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FAQ – Come ho studiato Giapponese

waga jinsei ni wa kuinashiMi rendo conto che il post è lungo, per cui vi offro un tl;dr. In breve quel che ho fatto è stato semplicemente farmi spaventare dai kana, annoiarmi molto (ma per poco tempo) grazie a qualche libro “serio quanto basta”. Poi mi sono disperato, divertito e ho stonato sulle note di qualche capriccio… E ancora ho seguito i miei interessi (di otaku), mi sono fatto guidare da un senso del dovere (che non sapevo di avere) verso le persone con cui collaboravo, quindi, finalmente, ho ceduto alla curiosità, quando ho trovato chi poteva soddisfarla e alimentarla… Finché… eh, ho iniziato a camminare da solo, per poi volare (letteralmente: sono andato in Giappone), e poi cadere (questo non letteralmente!), sposarmi, quasi di sfuggita, e poi volare di nuovo. E per ora è tutto, ma continuerà. Finché campo.

Tutto chiaro? No? Immaginavo 😛 Ora faccio il serio, vi dico per punti cosa ho fatto, poi, chi vuole potrà leggere “la mia storia”.

Due precisazioni, innanzitutto. (1) Questo post non dice “come studiare”, ma “come io ho studiato”. (2) Non dovrei usare il passato “ho studiato”, perché non si smette mai di studiare un’altra lingua, si continua sempre perché fermarsi vuol dire tornare indietro, dimenticare… Tuttavia, ci siamo capiti, mi riferisco a come ho fatto a superare quel muro iniziale che spaventa tutti (certo, è chiaro, intendo “tutti quelli che non sanno che dietro c’è un muro più alto e quindi il primo non dovrebbe preoccuparli perché in confronto ai successivi è solo un gradino”).

Vi scrivo di seguito un vero riassuntino. Per chi preferisse leggere per esteso la mia storia, può farlo poco più giù, dove si vede il titolo in azzurro.

Vediamo allora per punti, cosa ho fatto effettivamente…

Così finisce il metodo, per quanto riguarda i risultati, invece…

Ho dato il JLPT N2 (a dicembre 2012) e l’ho passato con ottimi voti (massimo in kanji, vocaboli, grammatica e ascolto), trovando così la spinta per andare in Giappone (dove nel complesso ho vissuto un anno e mezzo). Cercando di parlare giapponese il più possibile ho fatto amicizia con una compagna di classe, cinese. Sempre in Giappone ho passato l’N1 a luglio 2013 e mi sono sposato a settembre… poi alla scadenza dei visti io e mia moglie siamo venuti in Italia… dove ho superato di nuovo il JLPT N1 a dicembre 2014, migliorando di molto il voto.

Ecco, ora, chi non fosse abbastanza annoiato e volesse la storia completa… può leggerla qui sotto ^__^”’

Come ho imparato giapponese

Nel lontano 2007,settembre o giù di lì, ho iniziato a prendere in mano libri di giapponese vari. Come tanti altri ho provato prima una cosa semplice, tascabile… e mi sono arenato all’hiragana. Troppi segni astrusi da imparare a memoria! E come si fa?! Ecchesso’ io? Messer Pico de la Mirandola de tu madr- cough! cough! cough!

Mi sono detto, se deve essere dura, tanto vale fare le cose sul serio… e ho comprato il corso dell’Hoepli. Sembrava sufficientemente serio. D’altronde la copertina è monocolore e non c’è scritto “in 1 mese”, giusto?

Ho iniziato a studiare sul corso arancione dell’Hoepli, dunque. Non so quanto sono andato avanti, ma ci sono appunti fino alla quinta unità, quindi non credo d’aver fatto più di tanto.

Ho preso il Giapponese a fumetti, su cui ho trovato varie nozioni interessanti, oltre a un approccio che teneva sveglio il mio interesse… ma non posso dire di averlo usato poi molto. Ho iniziato a frequentare Giapponese 1 all’Università, anche se non aveva nulla a che fare con il mio corso, ma ho dovuto smettere dopo poco per un conflitto con altre mie materie…

A questo punto della storia mi sono trovato a stampare testi delle mie canzoni preferite per il solo fatto che avevo scoperto dei bei font gratuiti di giapponese… Certo, avevano un valore quasi artistico grazie al font, ma volevo anche poterli leggere… e capire magari! Così ho fatto la pazzia e ho iniziato a cercare di tradurne qualcuno, libro di grammatica alla mano.

Non dimenticherò mai la sensazione provata nel tradurre il primo brano… Era chiaramente una sfida che non potevo vincere, ma era divertente! Mi sembrava di sforzarmi di capire un codice segreto o qualcosa del genere.

Da inizio 2008 cominciai a condividere i miei appunti in rete su mangadreamworld …e la cosa prese piede, con mio sommo stupore, anche se mi presentavo come studente, non certo come insegnante… ma ce la mettevo tutta per risolvere i problemi altrui (oltre ai miei). Perché ve ne parlo? Che cosa c’entra con lo studio? Insegnare è l’attività che più ci permette di ricordare quanto appreso.

Per memorizzare il più possibile è importante usare vari stimoli. Stimoli legati a diversi sensi. E per una pura coincidenza io allora usavo anime e testi di canzoni, ottenendo stimoli visivi, da immagini e parole, e sonori insieme. Non solo, provavo, stonato come sono, a fare del karaoke… e per finire, appunto, riassumevo quel che avevo imparato o lo ripresentavo nel modo più chiaro agli utenti. Cercavo di rispondere ai miei dubbi e a quelli degli altri utenti.

Probabilmente però stavo per cedere, fare la fine dei tanti che iniziano e poi vanno spegnendosi… Però dal forum di mangadreamworld lo staff mi offrì di collaborare per avere traduzioni più fedeli all’originale delle canzoni… In un attimo di follia dissi sì e a quel punto non potevo più tirarmi indietro. E non potevo sbagliare, perché ne andava della reputazione di tutti (il gruppo MDW era molto reputato nella scena del fansub italiano), quindi dovevo fare un lavoro, che, lo sapevo, non sarebbe mai stato perfetto, ma andava fatto con coscienza e nel migliore dei modi… Questo contribuì grandemente a tenermi con il naso nel libro di grammatica giapponese.

Nel giro di un anno arrivai a tradurre interi episodi di anime (il primo fu Gakuen Alice) e poi anche spezzoni con il solo audio giapponese (se non lo sapete, la scena del fansub italiano va avanti traducendo dall’inglese e se qualcuno conosce un minimo di giapponese e individua uno o due errori nelle (cattive) traduzioni inglesi… è già un miracolo).

La competizione, una certa dose di fissazione per una traduzione fedele, per capire i tanti riferimenti alla cultura e alla lingua giapponese… nonché una certa voglia di scovare gli errori altrui – mi portarono a impegnarmi ancora di più… Finché non mi allontanai da MDW per vicissitudini varie, mancanza di voglia, una cyber-stalker… Finii a Jappop, dove ho incontrato il mio “sensei”… o magari “senpai” visto come le nostre strade si assomigliavano.

Non sottolineerò mai abbastanza l’importanza di una figura del genere, qualcuno che risolve i tuoi dubbi, ma nel contempo ti obbliga a ragionare sulla risposta e ti offre altri spunti di riflessione… in breve risponde e alimenta la tua curiosità. Insomma, un vero insegnante. Come dovrebbero essercene tanti e invece non ce ne sono affatto (o quasi).

Sostenuti gli esami all’università, senza nemmeno studiare, li ho superati tutti, con ottimi voti. E questo nonostante il mio “metodo” mi avesse esposto a gravi lacune nello studio (non tutti gli argomenti saltano fuori nei testi delle canzoni, a quanto pare). Passati gli esami era il turno del JLPT, anche se non avevo un’idea realistica del mio livello! Provo il JLPT N2 e… praticamente pieni voti! Per fortuna, perché poco prima di iscrivermi avevo avviato le pratiche per andare a studiare in Giappone^^;;

A quanto pare secondo l’organizzazione del JLPT posso cavarmela egregiamente nella mia vita di tutti i giorni in Giappone… Peccato che la mia vita di tutti i giorni in Giappone non sia affatto d’accordo con questa tesi. Sperimento di nuovo il blocco che avevo vissuto al mio primo viaggio in Giappone nel 2010. Allora erano bastati pochi minuti di conversazione con un ragazzo giapponese dello staff dell’albergo per accontentare il mio ego e rendermi più spigliato, ma la seconda volta è stato diverso, forse perché ero lì per restare e non mi sentivo all’altezza.

Facendo amicizia con la ragazza cinese che è poi diventata mia moglie, mi sono trovato a conversare in giapponese… con lunghi silenzi riempiti di qualcosa simile al panico, in cui cercavo di costruire un pensiero e lei mi aspettava o io aspettavo che lei facesse altrettanto. Per fortuna ci eravamo accordati su quel punto e ce lo ricordavamo sempre: “tranquilla, so cosa vuol dire, io non scappo, aspetto finché non ti viene la frase successiva”.

E poi, e poi il tempo è passato. Abbastanza perché mi accorgessi che in un giorno non avevo detto o pensato una parola di italiano, che alla mia gatta, felina italiana verace, avevo appena parlato in giapponese… Abbastanza perché mi accorgessi che c’è ancora una valanga di cose da fare, anche se ho vissuto un anno e mezzo lì, ho preso l’N1, mi sono diplomato dalla classe più avanzata, anche se parlo giapponese 24/7… c’è ancora un sacco da fare e i giorni sono troppo brevi per inserirvi il lavoro, l’università, il sito, altri progetti, la lettura, gli anime (credevate che avessi smesso?) …e anche lo studio. Insomma, tutto come sempre. Si prosegue così, faticando molto più del necessario, solo per evitare di “studiare” nel senso vero del termine.

A chi volesse provare a imitarmi, dico… Lasciate stare, troppe coincidenze, troppe lacune, troppi dossi. Se però vi sembra che il metodo classico non faccia per voi, be’ impegnatevi per imparare il Giapponese, se volete farlo davvero, a vostro modo, alle vostre condizioni, senza annoiarvi. Forse farete una strada più tortuosa, ma ve la godrete come se foste alla guida su una strada di montagna, tutta tornanti.

Auguri e attenti alle curve a gomito.

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