pillole di giapponese 4

Ancora benvenuti al corso Pillole di Giapponese: la lingua giapponese a piccole dosi! (⌒▽⌒)

Oggi cerchiamo di capire qualcosa di più sui kanji: da dove vengono, cosa sono, come si usano, come si leggono… Insomma, abbiamo molte cose nel piatto, quindi la lezione sarà appena un po’ più lunga del solito, ma tranquilli perché è un’eccezione 😉

I kanji hanno un significato (p.e. l’idea di “andare” o di “amore”), ma questo non vuol dire che un kanji sia da solo anche una parola: “kanji” e “parola” sono concetti diversi. Ci sono kanji che possono essere usati da soli per formare una parola, ma non tutti: un kanji rappresenta innanzitutto “un’idea di fondo”. A volte quest’idea da sola è sufficiente a formare una parola, a volte è accompagnata da un po’ di hiragana o da altri kanji per formare parole un po’ diverse o concetti più complessi! È un po’ come la radice, la parte iniziale che certe parole italiane condividono perché l’idea alla base è la stessa. P.e. nelle parole qui sotto, l’idea di fondo è sempre l’amore, no? Ecco perché iniziano tutte per “am-“!

  • amore → 愛 ai
  • amare →する aisuru
  • amabile (carino/a, adorabile) →らしい airashii
  • amato/a (adorato/a) → しい itoshii
  • amante → aijin

Ehi, aspetta un attimo – direte voi – ho visto lo stesso kanji… con due pronunce diverse!

Vero. I kanji possono avere più di una pronuncia! Com’è possibile?

Dovete sapere che i kanji sono stati importati in Giappone dalla Cina! I giapponesi capirono che la scrittura era un’utile invenzione e così, i nobili, all’inizio provarono a imparare il cinese. Purtroppo però i giapponesi non sono mai stati bravissimi con le lingue straniere, quindi, ad esempio, il kanji 人, persona, che in cinese suona come una via di mezzo tra “ren” e “jen” oggigiorno in Giappone si legge “jin”. Un po’ come se noi prendessimo dall’inglese la parola “thank you” e la leggessimo “denghiu”. Le pronunce nate così sono dette pronunce di origine cinese (per comodità le chiameremo “ON”) e si trovano perlopiù nelle parole composte da più kanji, come 愛人 aijin, amante.

Ci sono però anche delle pronunce di origine giapponese (che chiameremo “kun”), che sono nate perché i giapponesi avevano già una loro parola per indicare una persona, ovviamente. Così a un certo punto, cercando di adattare la scrittura cinese al giapponese parlato qualcuno ha appiccicato la pronuncia “hito” (la parola giapponese per “persona”) al kanji 人 arrivato dalla Cina. E voilà, ecco una seconda pronuncia per lo stesso kanji. Le pronunce kun si usano perlopiù quando si forma una parola con un solo kanji (è il caso di 人 che può formare una parola da solo soltanto se letto “hito”) o con un kanji e dell’hiragana (愛しい itoshii).

(⌒▽⌒#).。.:*♡

Per chi non è ancora convinto…

Certo però che è proprio strano che 愛らしい si legga airashii e 愛しい si legga itoshii…

Siamo sicuri? Come detto il kanji, 愛, è solo “un’idea di fondo”, non un carattere come “A” letto sempre allo stesso modo. Il fatto che una stessa idea sia letta in modi diversi è qualcosa che succede anche in italiano! Cavallo, cavaliere, cavalcare… hanno una radice comune (caval- da caballum, cavallo), ma esistono anche equino ed equitazione (con in comune la radice equi- da equinus, cavallo). Vale lo stesso per parole come acquatico e idrico… Il concetto alla base è lo stesso (cavallo, acqua…) ma è diversa la pronuncia: proprio come in giapponese!


Se l’argomento vi interessa e volete approfondire, potete continuare a leggere qui un’introduzione alla lingua giapponese, le pronunce ON e kun e la nascita della scrittura giapponese.

Gli articoli di questa rubrica sono raccolti nella pagina Pillole di Giapponese.

20 thoughts on “Pillole di Giapponese 04 – I kanji e le loro pronunce

  1. Bell’articolo! Imparare le pronunce on e kun è la parte più difficile del giapponese per me >.<
    Comunque, questo a poco a che fare con i kanji, ma qual è la differenza tra aishiteru, daisuki e suki? I giapponesi distinguono tra “volere bene” e “amare”?

    1. In breve sì, distinguono. Il primo è amare, i successivi significano voler bene (dai = molto).
      Continua a seguire il sito perché fra non molto usciranno ben due articoli sul tema 😁

  2. Mi aggancio a questo articolo per un dubbio di pronuncia.
    Tutti (ma tutti tutti tutti) i praticanti di judo che conosco indossano il 柔道着 (il “vestito” da judo) e lo pronunciano judoJI, cioè con la G dolce, mentre tutti i dizionari che ho consultato riportano judoGI (con la G dura).
    Stesso discorso nel karate per il “karategi”. Su questo ho preso anche una discussione (pacifica…) con un maestro di karate che giura di aver sempre sentito dire karateJI.
    Esiste per caso una pronuncia irregolare usata solo in ambiente di arti marziali?
    Già che ci siamo continuo con il karate. All’inizio il maestro ordina il saluto con REI, e lo pronuncia proprio REI invece di REE come insegnano le sacre regole. Finché è un Bruslì toscano vabbè, ma giuro di aver sentito un sensei giapponese doc dire Rèi…. o era una piccola I finale residua che può anche starci?
    Grazie

    1. Siccome si scrive juudoogi pronunciano con la g dolce, ma si sbagliano.
      Mizugi, costume da bagno, ha la g dura.
      Atsugi e usugi, vestiti pesanti e leggeri, g dura.
      Shitagi e uwagi, biancheria e giacca, g dura… E così via.

      Il mondo delle arti marziali è tra quelli che raccoglie più errori, perché i termini sono tanti e il giapponese non lo sa nessuno.
      Addirittura il nome dell’arte marziale nota come jujitsu è sbagliato… È juujutsu. La prima u di jutsu è breve e poco sonora, così come a volte accade risulta confondibile con una “i”.

      Discorso diverso per rei. Questo sta anche alla pronuncia delle persone… Tutta una serie di fattori entrano in gioco e la i può essere più o meno udibile. Anche perché le nostre regole sono tutte molto tranchant , nette e precise, ma la realtà non lo è mai… O kutsu, scarpe, andrebbe letto kts!

      1. Grazie mille, tutto chiaro, ora quando rivedo il maestro di karate col suo “sai un tubo te, io è trent’anni che faccio arti marziali” gliela faccio vedere io (sempre educatamente però, non si sa mai… 🙂 ).
        Potrebbe essere un argomento per un articolo, “gli errori degli italiani”, comprendendo i vari fujiyama che diventa “il signor fuji” (sentito in un film), oppure sayonàààra, sensèii e via e via chissà quanti ce ne sono!

  3. Ciao kaze. Solo una delucidazione riguardo la parte conclusiva dell’articolo.
    Quindi in questo caso il fatto che nella parola 愛らしい , il kanji [愛] si pronunci “ai” rappresenta un’eccezione? (essendo “ai” la pronuncia On, a dispetto del kanji seguito dall’hiragana). Grazie in anticipo 🙂 E’ sempre un piacere seguire i tuoi post!

    1. Mi correggo: più che un’eccezione, intendevo dire che si pronuncia in maniera diversa per una questione di “identità” della parola, e dunque non rientra nella distinzione kun/on?

    2. Anche se “di rado”, capita di trovare “pronuncia ON + hiragana”!

      Perlopiù si tratta di verbi: 信じる shin.jiru, 通じる tsuu.jiru, 生じる shou.jiru…

      E in fondo anche verbi in suru come 愛する aisuru possono essere considerati, anzi, vanno considerati una parola unica. Idem per 勉強する benkyou-suru e tutti gli altri… A meno che tu abbia la particella di mezzo (勉強する), se non c’è particella, vederla come una parola unica è l’unica scelta logica …Anche se è vero che si potrebbe obiettare:
      – non compare sul vocabolario, vi trovo solo benkyou
      – non viene spontaneo perché uno pensa 勉強 benkyou è una parola a sé, un sostantivo… gli ho solo legato il verbo fare, che c’è di male?
      Resta però che un sostantivo deve avere una particella per legarsi al verbo, se non ce l’ha, qual è il suo ruolo? Se la “wo” manca è perché è un tutt’uno con suru. Ad ogni modo, i verbi in suru sono una classe a parte, come sai, e quindi possiamo evitare di ragionarci su troppo.

      Resta valido quanto detto per verbi come shinjiru che sono semplici verbi ichidan.

      La pronuncia AI comunque resta una pronuncia on, nessun dubbio o problema o eccezione a riguardo.
      Solo che di solito sono le pronunce kun a cui facciamo seguire l’okurigana (itoshii), ma non sempre (airashii), tutto qui.

Fatti sentire!

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