Se le domande fossero vietate, già dal titolo dell’articolo di oggi saremmo nei guai. Ovviamente in giapponese le domande non sono vietate, ma il punto di domanda è una “invenzione” di noi occidentali. Come fanno i giapponesi per domandare, dunque? Evitano rispettosamente?

Scopritelo in questa nuova Pillola di Giapponese! (⌒▽⌒)

Oggi vediamo l’ultima delle particelle di fine frase, か ka. È una particella importantissima perché ci permette di esprimere le domande. Un po’ come il nostro punto di domanda, che esiste anche in giapponese, ma è un’aggiunta recente e “ufficialmente” non si usa (specie nel linguaggio letterario e cortese, mentre nei manga, ad esempio, lo vedrete spesso).

Per usare か ka e così creare una domanda è sufficiente aggiungerla a fine frase, dopo il verbo, e dare alla frase un tono interrogativo (diciamo “a salire”, che indicheremo anche così: ⇗). Vediamo come si chiede a qualcuno se sta bene o no (di solito dopo un po’ di tempo che non ci si vede).

Aさん:「お元気ですか。(⇗ = ?)」 A-san: “o-genki desu ka.” (NB desu ka si legge “des- ka”)
Signor A: “Sei in salute?” (più libera: Sta bene?/Tutto bene?)
Bさん:「はい、元気です。」 B-san: “hai, genki desu.”
Signor B: “Sì, sono in salute.” (più libera: Sì, tutto bene)

おいしいですか。oishii desu ka.
È buono? (NB oishii = “buono da mangiare”, delizioso)
おいしいです。とてもおいしいです。oishii desu. totemo oishii desu.
È buono. È davvero buonissimo.

Noterete una “o” prima di genki. È un prefisso onorifico (in questo caso) che ritroviamo spesso in riferimento ad altre persone nel linguaggio cortese (infatti scompare nella risposta perché B parla di sé stesso quando dice di stare bene).

Il linguaggio colloquiale

Nella forma non cortese, quella senza “desu”, a volte posso trovare il “da”. Mentre posso dire “desu ka” non posso mai dire “da ka”. Nelle domande in forma colloquiale, dove dovrei avere il verbo essere (dopo un sostantivo o dopo un aggettivo in na) semplicemente si aggiunge solo “ka” (senza “da”) o, per un tono più soft, non si mette niente (in questo caso nella forma scritta troviamo un punto di domanda)

元気? genki?
Tutto bene?
元気、元気! genki, genki!
Sì, sì tutto bene!

最近、どう?元気? Saikin, dou? genki?
Ultimamente come (va)? Stai bene?
うん、元気だよ。 genki da yo.
Sì, sto bene.

つめたいか。/つめたい?Tsumetai ka. / Tsumetai?
È freddo?
ううん、熱いよ。uun, atsui yo.
No, è caldo.

Piccola nota: non è che non si trovi mai una domanda con “…da?” o non sia possibile incontrare insieme “da ka”, ma si tratta di casi particolari e non è il caso di trattarli adesso.

Anche per oggi ci fermiamo qui. Spero sia tutto chiaro, nel caso fatemi sapere nei commenti!

Gli articoli di questa rubrica sono raccolti nella pagina Pillole di Giapponese.

7 thoughts on “Pillole di Giapponese 14 – Le particelle di fine frase (3): Le domande sono vietate?

    1. Sì, è decisamente un errore!

      Intanto non serve il desu (che è, in sostanza, il verbo essere). Per es.:
      Maruko-san mo kimasu ka = Viene anche Maruko-san?

      Al tuo livello questo è quel che ti serve sapere davvero: **uso ka a fine frase, non per forza desu+ka.**

      Tuttavia la verità è che non serve nemmeno il ka(!) …specie nel linguaggio colloquiale:
      Maruko-san mo kita? = E’ venuta anche Maruko-san? (linguaggio colloquiale)

      …E poi a volte al posto di ka potrai trovare “no” o perfino “da”!
      Doko de katta no? = Dove (l’)hai comprato?
      Dare da?! = Chi è?!

      …ma qui siamo davvero un passo altro. Il primo o primo e secondo punto sono sufficienti.

    2. Ciao, ho comprato il libro “imparare il giapponese per davvero” e avrei una domanda su questo argomento: come si struttura la frase in forma piana con verbi diversi da essere? Per il verbo essere si toglie だ e non si aggiunge か, modificando il tono della voce, ma negli altri casi? Si mantiene la struttura della forma affermativa cambiando solo il tono di voce o ci sono altri accorgimenti?
      Grazie in anticipo e complimenti per i libri

      1. Ciao! 😁
        Di norma è come dici, anche se scoprirai guardando per esempio anime che certe domande in tono brusco possono avere だ alla fine o か, a seconda del tipo di domanda… come ho accennato nella grammatica.
        Nel caso dei verbi, come vedrai, il だ è fuori discussione, quindi vale solo il discorso fatto per か… che si evita, ma potresti trovare in domande dal tono brusco (o semplicemente fatte da un uomo di una certa età verso qualcuno di più giovane, ma comunque non è qualcosa che potrai mai usare, sappi solo che è possibile).
        In effetti nella forma piana dopo il verbo potresti trovare anche の alla fine di una domanda, ma questa è la forma piana di una struttura n4 che dà alla frase una certa sfumatura (e quindi in determinati casi sarà obbligatoria), essendo n4 però per ora non è il caso di pensarci.
        P.s. grazie per i complimenti! 😁

  1. Avrei una domanda che spero sia pertinente con l’argomento. Ho un dubbio riguardante la particella ka: nella seguente frase “きょしつに(…)いきますか” con la risposta “はい、ジョンさん が います” bisognava scegliere l’opzione giusta da inserire nelle parentesi e avevo pensato a だれが mentre invece la prof ha segnato come opzione corretta だれか, ma ci è sempre stato detto che la particella ka appunto è di fine frase, quindi volevo chiedere, come mai si mette “ka” e non “ga”?

    1. Ciao, mi spiace per il ritardo nella risposta: il tuo commento era finito nella coda di spam.

      La domanda dell’esercizio andrebbe benissimo come l’hai posta tu se la risposta *non* iniziasse con “hai”, ma siccome risponde “Sì, c’è John”
      significa che la domanda era “C’è qualcuno nell’aula?” (NB kyoUshitsu, presta attenzione agli allungamenti, sia nello scrivere che nel parlare, o letteralmente non ti capiranno, nonostante possa apparire ovvio) …o al limite “C’è John nell’aula?”.

      Il punto è, avrai capito, che “dareka” vuol dire “qualcuno”; come “nanika” vuol dire “qualcosa” e “dokoka” vuol dire “da qualche parte” …e via così con altri pronomi interrogativi seguiti da ka!
      È un uso di ka (un uso molto diverso dal ka interrogativo) che onestamente la tua prof avrebbe dovuto spiegare prima di buttarlo lì in un esercizio… che è come garantire che lo studente sbaglierà.

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