Finiti i sette misteri di Honjo (che poi sono nove), passiamo a parlare d’altro, cominciando con il vedere un altro essere mitologico (dopo il demone volpe, già visto tempo fa nell’articolo sulle kitsune scritto da Sakura).

Una delle figure più comuni della mitologia mondiale è quella della donna, o meglio del demone dalle sembianze femminili, che attira gli uomini, in genere con intenzioni maligne.

In questa categoria rientra anche il Nikusui (肉吸い, lett.: succhia-carne), uno 妖怪 youkai che assume le sembianze di una giovane e attraente donna che di notte, sorridendo, si avvicinava al malcapitato per assalirlo e spolparlo di tutta la carne, come si può ben intuire dal suo nome.

Tra i luoghi dove si dice che sia stata vista ci sono le montagne di Kumano (熊野), nella prefettura di Mie (三重県, Mie-ken).

Per difendersi da questo youkai bastava avere con sé una fonte di luce, per questo se per caso si era obbligati a uscire di notte era impensabile farlo senza portarsi dietro una chouchin (提灯, una lanterna di carta) e l’acciarino.

Questi accorgimenti però potevano rivelarsi insufficienti, secondo alcune fonti, se non si era abbastanza accorti.
Il Nikusui, infatti, poteva avvicinarsi alla sua preda, un ignaro passante, e dire d’aver bisogno della chouchin dell’uomo per riaccendere la propria lanterna (una pratica comune). Una volta che la vittima cedeva spontaneamente la chouchin, il mostro la spegneva e nel buio più assoluto aggrediva lo sventurato.

In realtà a questo punto esisteva ancora una possibilità di salvarsi ed era quella di buttare addosso al nikusui l’acciarino, colpendolo lo youkai avrebbe esitato e si sarebbe potuto approfittare di quell’attimo per fuggire.

Dato che alla luce aveva sempre le false sembianze di una donna, il vero aspetto del Nikusui resta sconosciuto.

Il nikusui sarebbe stato visto anche nella prefettura di Wakayama (和歌山県), sull’Hatenashi-sanmyaku (果無山脈, lett. “catena montuosa dell’infinito”), dove si dice che potesse spolpare le persone semplicemente sfiorandole.

Una leggenda in proposito:
Una delle leggende a lungo tramandata narra del cacciatore Genzo, un tipo coraggioso, che era solito cacciare sia di giorno che di notte (il che implicava una grande abilità).
Una notte si recò sull’Hatenashi, portando con sé proiettili su cui era scolpita l’invocazione “Namu Amida-butsu” (南無阿弥陀仏 , nel nome del budda Amida), seguendo un sentiero percorso centinaia di volte. Dal nulla vide sbucare un lupo che gli morse una manica del kimono rimanendo attaccato e impedendogli di proseguire oltre. Stava ancora cercando di liberare il kimono dalle fauci del lupo quando dall’oscurità apparve una ragazza molto bella, giovanissima, che con una voce dolce gli chiese del fuoco per accendere il suo lanternino.

L’apparizione era stata troppo repentina e Genzo ebbe il dubbio che si trattasse di uno youkai, ma alla fine, tremante, decise di porgere il proprio chouchin. La ragazza accese il proprio e si allontanò com’era venuta.
Solo a quel punto il lupo lo lasciò andare. Il cacciatore pensò subito che se era ancora vivo e non era stato attaccato era dovuto al lupo, che doveva essere una manifestazione di una qualche entità benevola, se non il signore della montagna.

Questa sua convinzione si accentuò quando dopo alcuni giorni nella foresta si imbatté nei miseri resti (la pelle e un mucchio d’ossa, a dimostrazione che era stato spolpato) di un gigantesco kaibutsu (怪物 , mostro) alto più di sei metri.

8 thoughts on “Nikusui

  1. Bello, bello davvero! Il mostro descritto è davvero inquietante, e l’illustrazione splendida! Mi è venuto solo un dubbio: l’espressione 南無阿弥陀仏 non ha senso in giapponese, giusto? No, perché ho sempre pensato fosse una trascrizione dal sanscrito, da cui probabilmente viene il significato “nel nome del Buddha Amithaba (o Amida)”. Come il nostro “Amen”, insomma, che vuol dire “così sia”, ma non fa parte della lingua.

    1. Credo che sia uno di quei casi in cui in Giappone si utilizzano gli ideogrammi foneticamente, cioè dando la precedenza al suono rispetto al significato. 南無, che si legge “namu”, sta per il sanscrito “namas”, che indica un saluto assai cortese a qualcuno molto al di sopra di chi fa il saluto (e trattandosi di divinità, mi pare giusto 🙂 ). In Giappone la formula è nota soprattutto come “nenbutsu” e ha avuto grande diffusione con le scuole amidste della Terra Pura e della Vera Terra Pura, ma non solo.
      Anchein cinese 南無 non mi semba che abbia un senso compiuto, o sbaglio?

      1. No, non ha senso in cinese, a parte voler dire “a sud non c’è”. Mi ricorda un fumetto in cui un saggio diceva al suo discepolo di andare ovunque per cercare il Buddha, ma non a sud. E perché? Chiedeva il discepolo?
        Perché 南無阿弥陀仏, fu la risposta. Ossia, “a sud non c’è Buddha”. Ovviamente è un gioco di parole, fondato sull’ambiguità tra puro suono e significato dei caratteri.

    2. Ha indubbiamente ragione Elisa. Relativamente al buddismo sono moltissime le espressioni e, ovviamente, i nomi, i cui kanji sono usati in modo del tutto fonetico. D’altronde il buddismo è arrivato in Giappone quando i kanji si usavano essenzialmente in modo fonetico (tra l’uso del cinese come lingua colta e la creazione di una lingua giapponese scritta) quindi ha senso che sia così… furono monaci buddisti a inventarsi l’uso del katakana prendendo pezzetti dei kanji che prima era usati come furigana e sostituendoli per brevità e chiarezza… e se non sbaglio furono sempre monaci buddisti a usare il katakana, oltre che come furigana, per sostituire le parti fonetiche delle parole giapponesi.
      Infine fu un monaco, una sorta di Leonardo da Vinci giapponese (Kobo daishi, mi pare si chiamasse, ma poco importa) a inventare l’hiragana… o così si dice, in realtà furono le donne di corte, molto probabilmente, o perlomeno furono loro a diffonderne l’uso.
      Dunque il buddismo ha fatto progredire la lingua giapponese… ma per certi versi è rimasto con un piede nel passato e la maggior parte dei termini buddisti sono interamente in kanji, perlopiù fonetici… Un po’ come se oggigiorno i giapponesi scrivessero ancora 珈琲 invece di コーヒー koohii (caffè). Cosa che per la verità accade, ma di rado e solo “per far scena” (p.e. sarà su una vetrina, magari, ma non nel menù!).
      p.s. scusate la divagazione^^

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