Site icon Studiare (da) Giapponese

N5 in sintesi – Gli usi della te-kei (2): l’imperativo

Gli usi della ~て形 (o テ形) te-kei o “forma in -te”

L’imperativo

imperativo in -te

Come detto, la forma in -te ha numerosi usi. Uno di questi è l’imperativo, quella forma verbale che uso per dare dei comandi. Ad esempio se prendessi un politico – di cui non faremo il nome – e lo buttassi giù da un palazzo gridandogli “Adesso sbatti le ali e vola!” avrei usato ben due imperativi.

Prima di vedere la te-kei usata come imperativo, riprendiamo un attimo l’imperativo… “quello vero”.

Forse ricordate la 命令形 meirei-kei, una delle basi dei verbi viste durante il corso “non sintetico” sul JLPT che ultimamente abbiamo un po’ accantonato in favore di questo, più “in sintesi”.
Se vi ricordate allora saprete che la meirei-kei, cioè la forma imperativa, del verbo 見る miru è 見ろ miro… e se siete proprio bravi, vi ricordate pure che ne esiste una forma meno usata, più letteraria: 見よ miyo.
Se ricordate la meireikei dei godan, sapete che 頑張る (spesso in kana: がんばる) ganbaru, impegnarsi, fa がんばれ ganbare.

Detto tra parentesi, l’imperativo negativo, che non avevamo fatto (e non penso vi servirà per l’N5, ma più probabilmente per l’N4), si fa in modo molto semplice: aggiungendo な na alla forma piana e pronunciando il tutto con un bel tono esclamativo e un accento finale:
見るな miru na si legge come fosse “mirunà!” (;゚Д゚)ェェエエ工
Attenzione perché “na” è anche una particella con lo stesso senso di “ne”, quindi è solo il tono esclamativo a fare la differenza tra “non guardare!” e “guardo, ok?”.

Dunque ora sapete tutto dell’imperativo “versione base” e dovrebbe sorgervi spontanea una domanda: Ma allora cosa c’entra la forma in -te?

La meirei-kei è il “vero imperativo”, ma in una lingua come il giapponese, così attenta allo “status” dell’interlocutore, alla cortesia, a non rischiare d’essere troppo bruschi nell’esprimersi… un imperativo non basta di certo! Ci vogliono modi più “soft” d’esprimersi.

Così ecco che il proliferare d’una serie di forme verbali, che in italiano possiamo tradurre solo con un imperativo, ma in giapponese sono delle specie di “salti mortali” per evitare di usare l’imperativo della meirei-kei… troppo brusco per i gusti giapponesi e usato solo negli opportuni contesti.

La forma in -te, con il suo “carattere sospensivo”, “indiretto” (vedremo in post successivi di cosa si tratta), si presta bene allo scopo.

Dunque troviamo spesso una forma imperativa resa solo con la forma in -te, (vd. l’immagine in alto: また見てね mata mite ne, (lett.) guardate di nuovo, ok?, o meglio “Tornate a vedere il nostro programma”). Ciò vale però in ambito un po’ più colloquiale rispetto alla tipica forma che si impara nei corsi, più “neutrale”.

La forma in ~てください , V-te + kudasai

Di norma avremo la forma in -te seguita da kudasai, non la テ形 te-kei da sola (ed è questa forma -te+kudasai il principale punto di oggi, poiché avete molte più probabilità di incontrarla nel test dell’N5).

ください (o con il kanji: 下さい) è spesso reso con “per favore”. In realtà è un verbo ausiliare e come altri verbi può seguire la te-kei dandogli una certa “sfumatura di significato”… in questo caso l’idea di chiedere un favore.
Per questo la テ形 te-kei seguita da kudasai è certamente più cortese della te-kei presa da sola.

Come sarebbe “kudasai è un verbo”, non sembra affatto un verbo! – direte voi.

Avete ragione, non lo sembra granché, ma è la ren’youkei (irregolare) del verbo 下さる kudasaru, un modo molto rispettoso di esprimere il verbo “dare” (al parlante). Quando metto alla te-kei un verbo che esprime l’azione X e finisco la frase con kudasai è un po’ come se dicessi “mi dia il suo compiere l’azione X” o, un po’ meglio, “mi conceda di compiere per me (il soggetto è un’altra persona) l’azione X”. Insomma, il tutto è reso e inteso come se il compiere l’azione X fosse un favore fatto al parlante.

Il risultato in italiano è quello di aggiungere un “per favore”:

こっちに来て下さい
kocchi ni kite kudasai
Vieni più vicino (lett.: da questa parte) per favore

Perché traduco il tutto con un imperativo? – direte ancora voi.
Ma che ottime domande che fate oggi! – dirò io.

Perché è strano a dirsi ma è così: anche la ren’youkei può essere usata come imperativo cortese!
Certo, non vi serve saperlo per l’N5 (ne riparleremo in futuro), ma non mi sembra male capire subito da dove cavolo arrivi questo “kudasai”.

Le forme negative

Per affrontare questa parte è necessario abbiate letto la lezione sul negativo della forma in -te, se non l’avete fatto questo è il link alla テ形 negativa.

Nel caso il “comando” che voglio dare sia negativo (es. “NON fare questa cosa”, invece di “Fa’ questa cosa”), devo usare il negativo in -naide della te-kei e aggiungere o meno kudasai, come il contesto suggerisce: il verbo che termina in -naide, senza l’aggiunta dell’ausiliare kudasai, è ovviamente più adatto a un contesto colloquiale.

Nell’immagine sopra troviamo, nell’ultima riga, la frase:

過度な期待はしないでください
kado na kitai wa shinaide kudasai
Per favore non abbiate aspettative eccessive

E come vedete abbiamo la forma in -naide+kudasai (cioè la 未然形 mizenkei del verbo seguita da -naide e kudasai, o se preferite la forma negative piana seguita da “de”, te-kei del verbo essere, e kudasai).
Il modo in cui si forma non è molto visibile perché qui è il verbo suru (shinaide) ma possiamo fare un paio d’esempi con qualche altro verbo:

…disse l’uomo che penzolava dal burrone e non aveva tempo per la cortesia del “kudasai”. Che scortese, l’avrei fatto cadere solo per questo.

Exit mobile version