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10.L’ordine degli elementi nella frase giapponese

In giapponese nessun elemento della frase ha una posizione assolutamente obbligatoria

In giapponese nessun elemento della frase ha una posizione assolutamente obbligatoria. Abbiamo già accennato a questo fatto, ricordate? Avevo detto che il giapponese è una lingua SOV (Soggetto-Oggetto-Verbo). In effetti dovremmo dire che il giapponese vuole il tema (di norma) a inizio frase, seguito, eventualmente, da soggetto, complementi vari, oggetto e verbo.

Questo è il normale ordine. Partendo da qui però possiamo fare tre considerazioni. ① Il tema, che di norma è a inizio frase, non sempre è anche soggetto della frase: a volte il tema è un complemento (e di questo riparleremo). ② Il verbo va alla fine (ma può esser seguito da “particelle di fine frase” il cui ruolo è in genere quello di dare un “tono” alla frase, come il nostro “?” o il “!” o i puntini di sospensione, ecc. o anche esser seguito, ma raramente, dal tema).
Terza considerazione, quella che ci interessa di più per ora, è la seguente: ③ gli altri elementi della frase (tutti quelli tra tema e verbo) non hanno posizione fissa, tutt’al più hanno una posizione “preferita” per creare una frase “normale”, ma possono cambiarla per risultare più enfatizzati; quel che è più vicino al verbo risulta più enfatizzato, più sottolineato.
La gente resta spesso spiazzata di fronte a questo fatto, ma è normalissimo anche in italiano… solo che non ci ragioniamo mai^^ Se in italiano dico “i bambini giocano in giardino” faccio una frase normalissima. Non descrive tanto una scena (o userei “stanno giocando”), quanto piuttosto l’idea che il posto in cui i bambini possono giocare è il giardino (se faccio una pausa prima di “in giardino”) o che quel che devono fare i bambini è giocare in giardino (se faccio una pausa prima di giocano). Viceversa se dico “in giardino giocano i bambini” voglio rendere l’idea che il giardino è un posto in cui possono giocare i bambini, non gli adulti, o che quel che deve accadere in giardino è il giocare dei bambini, non un’altra cosa (se la pausa è tra “in giardino” e “giocano”: In giardino, giocano i bambini. Altrove invece…). E così via, si possono fare molti esempi con frasi sempre più complesse sottolineando di volta in volta parti diverse della frase.

La posizione d’un elemento della frase, del soggetto o d’un complemento, influenza il significato della frase

Difficile? Proviamo a eliminare qualunque complicazione, discorsi su pause, ecc. e facciamola facile facile. “Marta è andata al mercato” descrive un semplice fatto, ma “Al mercato è andata Marta” significa che non serve che qualcun altro vada al mercato, perché ci è già andata Marta! Penso che così la differenza sia chiara per tutti, no? Quindi dovrebbe essere evidente che in italiano se sposto un elemento della frase posso ottenere una diversa sfumatura di significato.
Il giapponese funziona in modo simile: la posizione d’un elemento della frase, del soggetto o d’un complemento, influenza il significato della frase. Ne riparleremo ancora, per ora torniamo al nostro “to”, visto nella scorsa lezione, e vediamo di capire meglio il discorso sulla posizione degli elementi della frase.

Vedremo ora alcune frasi, ma non dovete imparare a tradurle, né ricordarvele, dovete solo capire il meccanismo, l’idea che se cambio posizione a un complemento il senso della frase cambia.
Se dico “Hanako-san to boku wa ikimasu yo” intendo “io e Hanako-san andiamo” (dunque scegli se vuoi venire anche tu, o no, insieme a noi). Viceversa “Boku wa Hanako-san to ikimasu yo” significa “io vado con Hanako-san” (quindi vedi tu con chi altri vuoi andare). Per finire posso anche dire “Hanako-san to wa, boku ga ikimasu yo” significa Con Hanako-san ci vado io!” (non tu! Quindi gira alla larga da Hanako-san, perché lei viene con me!).

“sostantivo + to” è un complemento, non posso considerare “to” come fosse la congiunzione “e”

Da queste tre frasi deduciamo due cose. La prima è che “sostantivo + to” è un complemento, non posso considerare “to” come fosse la congiunzione “e”. Certo, a volte “e” sarà una buona traduzione in italiano, ma bisogna capire che è bene considerare “sostantivo+to” come fosse un “blocco unico” (un complemento appunto) che posso muovere all’interno della frase per cambiarle di senso. La seconda cosa si nota nell’ultimo esempio: anche un complemento, non solo il soggetto, può essere tema della frase (ne riparleremo, quindi per ora potete ricordare solo che “tema = soggetto” non è sempre vero, possono coincidere, ma per l’analisi logica della frase sono cose diverse).
Non voglio insistere troppo su questi due punti, non serve ora, cercate di tenere a mente solo l’essenziale, come dicevo.

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