Dopo l’intervista sul mondo degli hikikomori a RadioRai, sfociata poi in un libro, ho cambiato completamente argomento, con un’intervista (al momento in copertina) su corsedimoto.com, “l’inserto online” della Gazzetta dello Sport sulle dueruote da corsa.

Un giornalista della redazione di corsedimoto.com, parte del circuito della Gazzetta dello Sport, mi ha intervistato a proposito delle inedite scuse della casa giapponese Yamaha ai suo piloti, in seguito ad alcune esternazioni di un insoddisfatto Valentino Rossi.

Per chi volesse leggere l’intervista integrale, può trovarla qui:

MotoGP – Yamaha si scusa, sì, ma alla giapponese

A chi volesse poi uno sguardo più linguistico sul modo di scusarsi in giapponese, consiglio di leggere 5 modi di scusarsi – In giapponese è anche più difficile. Se poi vi interessa un approfondimento sulla natura dell’espressione di scuse più comune in giapponese, sumimasen, non perdetevi Sumimasen significa “mi dispiace” o…?

Riporto l’intervista per paura che come quella RAI, prima o poi venga tolta dal sito

Il gesto del project leader Kouji Tsuya significa esattamente il contrario di quello che hanno voluto farvi credere. Parola di esperto di cultura giapponese

17 agosto 2018 – 12:08

(Read this story in English) In Austria la conferenza stampa “improvvisata” dell’ingegnere Kouji Tsuya (nella foto), Project Leader Yamaha responsabile del progetto M1 in MotoGP, ha destato scalpore; il tecnico giapponese si è scusato pubblicamente, con un gesto dal forte valore simbolico. Per capire meglio il significato di un messaggio che suona come un’ammissione precisa di responsabilità, abbiamo intervistato Riccardo Gabarrini, studioso di cultura giapponese, traduttore e autore di testi didattici che aiutano chi voglia imparare la lingua del Paese del Sol Levante. Riccardo, assieme alla moglie Aki, è fondatore di studiaregiapponese.com, uno dei più qualificati siti italiani che si occupano di Giappone. Gabarrini ha analizzato il video relativo alle “scuse” Yamaha e ci ha fornito un’interessante interpretazione, che va oltre i soliti schemi. Scopriamo così che l’incontro con i giornalisti forse è stato voluto e preparato ai piani alti, per smorzare i toni della crescente polemica.

Riccardo, hai analizzato il video in cui l’Ing. Tsuya si “scusa”. Non è frequente, perlomeno nel motomondiale, vedere una simile iniziativa. Che idea ti sei fatto?

«Beh, guarda, forse in un contesto come quello delle competizioni, dove ci sono esigenze diverse, può risultare più complicato, ma in Giappone la pratica di “scusarsi” è un’arte. Ci si applicano tutti, a tutte le età e di tutte le estrazioni sociali».

In che senso?

«Devi considerare che nella cultura giapponese le scuse avvengono per molti motivi. Scusarsi (anche se non si è in torto) non è un disonore o una debolezza, è la cosa giusta da fare. Siccome mi scuso, ne esco con onore, con eleganza perfino».

Quindi nello specifico come dobbiamo interpretare il gesto di Yamaha?

«Come una cosa molto “giapponese”. Nelle scorse settimane abbiamo ascoltato i piloti che si lamentavano: così la Casa di Iwata è intervenuta. Fai attenzione alla scelta dei personaggi: non hanno mandato avanti un portavoce, un dirigente di medio livello o qualcuno che non avrebbe potuto essere identificato completamente con l’azienda. Hanno scelto una figura chiave; colui che ha progettato la moto. Quindi la strategia delle scuse è stata sicuramente concertata. Il messaggio è chiaro: con questa assunzione di responsabilità intendiamo calmare gli animi e andare avanti».

Solo una formalità per stemperare le tensioni?

«C’è una cosa che mi lascia perplesso. Purtroppo la conferenza stampa si è tenuta in inglese: se fosse stata in giapponese, la scelta dei termini, l’eventuale inchino, avrebbero detto molto di più. Però mi ha colpito il fatto che Tsuya-san non si sia limitato alle scuse, ma si sia spinto fino a raccontare quali sono stati i problemi incontrati; elettronica e telaio, per esempio. Questo è davvero irrituale: e forse dà la dimensione dell’importanza delle scuse aldilà della formalità».

I piloti non sembrano aver apprezzato più di tanto il gesto. Valentino Rossi ha commentato «Non sapevo delle scuse, almeno io non lo sapevo. L’ho saputo adesso e li ringrazio. Anche se, dal mio punto di vista, più che chiedere scusa dovrebbero mettere a posto la moto. Serve che arrivino i risultati, sarebbe bello che arrivassero presto perché rispetto a Honda e Ducati siamo rimasti indietro».

«Valentino, da occidentale forse voleva scuse private, dando importanza al rapporto interpersonale, mentre per i giapponesi le scuse pubbliche sono molto più importanti. E a un livello del genere poi, quello di una grande azienda, non sono affatto dovute, perché si fa parte tutti della stessa famiglia (e in famiglia in Giappone non si dice spesso scusa o grazie, è considerato un modo di fare freddo, distaccato). Prendendosi la colpa salvano l’onore di Valentino (e quindi si aspettano sia riconoscente, non che faccia altri rimbrotti)».

Si tratta solo di differenze di mentalità?

« Cerca di capire: sai cosa dicono i giapponesi quando sentono un gruppo di italiani in un ristorante? Che “l’atmosfera è vivace”: tradotto, facciamo baccano. Ancora, che siamo “gentili con le donne”: in pratica, dei seduttori. Questo modo punta a non offendere, ma a farti capire il messaggio, senza imbarazzi, né minacce. Il messaggio di Tsuya è abbastanza chiaro: «con queste scuse Yamaha si assume un impegno e la completa responsabilità della situazione, ma d’ora in avanti andiamo avanti senza più polemiche». Tieni conto che sono molto rigorosi nelle loro decisioni, una volta che le prendono».

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2 thoughts on “Intervista a Corsedimoto

  1. Devo dire che la tua interpretazione è assolutamente convincente.

    Mi ha fatto ricordare una cosa simile che vidi nel famoso film “Sol Levante” con Sean Connery. Mi riferisco alla “tattica” di chiedere scusa per prenderci la responsabilità di qualcosa, salvando l’onore di un altro e rendendolo in questo modo debitore nei nostri confronti.

Fatti sentire!

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