Piccolo edit: La nota di scuse che era a inizio articolo è stata spostata alla fine, perché non penso vi interessi la mia vita privata, al di là del fatto che all’epoca avevo rallentato il ritmo di uscita degli articoli.

Veniamo all’articolo… in realtà poco più di una semplice considerazione, che però colpisce – o dovrebbe colpire – in modo significativo.

Ho parlato altre volte della diversa veste sotto cui si cela il “razzismo alla giapponese”. Al contrario di quello cui siamo – tristemente – abituati in Italia e un po’ in tutto l’Occidente, il razzismo giapponese non ha uno sfogo nella violenza in genere, è più assimilabile a una generica paura dell’ignoto, condita a volte da qualche strepito, specie in campagna elettorale… vero Ishihara-san?

Penso soprattutto ad alcune cose che mi sono successe, come ritrovarmi su un treno affollato, pieno di gente in piedi, dove gli unici posti a sedere vuoti sono a sinistra e a destra di dove siamo seduti io e mio fratello.

O ancora a quando camminiamo per la strada e due salaryman (impiegati, riconoscibili dal completo “di ordinanza”) ci hanno incrociato, in occasioni diverse, mentre camminavamo sul marciapiedi… In tutte e due le occasioni la scena è stata (quasi) la stessa. Provate a immaginare. Kyoto, via principale che si diparte dalla stazione verso Nord, molto, molto grande. Marciapiedi largo svariati metri, io e mio fratello che camminiamo nel centro e un salaryman sulla trentina che viene in direzione opposta. Alza gli occhi quando è a qualche metro, incrocia il nostro sguardo (tenete presente che non siamo fisicamente minacciosi: era più alto lui) …e devia velocemente verso il muro, nel modo più plateale che mi riesce di immaginare. Dopodiché, e gli sta bene, mette un piede in fallo perché vicino al muro c’è uno scolo dell’acqua e finisce per sbattere la spalla e la mano sul muro.

Ora io mi chiedo: ma quanto bisogna essere razzisti per vedere dei turisti, macchine fotografiche al collo e pantaloncini corti, e sentire il bisogno di mettere almeno due metri tra te e loro… Senza accontentarsi di 1 metro e 80 cm di distanza, per carità! No, bisogna arrivare a strisciare al muro! Oppure, come ha fatto l’altro salaryman in un’altra occasione, andare dall’altro lato, scendere dal marciapiede… per poi risalire non appena superati gli stranieri in questione. Non si sa mai avessero la peste. O contrabbandassero droga nascondendola nelle macchine fotografiche.

Datemi un secondo che solo a ricordare sento il bisogno di un facepalm…

Ok, ora va meglio, grazie.

Quello visto finora, però, è il razzismo “manifesto”, quello espresso con le azioni. Come vedete per nulla violente. Qui lo straniero verrebber guardato male, qualcuno potrebbe cedere alla tentazione e passare alla violenza in certe situazioni… è successo, ma quello che si sperimenta in Giappone è un razzismo più “sottotono”, fatto più che altro di paura, si direbbe. Ma si tratta comunque di sintomi manifesti di quella malattia della società che è il razzismo.

Va poi anche chiarito che ho incontrato persone splendide… Ricordo un paio di signore di mezza età, che hanno perso tempo a darci indicazioni precise perché potessimo godere al meglio della nostra visita, trovare i posticini più interessanti… O anche solo chi voleva fare conversazione in inglese e senza paura ci ha rivolto la parola, ragazzini, casalinghe…

Ad ogni modo, chiusa la parte sul “razzismo manifesto”

C’è poi un “razzismo inconscio”. Non è manifesto, non richiede azioni per esprimersi, è culturale, perché “ufficialmente accettato”, anzi, è perfino istituzionalizzato, per così dire.

Molto probabilmente (a me è successo), iscrivendovi in una qualunque scuola di giapponese vi verrà detto a chiare lettere: comportatevi bene perché qui siete “rappresentati del vostro paese” (自分の国の代表, jibun no kuni no daihyou).

Personalmente andando all’estero cerco di comportarmi nel migliore dei modi, non solo perché è giusto e dovuto ovunque uno si trovi, ma anche perché, dato che so che c’è chi la vede in questo modo, sicuramente il mio comportamento si rifletterà sul buon nome del mio Paese… concetto che da tempo sfugge a politici, ben più in vista di me e legati a doppio filo al nome dell’Italia, dai capelli magicamente rinati fino alla punta delle dita… quando fa le corna.

Tuttavia comunque mi comporti, si tratta solo del mio comportamento, un comportamento da me scelto. Io, come individuo, preferisco evitare di fomentare i pregiudizi della gente… altri no. Ho visto certe cose e sentito alcune storielle su “gli italiani in Giappone” che… non fatemi parlare, ma dico solo: chi nel 2010 è andato al Museo della Katana a Tokyo tanto per far caciara, si vergogni, per cortesia, e poi torni all’asilo.

Ad ogni modo, la mia scelta come individuo non ha però a che fare con cosa è giusto, logico e socialmente accettabile.

È giusto dire “comportati bene”. Possiamo anche dire “comportati bene perché molta gente, vedendoti comportarti male, penserà che tutto il tuo paese sia un paese di cafoni”. Ma non possiamo dire “comportati bene perché sei un rappresentante del tuo paese” perché equivale a dire “giudicherò il tuo paese (l’intero popolo) da come ti comporti tu”: ciò significa giustificare e abbracciare un comportamento che è per definizione razzista.

Invece qui questo è il pensiero dominante, questo così “splendidamente espresso”; a dirla tutta probabilmente potremmo perfino sentirci lusingati a sentirci dire una frase del genere: inevitabilmente ci si sente un po’ degli “ambasciatori”, no? Figo! Ruolo di rilievo, nulla da dire, ma meritato? È meritato per noi? E per l’Italia?

Esageri! – dirà forse qualcuno – Dov’è il razzismo in una frasetta così?

A ben vedere questa frasetta è una perfetta definizione di razzismo, perlomeno davanti alla Legge: razzismo, infatti, equivale a “ritenere un gruppo etnico responsabile delle azioni di un singolo individuo”. È molto semplice. Se un albanese mi rapina, non posso dire: “gli albanesi sono dei ladri”. Non conosco tutti gli albanesi, no? Con una simile affermazione coinvolgo un gran numero di innocenti.

Questo tipo di mentalità è dura a morire e si riflette nella nostra vita di tutti i giorni, quando vediamo un comportamento fastidioso, nella vita come in un film, e diciamo “i cinesi sono…”, “gli americani fanno sempre…”, “i francesi non sanno…”. Io stesso finisco fin troppo spesso per dire “i giapponesi ecc. ecc.”. Diciamocelo, è “comodo”, specie se non parlate d’altro, come me.

Certo, possiamo nasconderci dietro un dito e dire che “no, so che non riguarda tutti, intendevo riferirmi alla maggior parte” …o cose del genere, liberi di fare come ci pare, ma ha senso mentire a se stessi? In fondo è un istinto umano, negarlo non ha senso, cercare di superarlo è un comportamento meritorio; cominciamo con l’ammetterlo.

Però una cosa sono le nostre piccole debolezze umane, un’altra cosa è agire in base a certi istinti (il “razzismo manifesto” di cui parlavamo più su), un’altra cosa ancora è propinare questo “razzismo culturale” e istituzionalizzato, perché nel mio caso a propinarlo è stata una scuola.

Per questo nel titolo parlo di “portatori sani di razzismo“: in questo “razzismo culturale” non c’è azione corrispondente, la malattia non si “manifesta”, e chi ne è affetto non si rende assolutamente conto che quel che dice è qualcosa di razzista, ma è così!

自分の国の代表 jibun no kuni no daihyou, “Rappresentante del proprio paese”? Ma dicendo così giudichi un popolo dalle azioni di un singolo e questo è razzismo!

国民性 kokuminsei, “personalità di un popolo”? Ma usando una parola del genere giudichi un singolo dalla semplice idea che hai di un intero popolo e questo è razzismo!

E per di più queste qui sopra non sono le idee di pochi individui, sono un fattore culturale condiviso, considerato perfettamente naturale, tanto che viene insegnato nelle scuole (di giapponese)… Stiamo scherzando? Stiamo dando i numeri?

Lo so, forse a qualcuno sembreranno piccolezze, un peccato veniale, ma il fatto è che non ne vediamo le dimensioni, l’effettiva sconcertante enormità. Posso accettare che ci siano stati episodi di razzismo come quelli che vi ho descritto (anzi, ve li raccomando! Dovete provare almeno esperienze del genere per capire davvero cosa significhi essere straniero e avere una vaga idea di cosa sia il razzismo!). Quello che non posso accettare è che si insegni il razzismo.

Ne parlavo con la mia ragazza, poiché quest’idea è ben radicata, in generale, ed è “pensiero ufficiale”, accettato socialmente, in Cina come in Giappone …e credo in una vasta parte dell’Asia, almeno a sentire quel che dicono le mie compagne di classe vietnamite e tailandesi.

Parlandone con la mia ragazza, dicevo, le ho fatto un esempio molto chiaro per chi, come lei, non chiude gli occhi davanti a pregi e difetti delle persone quando guarda al proprio paese, dall’interno o dall’estero.

I cinesi in Giappone hanno la fama di sputare per terra. “È vero”, mi ha detto lei, “i cinesi lo fanno!”… forse dimenticandosi di essere cinese e di non averlo mai fatto. “Ma guardiamo ai fatti…” – le dico – “Hai visto delle persone, presumibilmente cinesi, tenere un comportamento discutibile, sputare per terra… e hai allargato il concetto a tutti i cinesi. Ma anche tu sei cinese, non fai cose del genere, e anzi il tuo comportamento è, non solo impeccabile… ma spesso ricco, nei modi e nei gesti, di atteggiamenti cortesi, sinceramente gentili, spesso davvero kawaii”.

Aveva già capito, ma io amo troppo il suono della mia voce per non continuare: “Vedendo tutto ciò, io cosa dovrei pensare? Se è la prima volta che incontro un cinese e vedo te, secondo questo modo di pensare è giusto che io pensi che tutti i cinesi sono carini, ben educati e fanno dei gesti così kawaii che sembrano usciti da un anime… Attenzione, questo vale anche per i cinesi che effettivamente sputano per terra ogni tre passi. Se invece il primo cinese che incontro è uno che sputa per terra e il secondo sei tu, secondo questo modo di pensare dovrei giudicarti male in partenza, aspettandomi che ti metta a sputare a destra e a manca da un momento all’altro”.

Spero sia chiaro a tutto perché quando siamo all’estero dobbiamo comportarci in modo opportuno, non solo in quanto persone civili, ma addirittura come fossimo rappresentati… ambasciatori del nostro paese.

Ma questo perché sappiamo che c’è chi sbaglia e ha questa visione razzista, per cui giudica un popolo dalle azioni di un singolo, non perché sia giusto giudicare in questo modo.

Comportiamoci pure da “ambasciatori”, ovunque siamo, ben venga! Ma sia chiaro che abbiamo il diritto di non essere visti come tali e che chi ci vede così, sbaglia!

…e non dimentichiamoci che oltre i diritti ci sono i doveri e ci spetta allo stesso modo il chiaro dovere di non vedere gli altri stranieri come rappresentati del proprio paese, ma come semplici individui. Sempre che non rivestano ruoli istituzionali, come la Presidenza del Consiglio ( ´,_ゝ`)

EDIT: Ho spostato qui sotto la nota di inizio articolo.

Innanzitutto le mie scuse. Vi chiederete perché tanto tempo sia passato dall’ultimo post. In breve, da un lato c’è il JLPT, a brevissimo… ma questo non mi ha mai fermato, giusto? ^__^  Dall’altro ora sto con una ragazza… no, non è giapponese, rifuggo gli stereotipi dell’italiano in Giappone: è una compagna di classe, cinese, della mia scuola di giapponese. Poiché è tutto quel che non mi aspettavo dalla vita, che non sapevo nemmeno di volere o di poter desiderare, poiché incarna tutta la bellezza che abbia mai visto e vissuto, poiché rispecchia il mio ideale di donna e i miei ideali di uomo, ogni momento passato lontano da lei sa disperatamente di momento perso per sempre.
Se la metto così, penso, spero, sia chiaro come sia possibile che stiamo già convivendo e come non abbia tempo che possa o voglia dedicare al sito… salvo in momenti come questo, quando lei lavora e io voglio una pausa dallo studio. Per un po’ abbiate pazienza.

19 thoughts on “Cultura – Portatori sani di razzismo

  1. Ciao,
    dopo tanto tempo mi rifaccio viva sul sito. Non posso fare a meno di commentare perché questo è un argomento che mi è sempre stato molto a cuore. Sono mooolto sensibile al comportamento delle persone, non mi piacciono gli atteggiamenti “caciari” e cafoni, non mi piace chi parla a voce alta e smodata e in generale credo nelle buone maniere, dovunque nel mondo. Inutile dire che quando sono all’estero, e in particolare in Giappone, cerco di stare ancora più attenta al mio comportamento, proprio perché ho assistito già a troppe scene di maleducazione straordinaria (ti faccio un esempio: una volta ad una izakaya un mio amico americano per pagare il conto ha lanciato la carta di credito come stellina ninja, ti lascio immaginare la faccia degli altri avventori…). Per tornare alle solite generalizzazioni, credo che il binomio “caciarone” = italiano simpatico sia insopportabile quando sfocia nella maleducazione e nei comportamenti offensivi.
    Cambiando discorso, complimenti per tutte le cose belle che stanno accadendo nella tua vita! In misura minore, anch’io “mi sono data alla Cina” di recente, ma solo perché sto studiando anche il cinese e un paio di settimane fa ho dato l’HSK!

    1. Grazie delle considerazioni e dei complimenti. Ti invidio per l’HSK, pur avendo qui una native speaker 24/7 non riesco ancora a capacitarmi della corretta pronuncia dei toni… ma non smetto di provare^^

      1. Anche per me è la cosa più difficile, ma ho la fortuna di aver trovato un professore madrelingua molto esigente, che oltre a rifiutarsi di parlare italiano, si arrabbia come un matto se sbagliamo qualcosa! Non ti preoccupare per i toni, all’inizio sembrano impossibili, poi ti accorgi che c’è una logica sotto, ma soprattutto ricorda che se ce l’ho fatta io, tu ce la fai ad occhi chiusi 🙂

        Bene, ti faccio un in bocca al lupo per domenica prossima e buoni festeggiamenti di Tanabata dopo!

  2. Ciao a tutti!
    Come Elisa anch’io latito su questo sito da diverso tempo. Sfortunatamente, a differenza di Kazeatari – al quale auguro un IN BOCCA AL LUPO per l’esame e CONGRATULAZIONI per aver trovato colei che riempe il vuoto mancante che non ci si accorge di avere finché non si incontra la persona giusta – gli ultimi mesi, per me, sono stati piuttosto difficili. Non scenderò in dettagli perché ancora ora è un argomento spinoso, ma con mia somma speranza e convinzione sembra che finalmente la salita sia terminata e cominscio la discesa = la mia vita sta tornando alla normalita ^^
    Kaze hai messo il dito in una piaga che logora il mio fegato da tempi immemori. La mancanza di educazione, civiltà, altruismo ed interesse delle persone in chiunque altro al di fuori della propria persona è un dato che purtroppo, mi duole dover dire, sta dilagando in ogni dove. E non mi riferisco solo all’Italia, anzi, dopo i miei ultimi viaggi mi permetto di dire che la popolazione Italiana è decisamente più educata di quanto non si creda – casi limite a parte ovviamente; classe politica inclusa!
    E’ vero che gli Italiani in genere sono rumorosi e chiassosi, spesso più di quanto dovrebbero, soprattutto all’estero – io stessa a volte , in presenza di Italiani all’estero, mi sono ritrovata ad interpretare “la straniera” pur di non essere riconosciuta. Sentire gli schiamazzi e le lamentele sul fatto che bisogna stare in fila davanti agli ascensori in metropolitana a Londra o doversi tenere su di un lato, sulle scale mobili, per lasciare libero l’accesso a coloro che sono di fretta è a dir poco imbarazzante – ma vi assicuro che a volte non serve essere chiassosi per essere maleducati. In Messico 3 settimane fa sono stata presentata da un ragazzo Canadese – attuale marito di una mia amica Fillandese – alla madre di quest’ultimo – erò là per il loro matrimonio – la quale dopo aver sentito la parola “Italy” senza degnarmi di uno sguardo, si è rivolta al figlio, parlando di me come se non ci fossi, questionando sul fatto se ero in grado o meno di capire e parlare inglese. La frase è stata, cito: “Dave, does she speak english or I have to make gestures?”
    Ditemi voi….
    Altra cosa “carina” che mi sono sentita dire, da un collega di un signore inglese con il quale stavo lavorando da diverso è stata: “Amazing! She does really speak good english, you were right Phillip.” Io credo che intendesse farmi un complimento, almeno lo spero. So solo che il mio “collega” è impallidito.
    Quindi a volte non basta badare solo al comportamento ma anche a quello che si dice. Una frase detta senza pensare al contenuto a volte può trascendere nella maleducazione se non addiruttura nell’offensa.
    Comunque comportarsi civilmente è un dovere di tutti, sia nel proprio paese che soprattutto all’estero! Io almeno la vedo così ^^

    1. Hai pienamente ragione… i comportamenti d’altronde variano da persona a persona e chi si “gioca in casa” tende sempre a “lasciarsi andare”, in modo più o meno smaccato… passando dalla semplice maleducazione al vero e proprio razzismo.
      Devo dire che quel che mi ha colpito e di cui ho parlato nell’articolo, ha più a che fare con l’accettazione e l’istituzionalizzazione di un concetto che DEFINISCE il razzismo. Se la singola persona guarda mal l’italiano caciarone e pensa male di tutti gli italiani… sbaglia, ma, ehi… “shikata nai”, non c’è nulla da fare. Se la cultura nel complesso ti dice che il comportamento del singolo definisce la natura stessa di un gruppo… be’, è razzismo istituzionalizzato, seppur inconscio (e da qui il titolo).
      Crepi il lupo e in bocca al lupo anche a te per la fine della salita e l’inizio della discesa ^__^

  3. Ciao,
    innanzitutto grazie per aver scritto l’articolo e, se mi permetti, congratulazioni per questa tua nuova e felice vita. Posso dirti che questo argomento fa parte della mia vita di tutti i giorni. Sono albanese e vivo in italia da un paio di anni. Sinceramente credo che al di là del fattore etnico l’educazione debba essere un dovere di tutti nei confronti di tutti, perché per poterla pretendere bisogna innanzitutto rispettarla. Sappiamo tutti però che tanta perfezione non può essere quindi mi limito a scrivere o descrivere ciò che in realtà succede ogni giorno. Finché si ha un accento perfetto, in modo che non tradisca l’origine straniera, non si ha alcun problema, ma quando si tratta poi anche soltanto di dire il proprio nome lì cominciato una serie di comportamenti più che maleducati che sfociano molto spesso nell’offesa. Noi stranieri siamo sempre esposti a questo tipo di comportamenti la cui colpa viene puntualmente, e ovviamente, fatta ricadere sulla persona straniera. Ora sappiamo tutti che questo non è un comportamento corretto, ma nonostante ciò è sempre stato così. Come ho detto prima il rispetto bisogna donarlo prima di poterlo pretendere perciò ogni persona prima di sentirsi offesa di fronte a ciò che non vorrebbe sentire dovrebbe farsi un esame di coscienza e chiedersi se ha mai trattato nello stesso modo una persona di altra provenienza……perché come hai detto tu Kazeatari (mi permetto di darti del tu, ti dispiace?) ognuno di noi è un po’ una sorta di ambasciatore del proprio paese quando si trova all’estero…perciò se molto spesso si chiede agli immigrati se sanno leggere e scrivere oppure no…non bisognerebbe stupirsi se all’estero si chiede se si parla l’inglese oppure no….(six, ho soltanto preso il tuo come esempio, non era affatto un’accusa)

    1. Intanto ha ragione Diego, il tuo italiano è perfetto… vorrei che l’italiano fosse requisito per avere la cittadinanza italiana (anche nel caso di chi è nato italiano)… così da liberarci di tante capre e aver l’occasione di circondarsi di gente che abbia qualcosa da dire e sappia dirlo… invece di fare “tutti i blabla che vuoi” come recitava una pubblicità (agghiacciante per me) di qualche tempo fa.

      Dall’altro lato, c’è poco da fare… quello è razzismo non più maleducazione. Lì un giudizio è espresso sulla base (del pregiudizio che si ha su) di un gruppo d’appartenenza: è l’opposto di quanto dicevo (giudicare un gruppo dal comportamento del singolo), ma sostanzialmente la stessa cosa… e indubbiamente razzismo.
      Ricordo bene un post di una ragazza italianissima ma cinese d’aspetto… che si vedeva rifiutare una camera in affitto appena (e SOLO quando) veniva vista in faccia… se ci fossero dubbi sul motivo, mi diceva, si era sentita dire anche “quelli come te qui non li vogliamo”. A niente valevano i suoi “ma signora, io sono italiana…”. Francamente a sentire questo racconto ho provato una tristezza immensa. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui fomentare il razzismo, a voce o con i propri media televisivi, è un modo di ottenere voti.
      Non è diverso dal fare una pubblicità con una donna nuda. Si associa il prodotto a un’idea. Per l’uomo è una donna desiderabile e discinta (compra questo divano e potrai portarti a letto una come lei), per la donna è una modella in cui immedesimarsi, a cui aspirare (compra questo divano e sarai bella come lei).
      E’ un’associazione di idee istintiva:
      prodotto + desiderio/istinto/sentimento
      La politica funziona in modo simile, ma più furbo ancora… prima crea la paura dell’immigrato, la paura porta frustrazione e rabbia… dopodiché arriva il “prodotto”, cioè il partito politico che offre la soluzione… E si può pure associare il partito avversario alla presenza dell’immigrato, in modo da aumentare l’effetto complessivo.
      Sembrano baggianate, ma chiunque può rendersi conto di ciò se guarda ai voti delle elezioni e li confronta con i voti degli italiani all’estero (abbiamo avuto immigrazione di destra, in sudamerica, e di sinistra, in europa soprattutto, ma ovunque non ci sia l’effetto della TV i risultati delle elezioni sono drasticamente diversi). Mah, ovviamente la paura dello straniero è solo uno dei fattori e di recente qualcuno ha tolto il piede dall’acceleratore… tempo fa, d’altronde, c’erano stati episodi da far accapponare la pelle… la svastica incisa sul braccio di una italomarocchina di 12 anni appena… il ragazzo ucciso per aver rubato un pacco di biscotti al grido di sporco negro… le molotov in un campo rom che uccisero due bambini… Senza poi considerare il titolo de “il giornale”, questa volta hanno ragione i negri, in seguito ai fatti di Rosarno, qualche anno fa… o ancora “i musi gialli premiano Lambertow (per un premo a Lamberto Dini dato dai Giapponesi)… Altr begli esempi, a mio parere, di tentativ di “istituzionalizzare” il razzismo, renderlo un fatto trascurabile, prima, e poi parte della cultura stessa. Posso solo sperare che non gli riesca mai, grazie a chi tra gli italiani rifiuta di lasciare che sia la tv a pensare al suo posto (per quanto comodo) e a chi tra gli stranieri in Italia è deciso a integrarsi partendo dalla lingua e dalla cultura… la parte buona.

  4. Salve a tutti, bentrovato/a Deola,
    perchè sei l’unico che non ha fatto errori di ortografia, forse perchè essendo “straniero” stai più attento di noi quando scrivi in questa lingua?
    Chiaramente scherzo, ma pare che comunque sia vero che uno straniero a volte riesca a fare cose che noi diamo per scontate(e sbagliamo nel farle) mentre lui dovendosi concentrare maggiormente le fa giuste………………
    Cosa centra questo? direi che ci serve a capire perchè a volte, all’estero siamo bravi e poi siamo CAFONI nel nostra città, magari senza pensare di esserlo veramente, solo per ignoranza……però…..quante cose riusciamo a nascondere dietro la parola “ignoranza”?
    a volte troppe, io non ho avuto molte occasioni di viaggiare all’estero, ma basta guardarmi intorno per vedere l’ignoranza che sfocia in comportamenti razzisti.
    il gladiatore al Colosseo che parla col collega di cosa farebbe a quella americana o quella Giappo , tanto sono solo ….. quando sulla metro non ci sediamo anche se siamo stanchi morti perchè finiremmo vicino a un “negro strano”
    Lo abbiamo mai fatto, magari inconsciamente?
    Penso di no, ho scoperto da poco che la maggior parte delle persone appassionate di cultura di un altro paese, o studenti/studiosi di un’altra lingua, sono contro il razzismo, contro la cafoneria fine a se stessa e quant’altro venga generato da persone indegne,
    ed è per questo che rispondo a questi post e partecipo alla vita di questo blog attivamente (anche se non come vorrei),
    Spero tu possa avere una vita lunga e felice Kaze san, te la meriti tutta anche solo per quello che ci hai regalato in questi due anni appena finiti,
    In bocca al lupo!

    1. Io direi che avete ragione entrambi.
      E’ vero che non ci si accorge di fare qualcosa di “scorretto” o “sgradevole” per l’interlocutore quando quest’ultima/o non è del nostro stesso paese, nel senso che può capitare di non considerare che il paese di provenienza ha una cultura diversa dalla nostra e che di conseguenza quello che per noi è “normale” per lei/lui magari non lo è o cose anche più semplici; un esempio lampante è assistere ad una conversazione tra un madrelingua es di Italiano con un non madrelingua. Il madrelingua tenderà sempre a parlare velocemente e come è abituato a fare nonostante il suo interlocutore sia un non madrelingua, ignorando del tutto il fatto che magari questa persona non abbia il pieno controllo della lingua straniera. Dando per scontato che “visto che già parla italiano sarà in grado di capire al 100% quello che viene detto”. Il fatto che si sappia parlare una lingua straniera non ci dà in automatico la padronanza della lingua stessa e di tutte le sfacettatura del parlato quotidiano che noi Italiani diamo per assodato.
      Ho diversi amici stranieri e di questi solo un paio conoscono l’italiano, una di loro ha contatti con l’italia per lavoro. Una volta mi ha chiesto aiuto perché non capiva cosa le veniva chiesto in una mail, quindi me l’ha inoltrata. Beh vi dico solo che quando l’ho letta sono rimasta basita. Non solo era scritta nel modo più formale esistente in Italiano (mancava che le dessero del “voi”) ma era anche scritta in un italiano alquanto “arcaico”. Ora, capisco che magari chi l’ha scritta poteva essere anziano, con un background diverso e tutte le scusanti del caso, ma visto che sai di avere a che fare con una persona che non ha la tua stessa padronanza della lingua, non sarebbe stato il caso di agevolarla rendendole quantomeno il contenuto comprensibille?
      Ci sono un’infinità di modi per far sentire una persona a disagio, in genere almeno una volta al giorno, inconsapevolmente lo facciamo tutti. Ma io sono dell’idea che se ci soffermassimo un pochino di più sul nostro comportamento potremmo migliorare questa mancanza. Concordo però con Diego sul fatto che chi di solito è stato o stà dall’altra parte della “barricata” ha molta più consapevolezza di queste problematiche e ci fa molta, molta più attenzione.
      Occhio però che le paure insite in noi prendono il sopravvento a nostra insaputa. L’essere umano per natura ha paura delle diversità e dell'”ignoto”. Quindi essere consapevoli di questa “debolezza” fa in modo da poterla mitigare se lo si vuole 😉

      Kaze fatti valere al JLPT、 頑張る!!!

      1. Grazie del commento Six e dell’augurio… Devo dire poi davvero molto bella, oltre chi giustissima, questa tua ultima considerazioni… come dicevi non ti fai sentire spesso, ma quando lo fai, sai dargli peso. Partecipa quando puoi! ^__^

      2. Sicuramente nonostante queste nostre considerazioni ci sono sempre persone che, per fortuna, hanno un orizzonte molto più ampio, come quelle che scrivono in questo blog magnifico….infatti, come hai detto tu Six, chi è amante delle culture estere o studioso di esse è sempre molto più aperto rispetto a considerazioni molto attente come le tue e questo fa davvero onore perché sì, si evita molto spesso di mettere in condizioni difficili chi non possiede la padronanza della lingua.
        E’ proprio bello trovare qualcuno che sappia giudicare senza paura ciò che è sbagliato nel proprio paese, concordando con un punto di vista che arriva dall’altra parte del mondo (anche se non lontano come il Giappone!)
        (ahaha comunque è un “benvenuta” Diego)
        Grazie a tutti per aver dato la possibilità a molti di dare voce alle proprie idee e quella di discutere in modo “civile”, cosa difficile da fare in molti casi, con la coincidenza infine di concordare sulle idee!

  5. Non potendo aggiungere niente visto che è stato detto tutto, faccio gli auguri a Kaze per il bel incontro e gli auguri per domenica がんばれ

  6. Ciao scusami utilizzo questo post per ringraziarti, finalmente ho trovato qualcuno che mi abbia spiegato la parola ”Chihayafuru”, avendo io in programma la traduzione di questo anime stupendo avevo bisogno di una mano. Grazie davvero e splendido sito, ah, dimenticavo, ovviamente ti metterò nei ringraziamenti linkando questo stupendo forum.

    PS: Nel caso avessi altri dubbi spero che non ti dispiaccia se te li presentassi.

    Ancora complimenti. Ciao!

    1. Prego ^__^ Certamente un po’ di sana pubblicità fa solo piacere ^__^ Tieni presente che nella seconda serie di Chihaya il nome viene spiegato in modo diffuso… presentando anche altre interpretazioni. La mia spiegazione e quella si completano bene penso.
      Ovviamente se hai altri dubbi, risponderò appena possibile… posta una domanda nella sezione Domande, quando avrai qualcosa da domandare, senza farti problemi ^___^

  7. Interessante questo articolo, presumo sia difficile sintetizzare in un articolo così breve tutto ciò che un argomento del genere può suscitare.
    Credo abbia poca importanza condividere o meno quello che lei ha scritto, proprio perchè sarebbe necessario approfondire alcuni temi da lei appena accennati per comprendere completamente il suo punto di vista.Ma sono sicuro che condividerà l’idea che se una persona è maleducata in Italia, lo sarà anche quando viaggia all’estero.
    Sicuramente chi ricopre un posizione più visibile all’estero, dovrebbe davvero comportarsi da ambasciatore… purtroppo non è così faccio l’esempio di un certo G.P…(giro l amo) che grazie a lui , si fa per dire, molti pensano che gli italiani siano tutti playboy…mi piacerebbe che anche lui avesse letto il suo articolo prima di trasferirsi li. Ma questo è un altro discorso…
    grazie , saluti

Fatti sentire!

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