Tra le prime parole che si imparano studiando una lingua, ci sono certamente i modi di dire “sì” e “no”… ma il giapponese non è una lingua qualsiasi ed è facilissimo perdersi tra un sì e un no, tra un sì che vuol dire no e un no che vuol dire sì… Oggi cercheremo di mettere ordine nel mare di confusione che circonda queste apparentemente semplici paroline.

Punto primo: avrete sentito dire che “sì” si dice “hai” e “no” si dice “iie”… bene, dimenticatevelo.

1. はい “hai” vuol dire davvero “sì”?

Be’, sì, vuol dire “sì”, ma, tanto per cominciare, non vuol dire solo questo.

“Hai!” detto con tono affermativo può essere usato per rispondere “(Sì,) eccomi” o “Arrivo!”. Si sente particolarmente spesso come risposta quando qualcuno viene chiamato per nome in un contesto formale (p.e. un insegnante vuole fare una domanda a qualcuno e lo chiama per nome, così quel qualcuno si alza per rispondere e dice innanzitutto “hai!” e poi risponde).

“Hai?/Hai?!”, con un tono interrogativo può essere usato nel senso di “Sì, che c’è?/Cosa?” quando veniamo chiamati, o anche nel senso di “Prego?/Prego?!”, quando non capiamo quel che ci viene detto o restiamo increduli davanti alla situazione. Suona un po’ come una versione formale di “Eeh?!” XD

Cosa ancora più importante, vuol dire “sì”, ma solo in contesti formali. Normalmente è poco usato. Non solo, è molto deciso, quindi anche in contesti cortesi non è usatissimo, perché è molto netto, forte, per l’appunto, e si preferiscono espressioni più “tenui”, soft, nel comune linguaggio parlato.

Il linguaggio non formale

Di norma il termine più adatto per dire “sì” è ええ “ee”, una specie di suono che equivale a una “e” un po’ strascicata e lasciato lì un po’ “in sospeso”, come se dopo avesse i puntini di sospensione, per capirci.

Il modo più colloquiale di dire “sì”, invece, è うん “un” che dovete pensare come un semplice suono fatto mentre annuite (c’è qualcosa di molto simile in italiano), un suono molto nasale, che nulla ha a che fare con il nostro articolo indeterminativo “un” (che è pronunciato in modo bello chiaro). Praticamente provate a annuire e provate di dire “un”… a bocca chiusa! Ecco, quello è il suono giusto.

2. いいえ “iie” vuol dire davvero “no”?

Sì, vuol dire davvero “no”, ma non solo (dejà vu?). Be’, il significato è lo stesso, ma si usa molto per dire “Di nulla” o “Non è niente” o semplicemente “prego”, quando qualcuno ci dice “grazie”… Perché il “dou itashimashite” che avete imparato sui libri, non è così comune come vi hanno fatto credere.

Specie se raddoppiato (いいえ、いいえ), può voler dire ancora “Di nulla”, ma può anche essere un modo per “reagire a un complimento”, o meglio, per “rifiutare un complimento”: schernirsi e dire che “no, non è vero”, è l’unica reazione accettabile, anche quando vorreste accettare quel complimento, anche quando pensate sia vero e ve lo meritate, anche quando vorreste che l’altra persona andasse avanti a farvi complimenti.

In questi casi è a volte seguito o sostituito dall’espressione そんなことないよ sonna koto nai yo, lett. “una cosa del genere non esiste” (o in versione cortese そんなことないですよ sonna koto nai desu yo o, più di rado, そんなことありませんよ sonna koto arimasen yo), proprio come nell’immagine di inizio articolo, dove è un po’ come se la ragazza dicesse “Ma no, dai!” (anche se vuole altri complimenti, come si dice tra parentesi).

La stessa espressione si usa per negare un commento negativo che qualcuno fa su sé stesso…

Errori comuni della lingua giapponese Tra il sì e il no c'è di mezzo il boh sì e no in giapponese (3)

Come “hai”, anche iie è formale e molto deciso. Nel caso di “iie”, però, poiché è per l’appunto molto deciso, è difficile trovarlo in contesti cortesi, in quanto al tempo stesso negativo …e negare qualcosa in modo deciso, in contesti cortesi, non è esattamente comune in Giappone. Di solito ci vogliono dei giri di parole. Quello visto sopra è uno di questi “giri di parole”. Quando si vuole negare l’opinione di qualcuno potremmo assistere a una surreale conversazione di questo tipo (traduzione letterale):

A-san: “Non pensi che le cose stiano così?”
B-san: “Sì, riguardo a questo, le cose potrebbero essere un po’ diverse, forse, eh…” (ee, sore wa, maa, sukoshi chigau kamoshiremasen ne).

Il succo di quest’espressione è “ee, chigaimasu”, cioè “sì, non è così” (/le cose stanno in modo diverso; lett.: “sì, è diverso”). Che a mio parere è qualcosa di fantasticamente giapponese.

E tenete presente che questo è ancora un “no”, formalmente. Poi ci sono le vette dell’espressione nipponica, come il facilissimo “chotto kangaesasete kudasai” (per favore lasciamici pensare un po’), che in effetti è un chiaro “no”, o l’ormai famoso (“famoso” nell’ambiente della traduzione) 善処します “zensho shimasu” (gestirò la cosa con cura/gestire al meglio la situazione/farò tutto il possibile) usato come risposta a Nixon da parte di un premier giapponese… a significare un chiaro “no”. Non è inconcepibile che l’interprete di Nixon non l’abbia capito. Non l’avrei mai immaginato nemmeno io se non avessi letto di questo errore.

いいです ii desu

L’esempio più eclatante di espressione positiva usata per dire di no è però certamente “ii desu”, che avrete forse anche sentito citare altrove come qualcosa di strano e tipicamente giapponese… incomprensibile per noi.

In realtà “ii desu” (“ii” = “positivo”, a seconda del contesto traducibile con “buono”, “bello”, “bravo” ecc.) è semplicissimo ed esiste anche in inglese (I’m fine) e in italiano (Sono a posto così). Bisogna semplicemente tener presente che l’elemento con il wa del tema subito prima, se c’è, può essere tema o contrasto, ma comunque l’idea di una risposta negativa data con “ii desu” è quella di “Io, su/per questa cosa, sono a posto così” (spesso è un modo di rifiutare qualcosa infatti).

(watashi wa) xxx ga ii desu = (per quanto riguarda me/io) voglio la cosa xxx (lett.: (per me) va bene la cosa xxx)
(watashi wa) xxx wa ii desu = (per quanto riguarda me/io) perlomeno su/per la cosa xxx, sono a posto così
xxx wa ii desu ne = Per quanto riguarda la cosa xxx, (la cosa xxx) non è niente male, no?

Come si vede la differenza con la terza espressione è netta: il tema è la cosa, non la persona. Certo, in italiano è tutto più facile perché è il soggetto che è diverso, ma il principio è lo stesso (NB potete riconoscere le frasi dell’ultimo tipo perché dando una proprio opinione, di solito, includono il “ne”, mentre un rifiuto non lo include di solito).

Il linguaggio colloquiale

Nel linguaggio colloquiale invece iie può essere sostituito dalla sua versione con la “i” breve, specie se doppio (いえいえ) o modificarsi in modo più radicale e divenire いや iya (è vero, esiste già un altro いや, cioè 嫌, ma questo è sostituito spesso da un semplice や ya nel linguaggio colloquiale… curiosamente significa ancora “no!”, nel senso di un rifiuto: “no, non voglio!”).

Il corrispettivo dell’ うん un, affermativo, è il termine ううん uun, dove, attenzione, la doppia “u” non indica una “u lunga”. Si tratta anche qui più di un suono (molto nasale) che di una parola e anche in questo caso lo usiamo anche in italiano in modo quasi identico, solo che di norma non lo scriviamo mai. Immaginate di scuotere la testa per dire “no” e di usare solo il suono, prolungato, di una M o una N, pronunciato anche stavolta a bocca chiusa. Ecco, quello è più o meno il suono giusto.

3. L’inversione di sì e no e l’incubo delle domande negative

Quando in giapponese troviamo una domanda negativa, rischiamo di sbagliare nel rispondere perché il giapponese si distacca abbastanza dal nostro modo di esprimerci. In italiano…

“Non ti piace?”
“No” …che in italiano vorrà dire “No, non mi piace”, siete d’accordo?

In giapponese però…

好きじゃないですか。 sukijanai desu ka.
“Non ti piace?”
いいえ。 iie.
“No” …ma questo “no” in giapponese significa “Mi piace”!!!

Insomma, poiché in giapponese le doppie negazioni affermano (cosa che logicamente ha molto senso), rispondere negativamente (No) a una domanda negativa (Non ti piace?), dà un parere positivo (Mi piace).

Detto più semplicemente, ogni volta che trovate いいえ iie (o un termine colloquiale equivalente) in risposta a una domanda negativa, pensate che significa “Ti sbagli”. Se invece incontrate はい (o un termine equivalente), ricordatevi che significa “Esatto”.

好きじゃないですか。 sukijanai desu ka.
“Non ti piace?”
いいえ iieはい hai
Ti sbagli, (mi piace)”Esatto, (non mi piace)”

I testi, sempre che ne parlino, probabilmente vi diranno che non potete confondervi perché a seguire trovate la ripetizione dell’aggettivo (in questo caso): suki desu, dopo iie, e suki janai desu, dopo hai… ma è inutile dire che non è vero e spesso la ripetizione viene evitata:

好きじゃないですか。 sukijanai desu ka.
“Non ti piace?”
ええ、まあ ee, maa
Be’, sì, esatto… (non mi piace)”

10 thoughts on “Errori comuni (2) – Tra il sì e il no c’è di mezzo il boh!

  1. In realtà anche in italiano la doppia negazione DOVREBBE affermare.
    Dico dovrebbe perché ovviamente hai ragione te, le lingue mutano in continuazione e ormai anch’io alla domanda: “Ma non t’è piaciuto il film?” risponderei di no!

    Però in alcune cose secondo me resta, sarà colpa dell’età (nel senso che magari qualcuno nemmeno l’avrebbe notato) ma giorni fa ho corretto su lang-8 la frase: “Se non penso all’amore ogni giorno, allora non sono niente.”, spiegando che “non sono niente” essendo simile ad una doppia negazione è come dire che si è qualcosa quindi meglio dire “…allora sono niente.”
    Comunque quindi il giapponese tiene ancora ben viva la doppia negazione! ^_^

    Riguardo al “gioco di parole” invece intendi dire che è molto più comunque di quanto sia in italiano?
    Perché anche quello in rari casi (per non voler ferire l’altro perché assolutamente sicuro o situazioni simili) te ne esci con “Beh sì non è proprio così…”!!!

    Grazie! ^_^

    1. L’italiano non ha regole rigide sulla doppia negazione. Non scorretto vuol dire corretto, non posso dire che non abbia provato significa posso dire che ci ha provato… ma per contro sono molti gli esempi in cui la doppia negazione non nega. Come non sono niente, che in realtà va bene (anche se ci sta dire “sono niente”, anche se suona un po’ datato). Se preferisci, c’è “non sento niente” per il quale non diresti mai “sento niente”.

      Per quanto riguarda il giro di parole (perifrasi), non ho ben capito la tua domanda…

  2. Mi capita ancora, seppur raramente, di usare il “no, no, che dici certo che va bene!” potremmo considerarlo come un caso di doppia negazione per dire si? In italia(o forse solo a Roma)c’è poi quello che inizia il discorso con il no(a prescindere da quello che deve dire), “no, ecco, sono sicuro che tutto si sistemerà…” poi abbiamo le classiche negazioni invertite create dalla classe politica: in tutti i referendum devi dire Sì per dire No, e No per dire Sì, vuoi mettere con il Giapponese?
    grazie per i chiarimenti Kaze, ciao.

  3. Mi chiedi se non posso negare che non intendo smentire che non mi è dispiaciuto questo articolo? Non direi il falso se negassi che non è vero che non voglio dire il contrario.
    O no?……

  4. Gran bell’articolo.

    E cosa ne dici di “Sumimasen…chotto…”?
    L’ho letto in un dialogo, usato per dire qualcosa tipo “non posso”.

    1. Significa
      “Mi spiace (questa cosa) è un po’ (un problema)”
      …diciamo così.
      Insomma, “sumimasen” è “mi spiace” e “chotto” è “un po’”, la frase è lasciata in sospeso perché chi ascolta capisce dove si sta andando a parare.

      1. Si sì, infatti l’interlocutore lasciava intendere che aveva già un impegno e quindi si dispiaceva di dover rifiutare l’invito.
        Grazie per la risposta!

Fatti sentire!

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