Problemi con le scuole di Giapponese

L’insegnamento della lingua giapponese, da parte dei giapponesi, ha effettivamente diversi difetti. Secondo me il più rilevante è il voler insegnare la propria lingua a degli stranieri senza tener conto che sono, appunto, stranieri. E senza tener conto che gli stranieri non sono tutti uguali fra di loro. Ovviamente, però, non c’è solo questo problema.

Nella scuola che frequento io, ma la musica sembra essere la stessa altrove, si dà poi effettivamente poco, molto poco spazio alla conversazione e allo scritto. La lettura e la comprensione vengono sì trattate, ma non con la dovuta attenzione. Chi legge questo blog saprà poi che il 能力試験 (JLPT, se vi piace di più) non prevede alcuna prova di conversazione o di scritto. Ci sono infatti degli studenti cinesi, due anche in classe mia, che passano tranquillamente N3/N2/N1 ma che di fatto poi il giapponese non lo sanno. Continuano infatti a parlare con il loro non troppo piacevole accento cinese, leggono in un modo tutto personale, non riescono a dire una frase senza fare errori banali di grammatica… e parlano 教科書みたいに (“kyoukasho mitai ni”, un’espressione usata dai giapponesi per dire che parlano come se stessero leggendo un libro di testo). E se l’orale va male, stendiamo un velo pietoso per quanto riguarda lo scritto.
Sorpresi? Eppure è la realtà e non si tratta certo di eccezioni.

È il sistema di insegnamento “dominante” che permette questo paradosso: ottimi test, pessimi risultati nella vita reale. Il che non significa però che le scuole vogliano avvantaggiare i cinesi o che questi ultimi siano più bravi (perché non lo sono). Semplicemente, lo ripeto, passare il JLPT non significa per forza sapere il giapponese. Quindi una cosa che leggerete spesso – ma alla quale non dovete credere – è proprio questa dei cinesi che sarebbero geni del giapponese, da un lato, e che sarebbero trattati da studenti “di serie A” rispetto a voi comuni mortali.
Se sarete o meno studenti di serie A, per bravura, sarete voi stessi a deciderlo.

D’altra parte resta comunque il fatto che una scuola non può insegnarvi tutto. Spetta sempre allo studente darsi poi da fare e impegnarsi per raggiungere il proprio obiettivo. Sicuramente avere dei buoni insegnanti è un grande aiuto, ma è un aiuto che lo studente deve saper sfruttare.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

19 thoughts on “Studiare in Giappone (parte 1)

  1. >>>>>>>Insomma, l’impressione che si ha è che tanti di questi sedicenti amanti del Giappone e della cultura giapponese si incamminino in qualcosa di cui non sono ben sicuri. Appena si accorgono che il miracolo (cioè l’apprendimento della lingua giapponese) non avviene, non da solo, subito iniziano a trovare tutte le scuse possibili ed inimmaginabili per giustificare il loro fallimento e continuano a godersi beati i vari divertimenti che il Giappone offre.<<<<<<<

    A volte penso che molta gente, spesso ragazzi che vanno a studiare o dicono di andar a studiare in Giappone, spesso ci vanno con l'intenzione di godersi un pò la vacanza nipponica, godere le meraviglie di quel mondo così quasi surreale a volte e provocare l'invidia degli amici rimasti a casa trovandosi, anche per un ora o per una semplice e veloce fotografia da mettere su facebook, la ragazza giapponese. Diciamo che sapere il giapponese o meglio dire di saperlo, girare per il Giappone o avere la ragazza giapponese fa moda.

    Ovviamente non faccio di tutta l'erba un fascio ma spesso lo scopo è quello mettendo la lingua da parte o si rinuncia ad applicarsi o a volerla capire prendendo tutte quelle scuse.
    Tuttavia si, ci sono anche chi è serio ed è davvero interessato ad approfondire lingua e cultura affascinanti come quella giapponese e sono VERAMENTE disposti ad imparare e a studiare la lingua impegnandosi nonostante le difficoltà che presenta 🙂

  2. Arigato gozaimasu, Karu,da uno ” studente” di 68 anni. Studio Giapponese tramite le pagine di Kazeatari solo x soddisfazione personale, So esprimermi solo x i convenevoli in una decina di lingue e questa mi mancava. Auguri per i tuoi studi. Dewa mata ashita.

  3. @Sakura Grazie per il commento. E’ purtroppo una triste realtà. Certo che ci sono anche persone mature che prendono molto più seriamente la loro passione. Devo dire peró che sembrano essere una minoranza. Esclusi i geni e le persone fuori dal comune (pochini pochini), per riuscire in un qualche obiettivo una persona normale deve fare qualche sacrificio, e per sopportare il sacrificio ci vuole una forte motivazione. Se non ci si riesce a sopportarlo, vuol dire che la motivazione non è abbastanza forte. Ecco perché ho preferito esordire dicendo che la prima cosa da fare é accertarsi che ci sia questa motivazione. Sia ben chiaro:per me uno è liberissimo di farsi questi periodi studio che poi diventano “vacanze”, di aprire il suo blog in cui racconta le sue avventure e tenta di spiegare un paese e una cultura di cui in realtà non ha capito nulla. L’importante è non sorprendersi poi del fatto che i risultati non sono quelli che ci si aspettava.

    @Giuliano; Douitashimashite. Grazie mille, la prego di continuare a leggere i miei articoli. Mata Kondo!

  4. Grazie per “gli” articoli, anche per quelli futuri(tanto li leggerò tutti, lo so già).
    Sono poco più giovane di Giuliano, ma lavorando ancora, molto più incasinato(almeno credo). Io mi sono dato due anni di tempo per capire se mi interessasse veramente o no questa lingua, e ora mi accorgo che gli anime non mi bastano più, che cerco Giapponesi in carne ed ossa che parlino, e soprattutto sono uno che ha pensato(strano lo so)che per imparare qualcosa veramente dovrei andare in una famiglia ma lontano dalle grandi città, lontano dalle tentazioni, dove la mattina ti alzi e se non sai cosa dire magari neppure fai colazione! Con l’inglese ha funzionato!………….

  5. Bè si certo Karu, che ci voglia grande motivazione e passione è una cosa importante che spesso viene sottovalutata o si da per scontata perciò hai fatto bene a sottolinearla nei tuoi post che ho trovato molto interessanti!!

    Spero di poter leggere ancora della vita giapponese attraverso i tuoi racconti e le tue esperienze dal “vivo” 🙂

      1. ma hai almeno la maggiore eta, povera piccola.
        Sai alla fine l’ho visto tutto Kimi ni todoke. ho visto anche la seconda stagione, Era tempo che non vedevo un anime cosi, vita quotidiana dietro i banchi di scuola con emozioni e sogni, bello davvero e come fossi tornato indietro nel tempo a quando ancora andavo a scuola, ma con l’invidia di essere nato in Giappone dove la vita da scuola e la relazione con i compagni sono altra cosa, oltre a quello che offre questo grande paese, Ciao piccola Sakura

        1. Si è vero 🙂
          Sarebbe bello poter essere anche solo per un giorno studentessa in una scuola giapponese. Chissà che emozione!

          Kimi ni todoke mi è piaciuto davvero molto e sto apprezzando molto di più il manga dove la storia va molto più avanti. Spero facciamo presto una terza serie. Comunque son la più piccola ma sono maggiorenne 😀

  6. Grazie mille per questi articoli che sono decisamente interessanti, leggerò anche i prossimi con molto piacere, in ogni caso c’ è da dire che sicuramente il più piccolo (e colui che ha meno esperienza di tutti) qui sono io, infatti devo ancora compiere i 17 😀 e sto cominciando solo adesso grazie a i fantastici post di @kaze a studiare un po’ di giapponese da autodidatta, con l’ obbiettivo di far crescere sempre più la mia passione e arrivare un giorno in quella terra che per ora vivo solo attraverso i manga, gli anime, la musica… non mi resta che “affilare la lama della mia volontà”

  7. Condivido l’analisi.
    Se ci si concentra sulla finalita’ principale dello studio del giapponese, che e’ quello di imparare la lingua vera, occorre fare sacrifici e rinunce a certe “ comodita’ ”. Tuttavia la disamina effettuata per lo studio in Giappone, vale in realta’ per qualunque altro contesto o qualunque altra lingua straniera.
    Andare in Giappone per pensare di fare un salto di qualita’ nell’approfondimento dello studio e poi ritrovarsi a stare per la maggior parte del tempo con i propri connazionali o con studenti di altre parti e parlare la propria lingua o altra lingua comune, ma non quella del posto ove ci si trova, e’ una tentazione forte nonche’ un grande freno per l’apprendimento.
    Senza pensare a lingue relativamente difficili (come il giapponese, anche se la difficolta’ e’ un concetto soggettivo)…. si pensi invece al francese (o allo spagnolo) per un italiano, che sono lingue “affini”, aventi il medesimo sostrato culturale, aventi per la maggior parte delle parole una radice comune, si’ che e’ facile ampliare il proprio vocabolario in poco tempo, semplicemente basandosi sulle assonanze (comunque curandone la pronuncia e stando attenti alle eccezioni per evitare errori banali).
    Ebbene, se un italiano va in Francia e si comporta esattamente come descritto per gli stranieri che vanno in Giappone, non e’ difficile immaginare che anche dopo 1 anno di studio non avra’ imparato granche’. Infatti e’ sicuro: non basta andare all’estero per imparare la lingua del posto, se poi non si pensa a quella lingua ma si pensa a tutt’altro.
    Per esempio, prendiamo l’inizio di un anno accademico ed immaginiamo 100 italiani (un numero tanto per dire) che con il programma Erasmus vanno alla Sorbona di Parigi per fare gli esami della loro facolta’ in francese (ed imparare la lingua, si spera). Alcuni di loro arrivano senza sapere nulla, altri gia’ parlicchiano, altri magari sono piu’ bravi.
    Li’ troveranno milioni di francesi, un’intera citta’ “in francese”, corsi di lingua per loro organizzati in francese e dovranno frequentare le lezioni in francese”.
    Tuttavia non bisogna meravigliarsi se all’esito dell’anno accademico, dopo piu’ di 10 mesi, una parte di essi non avra’ imparato nulla o quasi (pur trattandosi di francese, ossia una lingua piu’ facile per un italiano, per lo meno sulla carta).
    Certo, perche’ una parte di essi si sara’ data a bagordi tutto l’anno, feste, concerti, uscite con i propri connazionali, uscite con spagnoli, inglesi, scandinavi, greci, portoghesi con i quali ha parlato (in spagnolo o inglese), oppure ha condiviso la residenza universitaria e altri alloggi con connazionali o altri stranieri, ma non con francesi.
    Magari queste persone che non parlano francese, hanno fatto -presso la loro universita’- degli esami di francese, prima di partire, e hanno preso 30 e lode. Com’e’ possibile? Dipende dal programma d’esame, per l’appunto. Se per superare questi esami occorre studiarsi le “tabelline” delle principali coniugazioni, un breve frasario, gli aggettivi e i pronomi piu’ comuni con relative concordanze, per poi fare un esame scritto, ecco che si puo’ prendere il massimo dei voti senza in realta’ sapere come si sostiene una conversazione o si ascolta qualcuno (ovvero la lingua vera).
    Chi invece si e’ dato qualche regola ferrea e si e’ mosso con prontezza ha fatto grandi progressi. Chi ha deciso di non frequentare i propri connazionali (addirittura in maniera assoluta) e tanto meno di condividerci l’alloggio (componente la piu’ deleteria che ci sia per chi studia all’estero) sicuramente si e’ predisposto all’apprendimento della lingua.
    Ben vengano poi le feste, i divertimenti (se ci sono i fondi), le attivita’ culturali: basta farli in compagnia di gente del posto, autoctoni. Parlare, parlare sempre e sperare nella gentilezza altrui, di chi sia anche disposto benevolmente a correggere in diretta gli errori o ad insegnare parole nuove al momento. Finita la lezione in classe, con un insegnante, la giornata continua, nella maniera piu’ ricca, fuori dalla classe, nella societa’ del posto.
    In tal modo 1 anno e’ sufficiente per raggiungere un livello accettabile nella lingua che si studia (fosse anche il giapponese) ed i soldi investiti non saranno buttati.

  8. Grazie anche a te Fabio.Tutto vero, tutto giusto.
    La situazione dello studente in Giappone pero ha delle sue particolarità. Studiare in Giappone non è come farlo in Inghilterra o in Francia. E nemmeno in Australia o in America, che sono comunque in un certo caso nostri “parenti”. Lo studente in Giappone poi è in genere (non tutti ovviamente) molto diverso da quello che si può incontrare a Londra o a Sydney (nominerò spesso queste due città perché ci ho passato molto tempo). Approfondirò entrambi questi aspetti nei prossimi articoli. Per ora vi ringrazio ancora tutti per l’interesse mostrato.

  9. Mi è stato molto utile il tuo articolo io vorrei appunto intraprendere questa strada perché sono davvero interessata alla lingua e alla cultura Giapponese, sono consapevole che non sarà affatto facile ma è ormai dall’età di 16 anni che ho questo sogno e dato che qui non trovo lavoro e ho raggiunto i 22 anni mi sono decisa a fine anno di partire per quest’avventura e riuscire a realizzarmi davvero se invece dovessi riuscire a trovare lavoro prima di fine anno non penso di partire perché è davvero un passo importante, e andrei in Giappone come turista.
    Io in Giappone poi comunque avrei delle conoscenze che mi aiuterebbero, per adesso vorrei cominciare a studiare qualcosa per aiutarmi in un domani dato che non so proprio nulla di Giapponese cercherò d’impegnarmi al massimo e di realizzare qualcosa nella mia vita. 🙂

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