalle trattazioni più accurate, figuriamoci dai normali testi! Questo perché è chiaramente una situazione che mette in crisi le definizioni che si danno in genere di wa e ga (dato di fatto vs nuova informazione… Che però appunto sono definizioni che funzionano solo in certi casi, come ho scritto nella mia grammatica appena uscita e come approfondirò in un prossimo volume).

Fatti sentire!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.