Da una domanda posta da Giovanni sulla pagina Facebook di SdG:
Scusa Studiare (da) Giapponese,
potresti dirmi come si traducono le frasi “CHIUSO PER FERIE CHIUSO PER LUTTO CHIUSO APERTO, ossia tutte le frasi appese davanti ai negozi?
Ho pensato che creare un post di espressioni comuni fosse abbastanza interessante, per cui eccovelo qui, in tutto il suo splendore.
Trattandosi di espressioni, sarĆ inevitabilmente difficile (ancor piĆ¹ del solito) creare una precisa corrispondenza italiano-giapponese, ma ci proverĆ² al meglio delle mie capacitĆ .
Sui cartelli dei negozi, per dire “aperto” troviamo queste espressioni che significano piĆ¹ letteralmente qualcosa come “in attivitĆ ”:
- å¶ę„äø eigyouchuu
- åćäø akinaichuu
- ę„å¤å¬äø akinaichuu
La terza scrittura ĆØ molto particolare. Se invece di scrivere åć akinai come al secondo punto, scriviamo ē§ćŖć , leggeremo quest’espressione allo stesso modo, akinai, ma avremo un significato radicalmente diverso: “non c’ĆØ l’autunno”. Inoltre se ai kanji usati per indicare (e tradurre il termine) “le quattro stagioni”, ovvero ę„å¤ē§å¬ shunkashuutou tolgo l’autunno (ę„å¤å¬ shunkatou, in teoria, in realtĆ non si usa con questa pronuncia), sono usate a volte dai negozianti e vengono letti proprio come vedete nella terza espressione (senza il “chuu” trovate anche la pronuncia akinashi), nonostante, a livello di significato e pronuncia “ufficiale”, non abbiano nulla a che fare.
Come potete notare punto comune a tutte e tre ĆØ äø chuu (piĆ¹ o meno “in corso” o semplicemente “in”, ad esempio nell’espressione “in attivitĆ ”).
Quando, ad esempio, un ristorante ĆØ chiuso, la mattina o fino a sera perchĆ© apre solo per cena, l’espressione che si incontrerĆ piĆ¹ facilmente non sarĆ il nostro “chiuso”, ma ęŗåäø junbichuu, o ancora, ęÆåŗ¦äø shitakuchuu (scritto anche ä»åŗ¦äø) a indicare che stanno facendo dei “preparativi” (junbi e shitaku significano per l’appunto “preparativi”).
Stesso significato ha l’espressione ä»č¾¼äø shikomichuu (con il corretto okurigana sarebbe ä»č¾¼ćæäø ma in casi del genere, cartelli e insegne, il corretto okurigana ĆØ raro). Il termine shikomi significa anch’esso (tra le altre cose) “preparativi”, ma ĆØ di solito piĆ¹ specifico, legato essenzialmente ai preparativi svolti in cucina o comunque legati a ingredienti e cibo.Ā Infine aggiungerei che junbichuu ĆØ quasi sicuramente la piĆ¹ frequente.
L’espressione per dire che un’attivitĆ ĆØ “chiusa” ĆØ ä¼ę„ kyuugyou, in genere seguita da chuu äø o da ćććć¾ć itashimasu (il verbo “fare” in forma umile, rispettosa) o ancora da un’espressione tipo ććć¦é ćć¾ć yasumi sasete itadakimasu, letteralmente: “riceviamo umilmente il vostro lasciarci/permetterci di (chiudere l’attivitĆ )”.
C’ĆØ anche la possibilitĆ che sia seguito da ę„ hi (in questo caso letto “bi”), per indicare un “giorno” (di chiusura).Nello specifico, perĆ², il “giorno di chiusura settimanale” ĆØ di norma indicato con l’espressione å®ä¼ę„ teikyuubi, cioĆØ, prendendo il significato di un kanji alla volta: giorno ę„ di riposo ä¼ prestabilito å®.
L’espressione in questione (ä¼ę„ę„ o å®ä¼ę„) puĆ² variare leggermente. Per esempio un museo puĆ² esporre ä¼é¤Øę„ kyuukanbi, dove si usa il kanji di “kan”, di åē©é¤Ø hakubutsukan (museo, appunto). L’uso di questo “kan” non ĆØ limitato ai musei (mi farĆ² venire in mente un esempio, ma basti considerare che se ha é¤Ø nel nome, puĆ² usare ä¼é¤Øę„, banale, no?).
Un negozio poi puĆ² riportare åŗä¼ę„ tenkyuubi. Sempre per un giorno di chiusura ordinario. Quel che trovo interessante di quest’espressione perĆ² ĆØ che si guarda ai kanji, si nota che i primi due sono invertiti, da un punto di vista semantico, nel passare daĀ ä¼é¤Øę„ a åŗä¼ę„.
Molti negozi in Giappone sono 幓äøē”ä¼ nenchuumukyuu, cioĆØ non chiudono tutto l’anno. Gli altri quando fanno vacanzać(e quindi non un giorno di chiusura ordinario, settimanale), riportano il motivo in qualche modo, di solito.
Alcuni esempi (il primo ĆØ quello dell’immagine sopra, dove oshirase significa “avviso”):
- 幓ę«å¹“å§ä¼ę„ nenmatsu nenshi kyuugyou, letteralmente “chiusura di fine anno e inizio anno” (insomma per le vacanze di capodanno)
- å¤å£ä¼ę„ kakikyuugyou, vacanze estive
- ćēä¼ę„(ę„) obonkyuugyou(bi) per la chiusura, in estate, per Obon (festa molto importante in Giappone)
…e cosƬ via.
Dopo queste espressioni, non solo kyuugyou, ma anche, ad esempio, tenkyuubi e anche il solo (o)yasumi, (ć)ä¼ćæ si possono usare… ma non teikyuubi, che ĆØ una chiusura “prestabilita”, “ordinaria”, cioĆØ quella settimanale o comunque “programmata” (alcuni negozi espongono di mese in mese in che giorni prevedono di risposare).
Per contro, invece, le chiusure straordinarie, per qualcosa di imprevisto, riportano in genere čØęä¼ę„ rinjikyuugyou (spesso seguito da itashimasu, il verbo “fare”).
Nell’immagine sopra si spiega che la zuppa non era pronta, ma altre espressioni piĆ¹ comuni sono le seguenti:
- ę„ēØć®ćć kyuuyou no tame, a causa di un impegno improvviso
- é½åć«ćć tsugou ni yori, per via di (personali) circostanze
…seguite di solito da rinjikyuugyou itashimasu oppure da ä¼ćæććć¦é ćć¾ć yasumi sasete itadakimasu, letteralmente: “riceviamo umilmente il vostro lasciarci riposare”, ovvero sia “il negozio chiude”.
In particolare il secondo ĆØ, direi, il piĆ¹ probabile in caso di lutto, poichĆ© parlare direttamente di lutto ĆØ qualcosa da evitare, in Asia: ēøčµ·ćęŖć engi ga warui, porta sfortuna.
Le espressioni di chiusura, in genere straordinaria (o anche definitiva), sono spesso precedute da qualcosa tipo:
čŖ ć«ē³ćčس makoto ni moushiwake ććć¾ćć arimasen/ćććć¾ćć gozaimasen (siamo davvero mortificati). åęćŖćć Katte nagara “Per quanto arbitrario da parte nostra” (l’idea che trasmette ĆØ quella di una decisione arbitrariamente presa e quindi egoistica perchĆ© crea problemi al cliente)… e poi avrĆ² l’espressione per indicare il riposo o la chiusura.
Ah, posso “mescolare” un po’ gli elementi della frase. Questi due modi d’esprimersi sono davvero molto comuni:
- Makoto ni moushiwake arimasen. Katte nagara…
Siamo davvero mortificati. Per quanto arbitrario da parte nostra… - Moushiwake arimasen. Makoto ni katte nagara…
Siamo mortificati. Per quanto estremamente arbitrario da parte nostra…
A volte, poi, l’espressione sarĆ piĆ¹ complessa come quella dell’immagine poco piĆ¹ sopra: Per quanto davvero arbitrario da parte mia, poichĆ© mia moglie ĆØ fuggita, dal 17 gennaio al 20 circa andrĆ² a cercarla.
Prima di salutarvi non posso perĆ² non tradurvi l’immagine di apertura dell’articolo di oggi, dove vedete la scritta ćć¬ć¼ćäø (unubore-chuu). Unubore significa egocentrico, con un alta opinione di sĆ©, mentre chuu, come detto, significa che un qualcosa, una qualche “attivitĆ ” ĆØ in corso. Insomma, una cosa tipo “Me la sto menando”, ma meno volgare^^;;
Fatemi sapere se l’articolo vi ĆØ piaciuto, se ne vorreste altri del genere, se avete idee in proposito… e insomma, tutto quel che vi pare. A presto.
Carino, a volte sono proprio le cose piĆ¹ semplici quelle molto interessanti, andare in un posto dove sai poco della lingua senza anche queste basilari cognizioni ti potrebbe dare parecchi problemi(la prima volta che sono andato a bolzano ho scoperto a mie spese che i negozi chiudevano alle 18.30, quella sera ho cenato con una scatola di fagioli e bevuto acqua da una fontanella!!).
Grazie kaze!
Dove fa freddo i negozi chiudono abbastanza presto. In Olanda, da mio fratello, in inverno chiudono perfino alle 17:30! Roba che ci si stenta a credere, no?
Ma d’altra parte nel Sud-Italia la pausa pranzo, in estate perlomeno, dura fino alle 16:30, perchĆ© prima, viceversa, fa troppo caldo.
Chiaramente non avevo problemi giganti di lingua ma le scritte erano quasi tutte in tedesco….
…tedesco.
Quando qualcuno vicino a me si schiarisce la gola o sgracchia o scatarra, eventualmente prima di sputare, per un lungo attimo penso sempre di aver sentito parlare tedesco. D’altronde ĆØ facile confondersi.
Bellissimo! Mi sono un po’ persa tra tutte le possibili varianti, ma amo questo genere di post ^_^
Mi ha fatta sorridere soprattutto il penultimo (il tizio che ĆØ andato a cercare la moglie!) e l’ultimo… X”’D
Hanno spiazzato (e fatto ridere) molto anche me ^__^
Articolo interessantissimo, grande!
Divertente e interessante. Grazie.
Domandina (da principiante quale sono): nella scritta di quello che va a cercare la moglie mi pare che 20 sia scritto ć0, ĆØ normale mischiare cosƬ i kanji e i numeri arabi?
Prezzi, ore, giorni, anni, a volte, in base al contesto, sono scritti senza indicare i kanji delle migliaia, centinaia e decine. Lo zero ĆØ indicato da un cerchio perĆ², insomma una o e non 0.
Nel caso dei prezzi restano i kanji delle decine di migliaia, centinaia di milioni… (Ogni 4 cifre). Salvo perĆ² i prezzi di “negozi tipici”, che giocano sulla loro atmosfera (es. per dire 1500 non scrivo åäŗē¾å ma äøäŗāāå), non uso i kanji dei numeri.
Es. 4.9äøå oppure 1.89äøå per dire 49000 e 18900 rispettivamente.