In risposta a una domanda di Pix

Kaze, ho cercato di tradurre una frase con il verbo avere dall’Italiano al Giapponese con dei risultati catastrofici, non so se hai già fatto una lezione su questo ma… puoi spiegarmi il verbo avere?

Il verbo “avere” giapponese è decisamente insidioso.Per questo ho pensato che potesse essere utile un ripasso (in parte l’abbiamo trattato nelle lezioni per il JLPT) e un approfondimento (non abbiamo visto altri possibili verbi utilizzabili per renderlo).

La prima ragione per cui dico che il verbo avere in giapponese è insidioso è che questo comunissimo verbo – per le lingue europee – NON ESISTE in giapponese.
La seconda ragione è che – udite, udite – NE ESISTONO ALMENO DUE.

E ora che vi ho confuso per bene le idee… vediamo di chiarirle.

Il verbo avere che non esiste è quello come noi lo intendiamo di norma, cioè un verbo che “direzionalmente” parlando agisce dal soggetto a un complemento oggetto e stabilisce il possesso di qualcosa (il complemento oggetto) da parte di qualcuno (il soggetto).

Insomma in giapponese non abbiamo (come invece succede in italiano, inglese, francese…) un verbo “semplice e basilare” il cui soggetto sia una persona che possiede, e il complemento oggetto sia una cosa posseduta. Cioè non posso dire:
Gianni ha una macchina
…con questa precisa costruzione, soggetto – verbo – complemento oggetto.

Tuttavia per rendere il verbo avere ho due possibili, semplici, costruzioni con verbi che di norma hanno altri significati. Ognuna delle due costruzioni va usata nei casi opportuni, quindi non sono intercambiabili, tenetelo a mente.

Caso principale – Avere (in senso generico), reso con ある aru e いる iru

La prima costruzione è quella con il verbo aru (a volte iru). Chi conosce il latino noterà subito che questa costruzione (curiosamente) ricalca il dativo di possesso. Senza usare frasi latine vediamo come sarebbe la frase di prima con il dativo di possesso (ma in italiano):
Gianni ha una macchina = A Gianni è una macchina
Come vedete compare il verbo essere… e come credo sappiate spesso “aru” e “iru” sono resi in italiano con il verbo “essere” poiché questo può indicare spesso l’esistenza in un luogo, il trovarsi di qualcosa in un posto.
Infatti, mentre in italiano posso dire “io sono qui” e “io sono bello” con lo stesso verbo “sono”, non posso usare uno stesso verbo per queste due frasi in giapponese: “io sono qui” si scriverà con il verbo “iru” (poiché “io” è un soggetto animato), mentre “la macchina è qui” si scrive con il verbo “aru” (poiché “la macchina” è un soggetto inanimato).

Se questa premessa è chiara, vediamo con precisione come fare una frase con il verbo avere in giapponese. Ad esempio:

Non lo sai? (Guarda che) Takeo ha una macchina.
知らない?タケオに車がある(よ)。

La sostanza dell’esempio è “Takeo ni kuruma ga aru”, che possiamo barbaramente tradurre “A Takeo è una macchina”, come per il dativo di possesso latino.

Dunque il verbo usato è ある aru e il soggetto è la cosa posseduta. Chi ha già studiato qualcosa sa che quando un oggetto inanimato si trova in un posto uso il verbo ある aru, mentre quando il soggetto che si trova in un posto è animato uso il verbo いる iru.
Questa regola si mantiene (o quasi) nel nostro caso particolare in cui si fa uso  del verbo “essere”, “trovarsi in un posto” (“aru” o “iru” a seconda dei casi) per rendere il verbo avere.

Takeo ni kuruma ga aru = Takeo ha una macchina
Takeo ni kodomo ga (futari) iru = Takeo ha dei (/due) figli

Ma l’eccezione sta nel fatto che nel secondo caso, pur essendo “figli” un soggetto animato posso usare “aru” al posto di “iru” (ma solo perché questa è al costruzione del verbo avere). Takeo ni kodomo ga arimasu è altrettanto accettabile.

Attenzione! 1 – Le particelle

Per quanto riguarda le particelle ho preso in considerazione un caso “basilare” in cui nulla nel contesto della frase era stato precedentemente nominato o era noto agli interlocutori (e quindi non avevo un tema). In realtà al posto di “ni” ho spesso “wa” o “ni wa”, mentre al posto di “ga” posso avere “wa” (ma in tal caso, di solito, “ni” non diventa “ni wa” o solo “wa”). L’uso di “wa” è particolarmente probabile se il verbo, aru o iru, si trova al negativo (“nai” o “inai”), ma non è scontato (es. posso dire “okane wa nai” o “okane ga nai” intendendo cose diverse, ovviamente).

A questo tipo di discorsi ho dedicato vari post. Li trovate nelle pagine dedicate al JLPT (a questo indirizzo, punto 6, e a questo indirizzo, punti 7, 12 e 13).

Attenzione! 2 – I kanji

Così come posso dire “avere” o “possedere”, anche in giapponese posso usare dei sinonimi e dunque rendere i due sensi di “avere” e “trovarsi, esistere” legati a “aru” (e “iru”) in modo diverso.

Prima di tutto però, se avete l’IME, provate a digitare aru e guardiamo alle spiegazioni relative ai kanji (chi non l’ha può guardare un dizionario, magari in giapponese).
Sebbene si scriva essenzialmente in kana, può capitare di trovare i kanji con cui è possibile scrivere “aru” se l’autore vuole enfatizzare o chiarire il concetto. Scopriamo così che 在る e 有る si leggono ugualmente “aru” (esiste un terzo modo di scrivere aru, 或る, ma il senso non ha nulla a che fare, significa “un/a certo/a…”).

Il primo metodo di scrittura implica l’esistenza o il trovarsi in un luogo. Per sostituire questo verbo possiamo dire 存在する sonzai suru (esistere) oppure (XXXに)置かれている (XXX ni) okarete iru (e cioè essere lasciato in un luogo).

Il secondo metodo di scrittura, 有る, implica il possedere e posso esprimerlo anche dicendo XXXを所有しています XXX wo shoyuu shite imasu (posseddo la cosa xxx).

Quando uso il verbo iru 居る iru (ha anche la pronuncia “oru”, ma è un’altra storia) scritto con il kanji, invece, il riferimento è all’esistenza, al trovarsi in un luogo, non al possesso. Ad ogni modo, anche per questo verbo l’uso del kanji è abbastanza raro.

Caso particolare – Avere / Portare con sé

Eccoci arrivati alla seconda costruzione preannunciata. Questa usa il verbo 持つ motsu (gen. nella forma motte iru) si usa solo se il possesso è concreto, non generico come nel caso di avere un figlio o avere del tempo a disposizione. Prendiamo la seguente frase

Quella persona ha un iPhone (con sé)
あの人にはアイフォンがあります。
ano hito ni wa aifon ga arimasu.
あの人はアイフォンを持っています。
ano hito wa aifon wo motte imasu.

Nelle frasi sopra vediamo la differenza tra il semplice possesso e il concetto di “avere con sé”, ma notiamo anche altre cose. La prima è la presenza di “imasu”, o meglio della forma “obbligatoria” in -te+imasu (obbligatoria perché altrimenti il senso del verbo cambia leggermente).

Il fatto è che il semplice verbo motsu significa “portare”. Boku ga mochimashou significa “lo porto io”, poiché motsu è in effetti un verbo che ha il senso generico di reggere e/o trasportare/muovere qualcosa; più che altro riguarda l’avere qualcosa con sé, in genere in mano oppure… be’, è un po’ complesso: uso aru o motsu/motte iru a seconda che indichi il possesso di qualcosa di astratto o concreto in un momento specifico o non specifico.

Possesso di un oggetto concreto in un momento specifico

In questo caso uso motsu/motte iru

ano hito ni wa nani ga arimasu ka
ano hito wa nani wo motte imasu ka
aifon ga arimasu yo
aifon wo motte imasu yo

Tuttavia quando chiedete a un negoziante se ha un certo prodotto potete farlo con arimasu (d’altronde gli state chiedendo se quel prodotto c’è, in negozio, non se lo ha con sé).

Possesso di un oggetto astratto in un momento specifico

Uso invece aru/arimasu per il possesso di qualcosa di astratto in un momento specifico. Non posso usare motsu/motte iru in questi casi.

(僕は)今日は時間があります。
(boku wa)kyou wa jikan ga arimasu.
Oggi (io) ho del tempo (libero).

Possesso di un oggetto concreto o astratto in un momento non-specifico

In questi casi posso usare entrambi i verbi. In genere questo tipo di frasi “definiscono” la persona, la caratterizzano. Le frasi seguenti, ad esempio indicano che “Il Signor Yamada ha un sacco di soldi”, ma ciò nel contempo vuol dire che “è ricco”, no?

山田さんはお金がたくさんあります。
yamada-san wa okane ga takusan arimasu.

山田さんはお金をたくさん持っています。
yamada-san wa okane wo takusan motte imasu.

Si tratta dunque di frasi che caratterizzano la persona, in un certo senso (ci dicono che è ricco) e non si riferisce a un momento specifico: Yamada è ricco oggi, ma lo era ieri e lo sarà domani. Similmente Yamada poteva avere molte buone idee (ii kangae), un oggetto astratto (come il denaro in generale delle due frasi sopra), avrei comunque potuto usare sia aru che motsu/motte iru.

Lo stesso vale per il possesso di una macchina (oggetto concreto), se intendiamo che Takeo ha una macchina che può guidare e usare per accompagnarci (la possiede adesso, ma la possedeva anche ieri e, se non la distrugge, anche domani).

Viceversa se ho con me una borsa o un iPhone (uso motsu/motte iru) il momento è specifico (e l’oggetto concreto), perché ora l’ho con me, ma non è detto che l’abbia con me domani.

Infine se possiedo qualcosa di astratto in un momento specifico, come del tempo libero ad esempio, uso solo aru/arimasu e non motsu/motte iru. Se oggi ho del tempo libero è ovvio che ciò non mi caratterizza come persona, non significa che sono un poco impegnato, ma solo che oggi ho del tempo libero.

Ci sono poi, è chiaro, anche le frasi fatte, espressioni “figurate”, che possono essere difficili da inquadrare… come “subarashii kokoro wo motsu” ( = avere un animo meraviglioso).

C’è poi la forma potenziale “moteru”, l’essere popolare (in gen.) con l’altro sesso. Infine c’è anche un significato davvero particolare, quello di “resistere” o “conservarsi” (cioè “non andare a male”, ad esempio). Possiamo notare subito che anche in italiano usiamo il verbo “reggere” allo stesso modo… sia per intendere “portare” qualcosa, sia per intendere il “resistere” di qualcosa.

Di questo passo il mio corpo non reggerà = kono mama de karada ga motanai
Questo dolcetto di riso reggerà fino a sabato? = kono mochi wa doyoubi made motsu ka

Il punto cui prestare attenzione però è un altro. Se intendo riferirmi al verbo “avere” (con sé) e voglio farlo al presente, la forma è “motte imasu”, non “motsu”. È difficile comprendere questo punto se non avete già studiato questa forma… posso solo dirvi di credermi sulla fiducia per ora^^

Attenzione 3 – Le particelle con 持つ motsu

Quando uso “motte iru” (forma cortese: “motte imasu”) la particella da usare per la cosa che viene posseduta/portata con sé è を (wo), banalmente, cioè, la cosa posseduta è complemento oggetto, mentre se qualcosa deve “reggere” (magari fino a sabato, come il mochi dell’esempio prima) allora sarà soggetto della frase.

Anche per motsu/motte iru si può fare un discorso ben approfondito sulle particelle, wa e ga in particolare (quindi ora mi riferisco a chi possiede), ma mi limito a farvi notare una cosa.

Prendiamo un esempio con questo contesto. Stiamo andando in due all’aeroporto, io e un amico. A un certo punto l’amico mi chiede se ho i biglietti o dove sono e io rispondo:

僕は持っている boku wa motte iru
Io ce l’ho (con me) = io ho il mio ma non il tuo
Questo accade perché “wa” ha una natura più o meno contrastiva e il suo uso qua indica “io ce l’ho, tu …non so te / non so nulla del tuo biglietto”

僕が持っている boku ga motte iru
Ce l’ho io = sono io che ho i biglietti (tranquillo, andiamo all’aeroporto, è tutto ok)
Poiché qui “boku” (io) è parte dell’informazione fornita (ora ha la particella “ga”) in italiano cambia l’ordine delle parole e “io” segue il verbo. Ora il senso è ben diverso. Nella frase prima c’era bisogno di fermarsi un attimo e cercare l’altro biglietto, mentre nella seconda frase intendo che per i biglietti siamo a posto.

Il senso è drammaticamente differente, come vedete, e spero che tutto ciò vi renda l’importanza assoluta che ha lo studio di wa e ga.

8 thoughts on “Il verbo avere in giapponese

  1. Avevo un po di tempo l’ho usato x ripassare. Approfitto anche x salutare dato che era parecchio che non passavo di qua’. ジュリアーノ

  2. Complimenti per la lezione e per il sito in generale. Da settimana prossima comincio un corso di giapponese. So che le tue lezioni mi aiuteranno tantissimo.
    Continuerò a seguirti.

    Andrea.

  3. Quindi non posso dire 私はノートがあります。? Eppure non ricordo di aver mai usato, a lezione, もっている, mi crolla un mondo. Mi sembra molto “forte”

    1. Tutto si può dire se è proprio quel che vuoi dire. E’ un po’ come l’uso delle particelle wa e ga, per le quali una può sostituire quasi sempre l’altra …a seconda di quel che vuoi dire.

      Intendi dire che sei in possesso di un quaderno, allora puoi dire anche la frase che hai scritto, ma se intendi dire che ce l’hai adesso con te, in mano, in borsa, sotto al banco, ecc., allora usare motte iru è la cosa sensata da fare, l’espressione più precisa e naturale.

      La croce in rosso è forse eccessiva. Di solito in giapponese si usa una croce per quel che è sbagliato, un triangolo per quel che non è scorretto, ma si preferisce evitare, un cerchio per quel che è corretto e un doppio cerchio per la soluzione ideale.

      Ecco, se prendi una cosa e la fai seguire da aru o motteiru (frasi senza contesto), aru vuole il cerchio, motteiru il doppio cerchio, diciamo.
      Però va’ visto anche caso per caso, considerando il contesto, perché a volte il contesto è tutto. E appunto, se vuoi dire “ce l’ho qui con me”, non ha senso dire “ne sono in possesso”, ti pare?
      I altri casi i due verbi sono del tutto equivalente… per esempio “…kangaekata ga aru/wo motte iru”. In altri casi, come per il tempo, non sono affatto intercambiabili… e così via.

      P.s.
      Non stupirti se un corso non ti dice tutto… non lo fa mai. Da un lato alcuni sono proprio “colpevoli”: ricordo una ragazza che si era laureata in Giapponese senza sentire mai la parola “sugoi” prima di andare in Giappone. Personalmente la inserisco nelle lezioni/la presento nel mio corso non appena faccio gli aggettivi in -i.
      Va detto però che bisogna guardare anche alla didattica, non solo a come stanno precisamente le cose. Per esempio in questo articolo ho iniziato con frasi “X ni Y ga aru” che non sono esattamente comuni, anzi (e infatti proseguendo scompaiono), ma che ben ricalcavano il mio discorso sul dativo di possesso. Insomma ho usato frasi non naturalissime (il contesto dato era un po’ strano, no?), a fini didattici. Quelli del tuo corso semplicemente non volevano confonderti le idee. Tra parentesi quando uno usa “avere” per indicare che qualcuno ha una certa caratteristica fisica le cose cambiano ancora e abbiamo altri due modi di esprimerci… ma questo anch’io ho evitato di dirlo^^;;

  4. Oooooh, ora è davvero chiarissimo, grazie mille!!! Mi stavo disperando perché la particella NI non l’avevo mai sentita e davo ormai questo argomento per scontato, invece ora mi hai davvero chiarito le idee! Grazie grazie! 😀

    1. Scusa per il ritardo nella risposta, mi era proprio sfuggito il tuo commento nella concitazione di questi ultimi giorni con l’uscita del libro ecc.

      Con quel tipo di frasi puoi avere sia “ni wa” ma anche solo “wa” (molto comune). In effetti usare “ni wa” è considerato più grammaticalmente corretto, ma quasi nessuno lo sa/nessuno ci fa caso.

Fatti sentire!

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