La volontà espressa con ~たい -tai

“Volontà” è un termine abbastanza generico. In fondo il presente, usato come futuro (sia in giapponese che in italiano), esprime la nostra volontà (es. Domani vado in banca). La forma in “… tsumori desu”, esprime intenzione …e quindi la nostra volontà di fare qualcosa. La forma in -mashou idem. Se poi invece di dire “volontà” parliamo di “desiderio” (in fondo la volontà di fare qualcosa e il desiderio di fare qualcosa non sono concetti così diversi), allora possiamo coinvolgere anche le frasi con hoshii, viste l’ultima volta.

Per praticità, anche se per certi versi sono concetti lontani, si studiano spesso in sequenza quest’ultima forma e la forma in -tai. Il motivo è semplice: si possono “sintetizzare” così…

  • Quando desidero una cosa uso hoshii
  • Quando desidero fare qualcosa uso la forma in -tai (base in -masu + -tai)

Detta così è semplicissima (ma non è tanto più complicata). Scendiamo nei dettagli…

意味: La forma in -tai si ottiene dalla base in -masu dei verbi (cioè la forma in -masu senza il -masu) e crea una specie di aggettivo (infatti -tai finisce in -i).

La persona che vuole fare qualcosa è il tema della frase. Come nel caso di hoshii, di norma il tema è sempre il parlante, cioè “io”. Nelle frasi interrogative può essere messo a tema il “tu” (attenzione, bisogna essere in confidenza con l’ascoltatore per parlargli così). La terza persona non può essere messa a tema, come nel caso di hoshii, a meno di complicare l’espressione in questione aggiungendo qualcosa (tipo “sembra che…” o “ho sentito che…” o “mi ha detto che…”). Altre eccezioni sulla terza persona si trovano nelle note, mentre queste “espressioni complicate” non sono un argomento che ci riguarda per il momento.

Se il verbo messo alla forma in -tai è un verbo transitivo (es. nomu, bere) e vogliamo indicare il complemento oggetto (es. voglio bere il tè), allora quello che in italiano è complemento oggetto diventa soggetto della frase e prende la particella が ga*.

In fondo noi da un verbo possiamo ricavare un aggettivo che significa che una certa azione si può fare (p.e. bere → bevibile, mangiare → mangiabile, fare → fattibile, ecc). In giapponese la situazione non cambia molto, solo che l’aggettivo non indica che qualcosa si può fare, ma che si vuole fare.

* O almeno è quello che dicono molti testi! Questo è l’unico punto in cui hoshii e -tai non si assomigliano nell’uso: a differenza di quanto succede per hoshii, con i verbi transitivi in -tai anche la particella wo è permessa e in certi casi è addirittura necessaria! (Questo fatto però non riguarda molto il JLPT, quindi l’ho inserito nell’articolo Le particelle da usare con la forma in -tai).

例文:

  1. 日本に行きたい!
    nihon ni ikitai!
    Voglio andare in Giappone.
  2. ビールが飲みたい。
    biiru ga nomitai.
    Voglio bere una birra.
  3. ビールは飲みたくない。
    biiru wa nomitakunai.
    (lett.) La birra non voglio berla./(lib.) Una birra? Non mi va.
  4. 彼氏はけっこんしたかった。
    kareshi wa kekkon shitakatta.
    Il mio ragazzo voleva sposarsi.
  5. 何が飲みたい?
    nani ga nomitai?
    Che cosa vuoi bere?
  6. 日本に行きたいですか。
    nihon ni ikitai desu ka.
    Vuoi andare in Giappone?
  7. 日本、行きたいですね~
    nihon, ikitai desu ne.
    Giappone… sarebbe bello andarci, eh?

注意:

  • Dato che il soggetto alla fin fine è sempre il parlante di norma il tema non è presente! Anche nell’immagine vista nel post precedente, su hoshii, ultima riga (da destra!), troviamo l’assenza di tema nel discorso diretto del bambino: hoshi ga toritai!, “Voglio prendere le stelle!”.
  • Nella frase 1 è presente un verbo intransitivo, iku, andare, quindi non c’è problema, ma nella frase 2 è presente un verbo transitivo e quindi passiamo da “biiru WO nomu” (bere la birra) a “biiru GA nomitai” (voglio bere una birra).
  • Nelle frasi negative se voglio parlare di me o creare un contrasto tra me e qualcun altro, la cosa non voluta avrà il ga, ma può ovviamente essere messa a tema (p.e. nel caso della frase 3, se stavo già parlando di birra, è ovvio che biiru sarà seguita da wa) o in contrasto con qualcos’altro (quindi posso avere “(boku wa) biiru wa nomitakunai” e magari esplicitare un contrasto: “biiru wa nomitakunai kedo juusu wa nomitai”).
  • Il tema salta di nuovo fuori, necessariamente, quando il soggetto è una terza persona. Ma come, ci hai detto che non è possibile avere a tema qualcuno che non sia il parlante! – direte voi. Vero, ma il tema salta davvero fuori in due casi, quello complesso a cui accennavo più su e in un’altra situazione. Esiste infatti un caso in cui posso usare la frase, per niente complessa, Aは(Bが) V~たい, A wa (B ga) V-tai, senza aggiungere proprio nulla, per descrivere cosa un’altra persona desidera. È il caso dello scrittore, o perlomeno del narratore… insomma, la voce che parla quando leggiamo una storia. Se io sono lo scrittore (o il narratore) di una storia, infatti, so tutto del mondo che sto creando, so esattamente quali sono i sentimenti e le sensazioni dei personaggi e posso permettermi di dire cosa un personaggio desidera perché sono io che l’ho deciso. È il caso dell’immagine di inizio articolo su hoshii, la seconda riga (da destra).
  • Il passato (frase 4) è un caso a parte, perché di un evento passato posso sapere esattamente come stavano le cose. Non si tratta di guardare una persona e interpretare cosa pensa al momento, può essere che mi sia stato detto o sia diventato evidente nel tempo.
  • Nelle domande (frasi 5-6) la forma in -tai può essere riferita anche alla 2a persona (Vuoi…? Volete…?), ma è necessario che chi parla e chi ascolta siano in confidenza, altrimenti quest’espressione risulta scortese. Il modo normale di chiedere a qualcuno se vuole qualcosa è Aはどうですか/いかがですか。 A wa dou desu ka/ikaga desu ka, con “ikaga” versione più cortese di “dou”.
    Dunque se il contesto è cortese non diremo
    お茶は飲みたいですか。ocha wa nomitai desu ka
    Vuoi bere del tè?
    ma piuttosto
    お茶はいかがですか。ocha wa ikaga desu ka
    Le andrebbe del tè?
  • La frase 7 è forse un argomento un po’ difficile per il nostro livello attuale, ma ci permette di tornare sulla vera natura di questa forma in -tai. Il problema con la frase 7 è che è di difficile traduzione (almeno letteralmente) perché non è chiaro chi sia il soggetto in italiano, “io” o “tu”. Ma questo solo perché in Giapponese “ikitai” resta un aggettivo che descrive un qualcosa (il Giappone, nella frase 7), non un’azione che deve per forza avere un soggetto. Praticamente si tratta di una mia sensazione e chiedo all’altra persona se anche lui pensa lo stesso… Come se dicessi “Riguardo al Giappone, l’andarci è desiderabile, no?”. Messa giù così, con una traduzione quasi letterale, è chiaro perché non possiamo dire né “io voglio andare” né “tu vuoi andare(?)”: non c’è nessuno che dice di voler compiere un’azione (o chiede all’altro se vuole compierla), si parla semplicemente del Giappone e lo si descrive con l’aggettivo* “ikitai”.

* Parlare di “ikitai” come aggettivo è un po’ insidioso, ma ci semplifica la vita e per ora lo facciamo. Proveremo ad approfondire nell’articolo con cui vedremo la differenza tra usare “ga” e “wo” con le forme in -tai.

Torna all’indice

2 thoughts on “N5 in sintesi – La forma in ~たい -tai

Fatti sentire!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.