“Non sono portato per le lingue, non imparerò mai il giapponese!” …è una delle frasi che sento dire più spesso. Vi svelerò un segreto (di Pulcinella): non è vero. Punto. Come amo ripetere: imparare le lingue è facile, ci riescono anche i bambini (anche i più stupidi, detto per inciso). Certo, a buttarla lì così sono bravi tutti… scenderò nei dettagli. E se pensate che sia un “post motivazionale” o una ramanzina sull’impegno, vi sbagliate. C’è sicuramente chi ha difficoltà… non con le lingue, ma con l’apprendimento in sé, e anche di quello parleremo.

1. Imparare come i bambini: in fretta e senza sforzo…?

I bambini impiegano un’enorme quantità di tempo per imparare una lingua decentemente (e chi a 25 anni a ancora un di problemi)… dal nostro punto di vista senza fare grossi sforzi (come se 20 anni di ascolto passivo non fossero uno sforzo).

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Da adulti non potendo dedicare tutto quel tempo allo studio di una lingua usiamo tecniche e trucchi per apprendere più in fretta. Già vedo qualcuno di voi con gli occhi improvvisamente accesi e un filo di bava alla bocca… raffreddate i bollenti spiriti, ragazzi, i “trucchi” in questione sono tanti, tra grandi e piccoli, certo, ma non sono di quelli che vi promettono di imparare “il giapponese in un mese” (per vendervi un corso).

Il trucco principale per imparare velocemente una lingua si chiama grammatica. Esatto, quella che tutti vorremmo evitare perché è fatta di regole e le regole sono noiose. Solo che non sono regole, sono trucchi.

Ricordate i bambini che imparano la loro lingua in XX anni?

Ascoltano, parlano, si fanno correggere …e imparano (in 10-15-20 anni). Sì, vanno a scuola, scrivono temi, odiano la maestra, odiano la grammatica… fanno italiano a scuola, insomma, ma non è lì che lo imparano. L’italiano lo imparano fuori, lì imparano a ragionare, ad analizzare una frase, capire come si legano gli elementi… imparano ad usare meglio l’italiano, imparano a scrivere meglio, ad apprezzare la letteratura, ma non imparano a parlarlo a scuola, non imparano a costruire ogni frase a scuola.

2. I trucchi per imparare più in fretta

Studiando una lingua straniera non abbiamo lo stesso ambiente e non abbiamo la scuola, ma abbiamo i mezzi che la nostra scuola ci ha dato per cercare di capire come funziona una lingua, i mezzi necessari per avvicinarci a una lingua straniera, prendere in mano una sua grammatica e sfruttare i trucchi che contiene.

“Non sono trucchi, sono regole… Stai provando a fregarmi, vero?” …dirà qualcuno di voi, qualcuno che mi piace immaginare così…

non sono portato per le lingue mi vuoi fregare 2

Ok, giusto per convincere lei, facciamo un esempio. Evitiamo le “regole” e proviamo a studiare tre frasi:

エレナさんは先生です。/この部屋は静かです。/えんぴつはここです。
Erena-san wa sensei desu./Kono heya wa shizuka desu./Enpitsu wa koko desu.
Elena è una maestra./Questa stanza è tranquilla./La matita è qui.

Immaginate di non sapere NULLA di giapponese. Come potete studiare queste frasi? Potete solo impararle a memoria perché in ogni frase nulla ha senso per voi. Se vi do abbastanza tempo e abbastanza frasi qualcuno si renderà conto che ci sono elementi comuni e paragonando le varie frasi capirà il ruolo di ciascun elemento …ma sarebbe molto più difficile se non ci fosse una frase con Erena-san che molto probabilmente significa Elena e ci fa indovinare che prima di wa abbiamo un soggetto(?).

E con la grammatica? Vi dico che esiste la struttura XXX wa YYY desu e che al posto di XXX si mette la persona/cosa che “è”. Mentre al posto di YYY si mette quel che è (maestra) o come è (silenziosa) o dove è (qui). (NB Quest’ultimo punto vale in determinati casi. Quali? Per capirlo bisogna imparare altri trucchi!)

È tutto più facile o no? Soprattutto perché una volta che vi ho detto questa regola e vi ho dato una lista di vocaboli potete subito costruire delle frasi da soli! Cioè SE imparate la grammatica potete “parlare in giapponese fin da subito”. Se vi fidate di chi vende fumo e dice l’opposto (vd. link), ovviamente non ce la farete.

Ora che abbiamo stabilito che la grammatica è utile (rassegniamoci), torniamo al titolo dell’articolo e parliamo di cosa vuol dire “non essere portati”. Cominciamo con l’essenziale.

3. Cosa vuol dire “non essere portati”?

Significa non essere capace di fare qualcosa (o perlomeno non riuscire a fare bene qualcosa). Dunque potremmo argomentare che se uno ha imparato l’italiano, può imparare anche altre lingue.

Quando però la maggior parte delle persone dice “Vorrei imparare la lingua X ma non sono portato per le lingue” in effetti intende “Vorrei sapere questa lingua, ma non la voglio studiare. Odio la grammatica e sono disposto a studiare solo una o due ore a settimana”.

I dont want to study

Se è questo il vostro problema nessuno vi può aiutare (anche se qualcuno dirà di sì per spillarvi soldi), perché non si rimpiazzano 20 anni di ascolto e studio di un qualunque madrelingua con uno o due ore a settimana portate avanti pensando “la grammatica non è importante” (ho spiegato in Non sai se e come imparare una lingua? che il nostro cervello ricorda più facilmente ciò che ritiene importante).

Ho una buona notizia però. Più o meno ci siamo passati tutti.

Nessuno vuole “studiare”. Basta usare qualche strumento di Google e si può scoprire che “imparare il giapponese” è decine e decine di volte più ricercato di “studiare giapponese”, così come “corso di giapponese” è molto più ricercato che non “lezioni di giapponese” …perché i termini “studiare” e “lezioni” ci danno l’allergia.

Non sono portato I dont want to study

Dunque mal comune mezzo gaudio. Il problema è che l’unica cura per questo male è un antico rimedio della nonna… una nonna inglese sicuramente perché il rimedio stesso è noto, in inglese, come suck it up. Vuoi diventare Jedi, ti devi allenare. Vuoi imparare il giapponese? Devi studiarlo. Tutti i giorni. Per qualche anno.

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4. Io ho studiato … ma non riesco a parlarlo!

Un altro caso di “non-sono-portato” è per fortuna curabile. Chi è affetto da questa sindrome è convinto che (per esempio) studiando l’inglese a scuola, finita la scuola uno dovrebbe sapere l’inglese. Ricordate cosa dicevo dell’italiano? Non è a scuola che lo avete imparato. Lì lo avete analizzato, capito, qualcuno vi ha spinto (obbligato) ad ampliare il vostro vocabolario, e, si spera, ha cercato di farvi apprezzare un po’ di letteratura, forse addirittura l’armonia che si può trovare in un discorso in buon italiano. Ma ripeto, non lo avete imparato a scuola. Allo stesso modo a scuola non avete imparato l’inglese, vi sono stati dati dei trucchi, hanno provato a spingervi ad usarlo un po’ per digerire quei trucchi, farli vostri senza doverci pensare ogni volta… cosa vi manca?

Quasi tutto! Non avete ascoltato (il CD del libro di testo non conta NULLA, ricordate i bambini e i loro 20 anni di ascolto!) e non avete parlato. Sì, avete parlato in classe, ma per utilizzare le costruzioni imparate… non avete imparato a conversare con qualcuno del più e del meno.

Quando fate esercizio di conversazione con qualcuno, modificate, letteralmente, il vostro cervello. All’inizio balbettate e stop. Poi nel vostro cervello si formano nuove connessioni e pian piano, pur non sapendo tante parole, il vostro discorso inizia a fluire, perché evitate o sostituite le parole che non sapete (quelle che prima provavate a tradurre dall’italiano e vi lasciavano a balbettare) …e ci riuscite grazie alle nuove connessioni di cui sopra, che vi rendono letteralmente più intelligenti di prima.

A questo punto penso di avervi provato che non serve essere geni per imparare una lingua (ci riesce qualunque bambino) e che, piccolo bonus, imparare una lingua rende più intelligenti (sputaci). Ma …e allora?

Allora, avete studiato seriamente a scuola l’inglese (bravi), ma non riuscite a parlarlo… non significa che non siete portati, è la norma! A questo punto…? Canzoni, serie TV, film… tutto quello che volete! Con i sottotitoli, prima in italiano, poi in inglese (e pazienza se vi perdete pezzi di frase, la scrittura si velocizzerà… altro simbolo di intelligenza, di nuovo, sputaci). Dopo 3-4-5 anni tornate a dirmi se siete portati o no… e iniziate a parlarlo, SE volete parlarlo (si vive bene anche senza), trovando compagni di conversazione via Skype (anche non madrelingua), l’importante è parlarlo TANTO. Se fate TUTTO ciò e ancora sentite di non essere bravi con l’inglese scrivetemi, vi do il mio indirizzo e potete venire a prendermi a schiaffi (tanto non succede).

5. I (veri) problemi di apprendimento

Dato che la sindrome da deficit dell’attenzione non esisteva quando i professori potevano dare bacchettate vedrò di concentrarmi sul problema della dislessia… che per qualche stupido motivo è ancora oggi vissuto come una vergogna, quando un’insegnante delle elementari avanza l’ipotesi, i genitori stupidamente scelgono di ignorare il problema, poiché “la sola idea che il loro bambino sia dislessico è un’offesa”, non un problema da risolvere, una situazione in cui è necessario aiutare il proprio bambino (purtroppo parlo di vita vera, dato che nella mia famiglia sono circondato da insegnanti e riportano tutti la stessa cosa).

La dislessia invece è un po’ come l’asma: una condizione con cui si deve convivere e che rende la vita molto simile all’iniziare un videogioco con la difficoltà impostata al massimo. Prima missione: respirare …pensavi fosse facile? Ennò, carissimo! Diventare medico (o attore) ti richiede anni e anni di studio e leggere tonnellate di libri? Prego, ma io ti muovo il libro mentre cerchi di leggerlo… Life is a bitch, come si suol dire.

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Allora, visto che la domanda “sono portato?” non ha senso, chiediamoci invece se abbiamo problemi di apprendimento. Alcuni possibili indizi: nel leggere si scambia il posto delle lettere, o si finisce di leggere una frase in fretta immaginandone la fine, invece di leggere cosa effettivamente c’è scritto; o ancora quando qualcuno ci parla non riusciamo a seguire quel che dice perché ci ha fatto venire in mente una cosa e dobbiamo dirla a tutti i costi (questo rimanda anche al problema del deficit dell’attenzione). Se sì, accantonate per ora il giapponese e dedicatevi a voi stessi: sentite uno specialista, perché si può fare molto… l’attrice Keira Knightley pur essendo dislessica è riuscita ad imparare tonnellate di copioni! Basta avere l’aiuto giusto.

Nel mio piccolo posso consigliarvi per l’apprendimento del giapponese… ho avuto alcuni studenti dislessici e ho notato che ciò che sembra aiutare maggiormente sono le lezioni audio… Perlomeno in 3 casi su 4 (ma il 4° caso è il meno tipico, e comunque non diagnosticato). Dunque, dopo aver parlato con uno specialista, se l’idea di imparare il giapponese ed andare in Giappone ancora vi provoca una fitta al cuore, provate con delle lezioni audio… che sono solo in inglese, per cui prima vi toccherà studiare l’inglese allo stesso modo(汗)va detto che però è obiettivamente più semplice per noi italiani e comunque vi darà un’idea della bontà del metodo. Inoltre considerate che nello studio delle lingue ogni nuova lingua risulta più facile da imparare della precedente, perché il nostro metodo si affina (e perché ogni nuova lingua ci rende più intelligenti! ^__^), quindi quando inizierete con il giapponese dopo aver imparato l’inglese, il giapponese vi sarà più facile che se provaste a iniziarlo domani! ^__^

Un grandissimo in bocca al lupo e… がんばってねヾ(。>﹏<。)ノ゙✧*。

NB I classici corsi solo audio sono quelli di Micheal Thomas, Pimsleur e Paul Noble.

7 thoughts on “Miti – “Non sono portato per le lingue!”

    1. In primavera uscirà un libro di kanji. Il libro successivo è un corso per l’N5 con eserciziario. L’ho già iniziato ma ho pensato avesse più senso far uscire prima il libro di kanji connesso.
      Questo corso procederà per punti grammaticali e quindi sarà 2 libri in 1, sia corso che grammatica! Spero possa uscire entro l’anno.

  1. Grazie!
    Finalmente qualcuno che si ricorda di noi dislessici!Purtroppo io ho avuto il problema contrario a scuola, mia madre si era accorta del mio deficit, sono anche disgrafica e discalcula, quindi diciamo che era anche, penso, più visibile di un caso di sola dislessia. Per chi non lo sapesse, dislessia è la difficoltà nel parlato e lettura, come spiegato dal nostro insegnante, mentre disgrafia è la difficoltà nella scrittura, si scrive male, si confondono lettere, si è incapaci di scrivere alcune lettere, benché si conoscano ecc e la discalculia è invece la difficoltà nel calcolo, anche quelli più semplici, oltre che del pensiero logico. Fatta questa premessa, purtroppo, devo dire che ho incontrato, fin ora, solo insegnanti che ignoravano il problema o addirittura mi prendevano in giro se chiedevo aiuto, cosa che non solo ha acutizzato il mio problema, ma ha reso lo studio per me una tortura. Quindi incontrare qualcuno, che oltretutto è anche insegnante nella vita vera, che presta attenzione a queste tematiche…mi riempie di speranza. Ti ringrazio quindi, come sempre d’altronde, per il tuo impegno.

    1. Grazie a te del commento! Mi spiace la tua esperienza sia stata così dura e tu abbia incontrato insegnanti così stupidi e poco qualificati (con la situazione che abbiamo probabilmente diventerà un problema sempre più comune).
      Se ti può far piacere ti dico che hai scritto un commento senza nemmeno un errore (grammatica, battitura, stile!) che ormai è una cosa che vedo davvero molto (MOLTO) di rado.

      Un in bocca al lupo per tutto

  2. Hai ragione, per esperienza personale ho visto che con le lingue straniere bisogna si studiare(spesso a memoria, esempio le nuove parole) e questo costa fatica, sempre. Ci si deve sforzare di vedere le stesse cose da un punto di vista diverso, vivo a Dublino, per fare un esempio anche la semplice azione di contare da uno a cinque sulle dita di una mano viene fatto in maniera diversa da italiani, irlandesi e giapponesi.

Fatti sentire!

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