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Studiare in Giappone (parte 1)

Benvenuti in Giappone
Il Giappone che non ti aspetti, raccontato da Karu

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Salve a tutti. Chiamatemi pure Karu. Mi trovo a Osaka dove studio e ho anche iniziato a lavorare. Cercherò quindi di raccontarvi, da oggi in poi, come meglio posso, questi due aspetti del Giappone, visti “dall’interno”. Lo studio della lingua giapponese è il motivo principale che mi ha portato qui, pertanto penso sia giusto iniziare con questo argomento.

  1. Studiare, lavorare, vivere in Giappone: Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

Essendo questo un blog dedicato principalmente al beneamato 日本語 (nihongo) mi rivolgo a coloro che hanno in mente di recarsi in Giappone per studiare o perfezionare la lingua: se state pensando ad un viaggio-studio per un periodo più o meno lungo, questo articolo potrebbe tornarvi molto utile (come, spero, altri che scriverò).
Questo però lo avrete capito già dal titolo, mentre quel che val la pena di sottolineare a questo punto è che se state pensando di studiare in Giappone, non dovete smettere di pensarci. È possibile e vale la pena… se fatto col giusto atteggiamento.

È scontato dire che ciò che leggerete è solo la mia visione delle cose: non troverete qui nessun Oracolo di Delfi o Vangelo secondo Marco. Comunque sia, io cercherò di farvi un ritratto il più possibile fedele della realtà lasciando le mie considerazioni a margine. Se vi dovessi sembrare pessimista o troppo duro, tenete presente che questo mio modo di esprimermi potrebbe essere quello giusto per spingervi a prendere le dovute “precauzioni” nell’affrontare il vostro viaggio: perché in fondo per evitare delusioni, così come per ottenere il massimo possibile, basta essere preparati.

I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare

Di solito si sente dire che l’unico modo per apprendere bene il giapponese sia studiarlo in Giappone. Si sente anche dire che – soprattutto se si vuole intraprendere una carriera lavorativa nel Sol Levante – piuttosto che studiare giapponese all’università sia meglio scegliere un altro e più proficuo percorso formativo a cui affiancare, da autodidatta, lo studio della lingua giapponese. Questo perché la lingua da sola non servirebbe a molto. Tutto sommato non sono stupidaggini, ammettiamolo.

Avrò letto non so quante volte, non so su quanti forum, post di poveri ragazzi che chiedevano se valeva la pena iscriversi all’università per studiare giapponese e venivano tutti stroncati con frasi tipo “no, perdi tempo/non serve a niente” o “dopo sarai solo un disoccupato…” o combinazioni delle frasi precedenti.

Per contro le motivazioni portate a favore per studiare e per partire sono del tipo “così puoi parlare con i giapponesi”, “parlerai sempre giapponese”, “puoi fare l’arbaito (アルバイト, arubaito, o semplicemente バイト baito, indica un lavoro/lavoretto, in genere part-time; viene dal tedesco arbeit, lavoro)… e cose simili: “così fai esperienza e…”, e bla bla bla.
In poche parole se ne ricava che se uno va in Giappone per qualche tempo, forse non diventerà un genio del giapponese, ma comunque ha la possibilità di diventare molto più bravo dei poveri disgraziati che sono rimasti in Italia (a studiare).

È davvero così?

La risposta è, nella maniera più assoluta, NO.

Esatto, avete letto bene. Se state per partire per una delle tante scuole di giapponese per stranieri, sappiate che non è affatto detto che una volta finito il vostro corso i progressi saranno così astronomici come qualcuno (voi stessi, a volte) sembra pensare. Il solo fatto di andare in Giappone – sembra sciocco dirlo, ma vi assicuro che va detto – non farà avverare alcun miracoloso miglioramento.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

Studenti più o meno “studiosi”

Appena arrivato a Osaka, dove mi trovo attualmente, ho cominciato subito ad avere sospetti in tal senso. Che un simile miracoloso apprendimento non sia pensabile mi era chiaro. Che esistesse chi, evidentemente, ci crede, non lo credevo possibile, eppure…
Evitiamo di parlare degli studenti cinesi, per i quali bisogna fare un discorso a parte (discorso che eventualmente farò) e parliamo invece degli studenti occidentali, che sono il caso che più ci interessa e ci riguarda da vicino.

Nella famosa… anzi, nella celeberrima scuola in cui studio, mi è saltato subito all’occhio e soprattutto all’orecchio che i vari inglesi, francesi, americani e via dicendo, della stessa o di altre scuole, parlano per lo più inglese. Giapponese? Poco o nulla. Gente che sarà arrivata in Giappone da poco, direte voi. No, alcuni erano li da più di  un anno.

L’arbaito? Lo fanno in pochi. Gli anglofoni insegnano inglese, gli altri, se ci riescono, lavorano come lavapiatti o altre cosette per cui non è necessario il giapponese.

In compenso conoscono benissimo gli izakaya, i karaoke, i vari divertimenti della zona. I ragazzi riescono finalmente nell’agognata impresa di trovarsi una ragazza giapponese e far ingelosire gli amici rimasti a casa (nel 90% dei casi poi vengono scaricati come monnezza, ma questo è un dettaglio che per il momento non ci interessa).

Non vi nascondo che, pur se appena arrivato, ero già abbastanza preoccupato. Persone che stavano qui da tanto tempo e non sapevano leggere né parlare giapponese… non ad un livello decente. Possibile? Non sarà che sto buttando i miei soldi e il mio tempo? Ecco cosa continuavo a ripetermi.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?

Secondo me ci sono due “punti deboli”. Uno è il Giappone. L’altro… be’, siamo noi studenti.
Forse lo sapete, ma tenete presente che il Giappone offre molte occasioni di divertimento e svago e un numero virtualmente infinito di distrazioni. Se poi siete gente che vive di manga, anime, videogiochi, j-pop et similia… buon per voi: avete raggiunto La Mecca che avete sempre sognato.
Scomodando Leopardi diciamo che il naufragar è – ve l’assicuro – dolce in questo mare, ma attenzione perché il ritorno alla realtà potrebbe essere molto, molto amaro!

Ecco, il fatto è che la maggior parte degli studenti occidentali (secondo punto che vi citavo) sembra concentrarsi solo su questo aspetto. In sostanza il periodo di studio in Giappone diventa una vacanza di lunga durata, possibilmente a spese dei genitori.
Dopo un periodo iniziale di indifferenza – vi confesso – ho maturato un vero e proprio odio nei confronti di questi individui.

Provando a parlare con l’occidentale medio che si trova in Giappone per studio, le scuse più comuni sono in genere:
1) Il giapponese è veramente difficile (Ma va’!? E chi l’avrebbe mai detto!)
2) Ma… è che a scuola non ci fanno fare tanta pratica.
3) Eh! Il problema sono tutti ‘sti kanji!
4) La scuola procede troppo lentamente, quindi non si può imparare molto.
5) Il giapponese che si fa a scuola è diverso da quello che parlano davvero i giapponesi.
6) Le scuole tendono ad avvantaggiare i cinesi

Secondo il mio modestissimo punto di vista, sono cose che, pur se in parte vere, non vanno, come già detto, oltre il livello di “banali scuse”. Vediamo, punto per punto, la realtà dei fatti.

1) Se qualcosa è difficile vuol dire che bisogna impegnarsi di più per riuscirci. Che il giapponese sia difficile lo sanno tutti, ma se uno sceglie spontaneamente di studiarlo ha poco di che lamentarsi.

2) A scuola non si può fare tutto. Quello che si fa a scuola non deve essere un limite a ciò che si può fare fuori. Ci sono “millemila modi” per fare pratica, sia su internet che fuori, e per di più gratis.

3) Come il punto (1) rispondo “…non lo sapevate fin dall’inizio?” Essere in Giappone non esclude la possibilità di andare in rete e trovare risorse per facilitare il proprio studio.
Per di più uno che vive in Giappone può leggere kanji ovunque. È letteralmente immerso nel giapponese …o non la chiamerebbero “full immersion”, no? Come è possibile allora che qualcuno dopo sei mesi che è in Giappone ancora non abbia ancora capito che 受付 (uketsuke) indica la reception? È una parola che è, ovviamente, anche sul libro di testo, ben in evidenza, kanji e furigana, possibile che non ci si faccia mai caso ad una parola che in Giappone si vede ovunque?

4) Di nuovo: la scuola non impedisce di studiare per conto proprio. E poi, se è lenta come piace sostenere, come mai allora anche le cose che lentamente si imparano a scuola non si riesce ad applicarle? Anzi, nemmeno a ricordarle? Possibile che dopo mesi e mesi non si è ancora capito a che serve la forma ーておきます?

5) Sarà anche vero che c’è una certa “distanza” tra le due cose… ma se riesci ad usare il giapponese “scolastico”, forse un giorno riuscirai anche con quello “reale”. Viceversa se non impari quello scolastico non capirai mai quello “reale”, che senti per strada.

6) Questa è una sciocchezza. I cinesi sono avvantaggiati di loro, dalla loro conoscenza dei kanji …ma non così tanto come si dice. E di certo le scuole non c’entrano nulla.

Insomma, l’impressione che si ha è che tanti di questi sedicenti amanti del Giappone e della cultura giapponese si incamminino in qualcosa di cui non sono ben sicuri. Appena si accorgono che il miracolo (cioè l’apprendimento della lingua giapponese) non avviene, non da solo, subito iniziano a trovare tutte le scuse possibili ed inimmaginabili per giustificare il loro fallimento e continuano a godersi beati i vari divertimenti che il Giappone offre.
Facendo così però perdono una grossa occasione, ovvero quella di conoscere una lingua bellissima, il cui apprendimento permette di capire meglio, decisamente meglio, una cultura complessa e affascinante come quella giapponese. Un’esperienza umana, secondo me, impagabile. E che poi si potrebbe anche sfruttare a livello lavorativo.

Mi si potrebbe dire che sono troppo severo, già me l’aspetto… Ma attenzione! Considerate che non sto affatto parlando di gente che è venuta qui e ha cominciato a studiare il giapponese da zero. Molti degli studenti di cui parlo si sono laureati in lingua giapponese nel proprio paese. Fate voi il conto.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

Problemi con le scuole di Giapponese

L’insegnamento della lingua giapponese, da parte dei giapponesi, ha effettivamente diversi difetti. Secondo me il più rilevante è il voler insegnare la propria lingua a degli stranieri senza tener conto che sono, appunto, stranieri. E senza tener conto che gli stranieri non sono tutti uguali fra di loro. Ovviamente, però, non c’è solo questo problema.

Nella scuola che frequento io, ma la musica sembra essere la stessa altrove, si dà poi effettivamente poco, molto poco spazio alla conversazione e allo scritto. La lettura e la comprensione vengono sì trattate, ma non con la dovuta attenzione. Chi legge questo blog saprà poi che il 能力試験 (JLPT, se vi piace di più) non prevede alcuna prova di conversazione o di scritto. Ci sono infatti degli studenti cinesi, due anche in classe mia, che passano tranquillamente N3/N2/N1 ma che di fatto poi il giapponese non lo sanno. Continuano infatti a parlare con il loro non troppo piacevole accento cinese, leggono in un modo tutto personale, non riescono a dire una frase senza fare errori banali di grammatica… e parlano 教科書みたいに (“kyoukasho mitai ni”, un’espressione usata dai giapponesi per dire che parlano come se stessero leggendo un libro di testo). E se l’orale va male, stendiamo un velo pietoso per quanto riguarda lo scritto.
Sorpresi? Eppure è la realtà e non si tratta certo di eccezioni.

È il sistema di insegnamento “dominante” che permette questo paradosso: ottimi test, pessimi risultati nella vita reale. Il che non significa però che le scuole vogliano avvantaggiare i cinesi o che questi ultimi siano più bravi (perché non lo sono). Semplicemente, lo ripeto, passare il JLPT non significa per forza sapere il giapponese. Quindi una cosa che leggerete spesso – ma alla quale non dovete credere – è proprio questa dei cinesi che sarebbero geni del giapponese, da un lato, e che sarebbero trattati da studenti “di serie A” rispetto a voi comuni mortali.
Se sarete o meno studenti di serie A, per bravura, sarete voi stessi a deciderlo.

D’altra parte resta comunque il fatto che una scuola non può insegnarvi tutto. Spetta sempre allo studente darsi poi da fare e impegnarsi per raggiungere il proprio obiettivo. Sicuramente avere dei buoni insegnanti è un grande aiuto, ma è un aiuto che lo studente deve saper sfruttare.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto

In conclusione: l’atteggiamento giusto

In questo primo articolo ho fatto una panoramica di vari argomenti, senza approfondirne nessuno. Lo farò, ovviamente, ma nei prossimi articoli.

Quello che mi premeva dire per il momento è che secondo me la cosa più importante è che bisogna farsi un serio, serissimo esame di coscienza prima di imbarcarsi in un’esperienza del genere. Per evitare una delusione (nonostante tutto il divertimento che vorrebbe servire a nasconderla) e per ricavare davvero il massimo dal vostro viaggio.

Chiedetevi solo… Lo volete davvero?

Studiare giapponese significa sudare un bel po’ di camicie e richiede molto impegno. Sembra una cosa scontata, ma dato quello che ho visto e continuo a vedere, direi che non lo è. Siete disposti a farlo?
Nessuno qui intende dire che dovete rinunciare a tutti i divertimenti che offre il Giappone, almeno nelle grandi città (che sono sempre le principali destinazioni). Semplicemente, si tratta di dare una forte priorità alo studio. Non c’è bisogno di uscire tutte le sere per andare a izakaya, karaoke, game center, discoteca ecc.
Il Giappone è anche questo, ma è solo la parte più superficiale del Giappone. Quello più profondo – ve lo assicuro – vi darà molta più soddisfazione.

Come dicevo all’inizio, dunque “Pensateci bene”, anche perché altrimenti correte il rischio di perdere tempo e denaro. E di questi tempi direi che non è proprio il caso.

Se avete perso un po’ del vostro tempo per leggere questo articolo, vi ringrazio di cuore.
E se vorrete, ci sentiremo presto.

  1. Premesse
  2. I luoghi comuni, i motivi per partire e i motivi per restare
  3. Studenti più o meno studiosi
  4. Che cos’è che non va nel “sistema” e nel rapporto studenti-scuole?
  5. Problemi con le scuole di Giapponese
  6. In conclusione: l’atteggiamento giusto
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