inochi - kotoshi no kanji

Cominciamo oggi un’altra serie di articoli che si va ad affiancare a quella dedicata allo studio. Come vedrete, cercherò di mostrarvi quelli che sono i vari aspetti della vita in Giappone. Attenzione, la vita, non un semplice viaggio di qualche settimana. Certo, inevitabilmente lo farò dal mio (modesto) punto di vista, dandovi opinioni su quella che è stata ed è la mia esperienza di vita in Giappone, ma mi sforzerò al massimo per essere sempre il più obiettivo possibile.

In questo primo post faremo un’introduzione a questa serie d’articoli, partendo da qualche preconcetto e da quello che sarà il mio metodo nell’affrontare questo argomento.

Innanzitutto vi dirò… Mi rendo conto che come approccio è inusuale, ma voglio partire da…

Cosa questi articoli non vi diranno

Una cosa che mi sono sempre chiesto riguardo agli internauti appassionati del Giappone, è come mai ci sia così tanta gente che pur avendo un’idea molto superficiale di ciò che dice (o nessuna idea, in non certi casi), questa stessa gente voglia per forza spiegare al mondo come sia la vita in Giappone.

La maggior parte di questi articoli dice sempre le stesse cose: le strade sono pulitissime, i giapponesi sono educati, i servizi sono efficienti, il Giappone e molto più avanti tecnologicamente, fino ad arrivare a vere e proprie bugie tipo “il Giappone è una società molto aperta, perché puoi vestirti come vuoi e nessuno ti giudica”.
Quest’ultima, poi, è una delle stupidaggini più eclatanti lette in giro. Non si tratta infatti di distorcere leggermente i fatti, ma si dà un’idea che è proprio l’opposto della realtà… Oltre che ad essere di una superficialità che io personalmente non concepisco: d’accordo, esiste il cosplay, ma questo non significa che la gente non giudichi, non implica “apertura mentale”. Dovrebbe essere un pensiero ovvio, no? Eppure ho perso il conto di quante volte ho letto la sciocchezza in questione (e altre) ed ho perso il conto di quanta gente ho visto su internet, quantomeno portata a crederci.
Andando a scavare, diveniva presto evidente che questi “yamatologi della domenica” erano stati in Giappone solo per turismo e al massimo, nel complesso, per qualche mese… senza parlare la lingua “ovviamente” e quindi con interazioni con i locali molto limitate. Inutile dire che, in alcuni casi, non c’erano neanche stati in Giappone.

Ecco, io non ho alcuna intenzione di parlarvi di quanto siano pulite le strade in Giappone, di come i Giapponesi si scusino mille volte per ogni cosa che fanno, di come sono alla moda e/o trasgressivi quei pochi ragazzi vestiti in modo stravagante che si vedono per strada …e roba simile. Sono cose che potete leggere in mille altri posti e, con ogni probabilità, sono cose che già sapete.

Se devo raccontarvi come si vive in Giappone, preferisco raccontarvi, per l’appunto …della vita! Le amicizie, le inimicizie, le fidanzate, la famiglia, come funziona la società, le bollette, le tasse, l’assicurazione sanitaria, la pensione, gli affitti, le banche, le poste, la polizia, i rapporti di vicinato… tutto quello che vivete ogni giorno in Italia, ma, semplicemente, qui, in Giappone. Tutto, è chiaro, senza nascondere lati positivi e negativi.

Non vi racconterò nemmeno aneddoti del tipo “sono stato nel posto X e ho fatto Y, che bello che è stato, proprio come nel manga Z”. Perché farlo? Sia chiaro, il mio scopo non è affatto quello di suscitare invidia per quello che ho fatto e sto facendo io. Semmai vorrei suscitare interesse… e se possibile darvi qualche informazione utile, che no fa mai male.

Come verranno affrontati i temi

Molto semplicemente si parlerà di un determinato tema affiancando più aneddoti possibili e, se e quando disponibili, allegando anche dati, statistiche ecc.
Ad esempio, se si parla di condizione della donna in Giappone, credo sia dovuto far vedere il report annuale sul gender gap che colloca il Giappone molto in basso (decisamente peggio persino dell’Italia). Il motivo è semplice: se uno deve fare una cosa deve farla bene. Oltre a dire la verità bisogna poi anche portare più prove possibili. E le prove non possono certo essere cose tipo “un giapponese che conobbi da Starbucks mi ha detto così”, oppure “una giappina con cui mi scrivo da tempo mi ha detto che è così” **

** N.B. Qui Karu usa il termine “giappina” come fosse detto da qualcuno; qualcuno che usa questo termine, che di per sé è offensivo (in quanto abbreviazione e riduzione), e guarda caso si rivela un ignorante. Vorrei lo evitaste sempre qui sul blog, così come i tanti altri orribili termini, tanto popolari in rete (giappo, jap ecc.). Tenete presente che io li eliminerò sempre dai commenti – Nota di Kazeatari.

Ho letto troppo spesso cose del genere e sinceramente ne sono rimasto disgustato. Mi dispiacerebbe provocare la stessa reazione in chi legge i miei articoli.

Un’altra cosa che credo sia giusto dire: quando si vuole descrivere un fenomeno non per forza si deve esprimere un giudizio di merito.

In altre parole, non mi interessano i triti e ritriti paragoni tra Italia e Giappone per poi “vedere chi vince”. Semplicemente vi racconterò di una cosa poi se è meglio o peggio in Italia o in altri posti lo deciderete voi per conto vostro. Proprio come negli articoli dedicati allo studio, non vi voglio indicare nessuna via maestra (che non esiste). Semplicemente vi dirò di una determinata cosa e poi ognuno ne tirerà le somme.

Un’altra delle banalità che si legge più spesso è “non bisogna fare di tutta l’erba un fascio”. Spero che a questo punto lo sappiano tutti.

Quando si dice che noi napoletani siamo maleducati, non si intendete tutti i napoletani. Vuol dire che una parte notevole, quanto meno non trascurabile, della popolazione napoletana ha dei comportamenti non proprio esemplari. E guardando come è ridotta la città e come effettivamente si comportano molti di noi, be’, è impossibile negare che il problema sussiste. Ciò non toglie che ci possano essere, e ci sono, napoletani più educati di un giapponese.

Invertiamo per un attimo le posizioni di Italia e Giappone. Potrei portarvi l’esempio di un ufficio pubblico in Italia dove tutto funziona bene, per poi dirvi: “non facciamo di tutta l’erba un fascio, non è vero che i servizi pubblici in Italia non funzionano”. Ma mi ridereste tutti dietro, non è così? D’altronde la situazione italiana della pubblica amministrazione è spesso drammatica. Questo per dire che molti di quelli che tirano fuori la storia dell’erba e del fascio spesso non vogliono o non sanno affrontare un argomento e quindi si riparano dietro certe frasi fatte.

In altre parole, cercherò di parlare del buono e del cattivo, del bello e del brutto. Non solo della parte più superficiale di qualsiasi fenomeno o della sola parte a cui alcuni preferiscono guardare.

Nella seconda (e ultima) pagina la mia idea su come guardare alla vita in Giappone e per finire, come ovvio, alcune conclusioni.

20 thoughts on “La vita in Giappone (Parte 1)

  1. davvero tanti complimenti per il blog e sopratutto percome tratti le tematiche! Finalmente uno spazio su internet dove si trattano le cose per bene! (e ovviamente comunque ti invidio un pò lo stesso!)

  2. Complimenti veramente !!! Davvero molto interessante. Appassionato anche io del Giappone e della lingua giapponese sono piu’ curioso di conoscere la vera vita che si fa la’ che sempre le solite cose che scrivono su internet e che non leggo neanche piu’ in quanto mi hanno stufato. Attendo con ansia il seguito. Complimenti.

  3. Grazie Karu, invece delle solite cose qualcosa che ti fa entrare nelle vera vita dei Giapponesi, io sono molto curioso di sapere come funziona la loro sanità il loro sistema fiscale, ma non per paragonare con l’Italia tanto lo posso fare con l’Europa non mi serve altro, ma per cultura curiosità e voglia di conoscere e imparare. E vorrei conoscere nei tuoi articoli cosa i giapponesi pensano dell’amicizia come la vivono, il lavoro il perché sono così presi cosa sperano o cosa gli è stato inculcato, perché poi uno si comporta così anche perché gli è stato insegnato che così è . Attendo i tuoi articoli grazie ancora.

  4. Grazie per questa prefazione eticamente corretta, non vedo l’ora di leggere il seguito.
    Mi trasferirò là a marzo, e conoscere le esperienze di qualcuno davvero obiettivo fa assolutamente piacere.
    Grazie,

    Matteo

  5. Kanpeki! Mi piace molto il modo in cui scrivi ed esprimi le tue idee, e sono contenta di poter finalmente leggere qualcosa di “vero” sulla vita quotidiana in Giappone. Come hai detto, di impressioni da turisti o persone che si sono trovate a passare di lì quasi per caso, senza né amare né conoscere nulla dei Giapponesi e del Giappone (lingua compresa), internet ne è pieno. Ma molti di quelli che hanno una passione sincera e genuina per quel Paese e popolo, che hanno consapevolezza che non è il paradiso in terra, ma desiderano conoscere appunto, la realtà con cui ci si scontra quando si decide di non fare un semplice viaggetto, ma di toccare con mano la vita quotidiana delle persone comuni, con il desiderio (perchè no) di stabilirsi lì, un giorno.
    Grazie, continuerò a seguire con estremo interesse i tuoi articoli!

  6. Grazie di cuore ragazzi, tutti troppo buoni. La mia prefazione nasce dal fatto che di gente che scrive ( o pretenderebbe di scrivere) della vita in Giappone, magari trovandosi qui in pianta stabile, ce ne è fin troppa. Quindi, ho ritenuto fare subito il punto di che cosa volessi scrivere io. Perché mai un altro che scrive della vita in Giappone e quando lo fanno praticamente tutti, anche quelli che non ci sono mai stati?Spero di aver reso l’dea.

  7. L’iniziativa e’ buona. Sopratutto se ci si prefigge di dare informazioni utili attraverso l’esperienza diretta di chi, per di piu’ sia, in grado leggere, tradurre e divulgare per chi non e’ in grado di farlo.
    Argomenti come il diritto giapponese, l’organizzazione sanitaria, il sistema scolastico (anche sotto il profilo dei costi), le posizioni previdenziali sono tematiche che possono essere veramente comprese solo se si ha modo di verificare i dati alla fonte, attraverso ricerche approfondite.
    Sono dati piu’ facili da illustrare in maniera asettica, priva di condizionamenti, perche’ -se si raccolgono informazioni complete ed effettive- allora il sistema si illustra da se’, trattandosi di regole, numeri, percentuali, meccanismi.
    Se invece si vorra’ trattare argomenti sociali quali l’amicizia, la famiglia ed illustrare come sia la vita entro questi insiemi di persone, sicuramente la faccenda si fa piu’ difficile. Per questo sono curioso di vedere come gli argomenti di sociologia verranno affrontati.
    Le persone non sono tutte uguali e le famiglie non vivono tutte nelle stesse condizioni, ovunque esse si trovino. I rapporti, di amicizia, di amore, di fratellanza attingono in ogni caso alla natura dell’essere umano, a qualunque genere egli appartenga. Avendo tutti un cuore, una mente, mi sorprenderei di leggere -all’esito dell’esame dell’amicizia in Giappone- “cose dell’altro mondo”, oppure “cose pari alle nostre”. L’amicizia in Giappone puo’ essere del tutto identica a quelle in un altro paese, oppure completamente diversa. Il fatto e’ che ad ognuno capitano vicende differenti o vive la vita in un modo diverso. E questo accade ovunque.
    Temo che descrivere l’amicizia in Giappone si rilevi un’impresa utopica, come spiegare il senso della vita. Perche’ ognuno la vive in un modo personale, al pari di ogni altra persona in ogni angolo della terra. Sicche’ non c’e’ un’amicizia in Giappone o altrove. C’e’ solo l’amicizia nel senso che ognuno gli attribuisce come valore. Molte visioni si somigliano e si sommano cosi’ da creare macrocategorie di definizioni di amicizia, che pero’ non necessariamente possono essere abbinate ad una Nazione o ad un’altra. Tali visioni sono compresenti ovunque.
    Per questo, argomenti di pura sociologia come l’amicizia o la famiglia male si prestano ad essere illustrati in maniera assoluta. Se e’ vero che in Giappone esistono regole sociale peculiari, cio’ non significa che questo arrivi ad inficiare l’amicizia si’ da trasformarla in qualcosa di completamente diverso da quella che puo’ nascere altrove.
    Molti blog di gente che vive da anni in Giappone parlano di amicizia, di famiglia, di rapporti di lavoro e di compagni di scuola. Si tratta di osservatori qualificati che gia’ hanno diffuso molte informazioni utili. Leggendo tali blog si possono trovare molti approfondimenti (pari al numero delle informazioni che si trovano sui blog che -come osserva l’autore dell’articolo- mettono in giro anche notizie infondate o non supportate da alcuna esperienza). In ogni modo, non si trattera’ mai di informazioni assolute.
    Attendo sempre, invece, che qualcuno parli, con dovizia di dettagli, del diritto privato (sul diritto penale, qualcuno si e’ gia’ espresso), sul diritto costituzionale oppure sul sistema pensionistico.
    Saluti.

  8. Bell’articolo, davvero.
    Mi hai fatto ridere: non pensavo che ci fosse gente così idiota che crede che il Giappone sia tollerante alle nuove mode perché esiste il cosplay.
    Cosa dovremmo dire noi, che abbiamo il Carnevale e una vastissima tradizione sulle maschere e sui personaggi che le animano?
    Certo che credere che il Giappone sia un paradiso è roba da orientalisti. Con ‘orientalisti’ intendo dire ‘affascinati dall’Oriente’, e ce ne sono troppi. L’Oriente, poi, non esiste, ed è semplicemente tutto ciò che non è Europa o America.
    Una domanda: l’immagine che apre l’articolo è la cerimonia per scegliere il Kanji dell’anno? Sapevo di questa consuetudine, e sapendo cinese ho capito il titolo.
    E il Kanji del 2012 qual’è?

    1. Sì, è la cerimonia in cui si annuncia il kanji dell’anno… io personalmente ho scoperto la tradizione nel 2011, con il kanji di kizuna, legame. Nel 2012 il kanji scelto è stato 金 (complice la crisi? XD), ma c’è un articolo sulla wiki inglese se vuoi approfondire…
      http://en.wikipedia.org/wiki/Kanji_of_the_year
      p.s. sono felice che qualcuno abbia colto la mia “inner joke” XD

      p.p.s. sull’Oriente, mah, io penso sempre al trittico Cina, Corea, Giappone. Sono paesi che hanno talmente tanto in comune storicamente (molto più di quanto non vogliano ammettere), che dovrebbe esserci un termine per indicarli al volo in modo univoco. Certo, a livello di politica internazionale si odiano, e nemmeno cordialmente (qualche studioso ha previsto una guerra Cina-Giappone per il 2013!), ma questo non cancella ciò che hanno in comune… guardando alla lingua, alle tradizioni (le feste ad esempio, ma anche certe usanze e atteggiamenti… non so, denigrare il cibo che si offre), alla religione… Sei d’accordo?

  9. Karusama,
    Attendo il resto dei tuoi articoli, come già espresso da altri fruitori del blog l’assoluto non può esistere perchè il carattere di ognuno di noi è diverso, però si può (e si deve) ascoltare dei pareri di persone che vivono in quel paese e che sono in grado di raccontare le cose come stanno, belle o brutte che siano.
    Grazie e alla prossima.

  10. Siete sorpresi che qualcuno affermi che “in Giappone tutti si possono vestire come vogliono perche’ la gente non ci bada e non giudica” ???? Ed ancor di piu’ siete sorpresi che cio’ sia riconosciuto come una verita’ incontestabile???
    Ci credo! Provate a guardare la puntata di Il Testimone prodotta da MTV, intitolata “Tokyo Love” e realizzata dal VJ Pif. Nonostante i reportage di Pif possano essere di grande spessore, quello sul Giappone rasenta il ridicolo. In esso (oltre che a conoscere Maya… forse la Giapponese che se la tira piu’ in assoluto al mondo) avrete il piacere di sentire l’opinione di Alessia, ragazza italiana trapiantatasi a Tokyo avendo sposato un ragazzo giapponese. Parla anche un buon livello di giapponese, segno che deve essersi trasferita a Tokyo gia’ da discreto tempo. E cosa arriva a dirci la nostra carissima Alessia ??? Guardate il filmato, usando il link
    http://ondemand.mtv.it/serie-tv/il-testimone/s02/il-testimone-s02e09-1
    Prestate attenzione al minuto 6.27 (ma se volete comprenderlo meglio, partite almeno dal minuto 6.03, cosi’ ve lo gusterete appieno). Qualche commento?

    1. Io sono sorpreso che qualcuno pensi che esista o anche solo aspiri ad un posto del genere… “privo di giudizi”.
      Se uno ha diritto di vestirsi come gli pare, ciò non toglie che gli altri abbiano diritto a pensarne ciò che pare a loro. Uno può farsi i capelli blu-elettrico o atteggiarsi ad emo, ma io sono libero di pensare che sia un cretino o, più bonariamente, che abbia una giovanile crisi d’identità che lo spinge a cercare di sentirsi diverso, nel caso dei capelli blu (non se l’abbiano a male i lettori con i capelli blu, lo stesso può dirsi di 10 mila atteggiamenti diversi, dalle colorazioni, all’abbigliamento, ai tatuaggi), oppure a identificarsi in un gruppo sociale più ristretto e quindi meno alienante (non me ne vogliano gli emo che stanno leggendo: vale per qualunque moda che possa dare un senso d’appartenenza… cavolo, vale perfino per gli ultras di calcio! XD).

      Mi chiedo però che senso abbia, sinceramente, “urlare la propria originalità” e poi lamentarsi se gli altri la notano. Chi si tingerebbe i capelli di blu, se non destasse stupore l’avere i capelli blu? L’effetto cercato è quello di ottenere attenzione, quello di mettere una grossa freccia su di sé con la dicitura “sono speciale”.
      In pratica è come lamentarsi perché si ottiene l’effetto voluto… Certo, è una critica, ma non mi si dica che l’effetto voluto era quello di ottenere ammirazione!
      Se tingersi i capelli di blu, comportasse l’ammirazione della gente, lo farebbero tutti, perché in fondo, mi spiace dirlo, non c’è nulla di speciale nel tingersi i capelli, lo può fare chiunque abbia i soldi per la tinta e… i capelli.

  11. Grazie a tutti per l’interesse mostrato e sentite scuse per il ritardo con cui rispondo. Purtroppo studio e lavoro mi mettono un po alle strette.

    Allora, vorrei giusto chiarire una cosa.
    Non ho nessuna pretesa di essere assoluto, nessuno puo esserlo d’altronde. Come gia precisato piu volte quello che scrivo è la mia visione delle cose. Semplicemente credo sia giusto parlare di cose che troppo spesso non vengono dette. Le opinioni sono un conto, ma ci sono sempre i fatti.
    Esempio: se in Giappone un nostro amico, o una persona che noi reputiamo tale, non ci contatta per settimane, non vuol dire per forza che abbiamo fatto qualcosa di male. Semplicemente in Giappone si fa così. Non è reputato necessario sentirsi in continuazione come lo è dalle nostre parti, e lo stesso avviene anche tra fidanzati. Una cosa che molti di noi giudicherebbero fredda o addirittura maleducata. Ecco, se uno queste cose non le sa e nessuno le spiega, si creano tutta una serie di equivoci e di false convinzioni che ben conosciamo.
    So bene che c’e un affollato numero di gente che scrive della vita in Giappone. Ma personalmente di blog e siti che, a mio modesto avviso, dicono qualcosa di interessante ne conosco si e no 4 o 5. Questo riferendomi al solo materiale in lingua italiana.

  12. @ Humio:
    Karu ha appena risposto ed è stato più sintetico e chiaro di me, temo, ma tanto che ormai ho fatto, dico la mia…

    >>(…) Le persone non sono tutte uguali e le famiglie non vivono tutte nelle stesse condizioni, ovunque esse si trovino. I rapporti, di amicizia, di amore, di fratellanza attingono in ogni caso alla natura dell’essere umano, a qualunque genere egli appartenga.(…)

    Il mio pensiero, parola per parola. Purtroppo anche di recente in un piccolo “dibattito improvvisato”, si è visto come questa posizione, per me del tutto logica e ragionevole, è spinta tra le opinioni di “quelli che dicono non facciamo di tutta l’erba un fascio” (che pure ci sono e fanno parte degli acritici pseudo-intellettuali del giorno d’oggi… che definirei in breve come i “benaltristi”, quelli di “il problema è ben altro” …Ok, ma quale?! Alla fine la sostanza è la stessa: evitare il problema, il dibattito, la ricerca di una soluzione, con una sola semplice frase).

    È chiaro che se parliamo di dati e compariamo i salari, viene da dire “il Giappone è un paese maschilista”. Ma se si oppone che questa affermazione è fuorviante*, mostrando che la situazione dell’Italia, dati alla mano, non è poi così diversa (ciò non annulla il problema, ma per chi emigra, fa tutta la differenza del mondo), allora si viene bollati come uno di quelli che “fanno sempre paragoni con l’Italia” o “sparlano dell’Italia”. Se si oppone poi che “come ci si trova, meglio o peggio, in un ambiente” dipende dalla persona e non dalle statistiche, si è uno di quelli che “dicono solo banalità”.

    * Su questo punto, da scienziato (per formazione almeno) quale sono, vorrei essere chiaro. I dati sono i dati, ma non si può ignorare che le persone interpretano l’informazione e non lo fanno quasi mai in maniera oggettiva.
    Ritornando al maschilismo, che è nei dati, una persona qualsiasi interpreta l’affermazione con una scala a due valori, 0 e 1. La mia situazione è 0, l’altra è 1. Qui bianco, lì nero.
    Non importa se i dati suggeriscono che Italia 85/100 e Giappone 90/100.
    In quest’ottica mi oppongo anche al rifiuto dei paragoni, che si vanno presi cum grano salis… perché non sto certo dicendo “Lì bianco, qui nero”

    Capisco la giovanile sete di assoluti(smi), capisco che bianco e nero si distinguono meglio delle sfumature del grigio, ma ultimamente mi trovo sempre più spesso a pensare che ci sia in giro solo “sete di sangue”, o di scontro perlomeno.
    D’accordo, il Naruto-fan medio (e non me ne vogliano i fan di Naruto, tra cui, sono certo, ci sono persone ragionevolissime) o, se preferite, “i Giappominkya” (quella categoria dove nessuno si pone e tutti pongono tutti gli altri) si dimostrano spesso naif… è la fase dell’innamoramento, rapportata al Giappone. Si va avanti al (tacito) grido di “ignoriamo ogni difetto, il mio amato (Giappone) è la proiezione terrena di Dio”.

    Siamo d’accordo, c’è chi la pensa così …è una fase, vi dico, ma che sia così o no, pazienza!
    Per favore non partiamo per le Crociate (perché di questo si tratta) con la convinzione d’essere gli unici depositari del Vero e che il Vero è “il Giappone è peggio”… la verità, in primo luogo, è che il Giappone è meglio a volte ed è peggio altre volte e, in secondo luogo, che è meglio o peggio a seconda della sensibilità e della natura della persona (per quel che riguarda la maggior parte dei temi dibattuti). Per questo adoro questa nuova serie di articoli di Karu, come pure la precedente… perché intende riportare “vita vera”, esperienze personali e informazioni utili, non presunte “massime di vita” e verità di fede sul Giappone (gli assolutismi di cui sopra).

    Questo approccio basato su osservazione ed esperienza, con un occhio alle sfumature di grigio e alla persona… è una banalità?
    Sì, accidenti! Dire “è una banalità, ma è vero” non è ovvio, purtroppo, come invece mi è stato detto alcune volte, perché certe banalità sono, in quanto tali, prima escluse e poi dimenticate.
    Non solo, possiamo dire di più: “Le verità hanno, imho, questa caratteristica comune: sono banali… o perlomeno semplici”. Purtroppo però la gente puntualmente fallisce nel capire le cose più semplici. La meccanica quantistica molecolare? Difficile. Da chi dipende la mia compatibilità con il Giappone? Facile.

    C’è poi un’altra verità/banalità molto più importante e altrettanto ignorata.
    Il Giappone è diverso, così diverso che è incredibilmente interessante, nel bene e nel male, come oggetto di studio. Che si tratti di lingua, dinamiche sociali, buone maniere, storia, poesia… tutto è così diverso che potrebbe benissimo trattarsi di un altro mondo… Non un paradiso, né un inferno, “solo” un altro mondo.

  13. Il Giappone è diverso, così diverso che è incredibilmente interessante, nel bene e nel male, come oggetto di studio, cultura, tradizioni e storia. Sono daccordo con te per questo o ripetuto la tua frase finale per me basta questo per essere oggetto di interesse e curiosita per vedere un mondo diverso da visitare e imparare.

  14. C’è sempre da imparare,
    una volta tanto ascoltiamo e “leggiamo” in silenzio quello che altri dicono o scrivono, teniamoci per noi le frasi fatte o i dubbi che ci sentiamo dentro, aspettiamo che quello che parla o scrive abbia finito, ragioniamo un attimo sul tutto e poi diciamo la nostra, anche se a volte un solo “grazie” andrebbe bene.

  15. Sicuramente sul Giappone sapete molto più di me, così ho un’interrogativo per quanto riguarda “in Giappone è maleducatissimo insultarsi, quindi non lo si fa”, tanto che anche i comici evitano di fare battute offensive sulle categorie. Da altre fonti, so che il bullismo è un problema molto diffuso in Giappone e talvolta nemmeno riconosciuto, mi pare di aver letto che secondo il sentimento comune, così ti viene insegnato “a stare nella società”.
    Gli Hikkomori per esempio, contano un discreto numero di casi di ragazzi che a scuola venivano presi di mira dai compagni. Leggendo questi dati mi era un po’ caduto il mito de “tutti i giapponesi sono gentili”. E’ giusto pensare che ci siano anche ragazzi/ragazze uomini/donne capaci bullismo e mobbing al pari di noi occidentali? E’ vero che ogni tanto anche loro gettano da parte tutte le regole sociali? Come ben avete ricordato, nessun popolo è impeccabile, ma allora che cos’è… la “scortesia” giapponese, e chi la subisce?
    Grazie a chi vive in Giappone e mi risponderà.

Fatti sentire!

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