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Le pronunce dei kanji sono 音読み (on’yomi) e 訓読み (kun’yomi)

Pronunce di origine cinese e Pronunce di origine giapponese

I kanji sono arrivati in Giappone dalla Cina, come detto, nel corso dei secoli. Il Giappone un tempo non aveva una sua scrittura, così fece come chi decise di “importare” le “cifre arabe” che ben conosciamo (1,2,3,4…) in Occidente: prese a prestito un sistema usato da altri.
Il problema è che cinese e giapponese erano lingue molto diverse, a partire dalla grammatica, così, nel tempo, si è passati per praticità ad usare i kanji e due sillabari (kana): hiragana e katakana, che ben conoscete (e se non li conoscete, conosceteli!^^).
Ad ogni modo, a parte ciò, restava il problema che importando la scrittura, quindi kanji e parole formate dai kanji in questione, e utilizzandola per rendere parole della lingua giapponese, i kanji si ritrovavano ad avere due tipi di pronunce.

Dunque parleremo spesso di “pronuncia giapponese” e “pronuncia cinese” per un dato kanji, ma voi ricordatevi che si tratta di un riferimento all’origine della pronuncia e stop, nient’altro, la lingua cinese non c’entra più nulla o quasi. Per praticità, secondo i termini giapponesi, parleremo anche di pronuncia o lettura “kun” (da 訓読み “kun’yomi”), riferendoci alla pronuncia di origine giapponese, e di pronuncia (o lettura) “ON” (da 音読み “on’yomi”), riferendoci alla pronuncia di origine cinese.

Le pronunce ON

Un kanji può avere più pronunce ON e più pronunce kun (a volte anche esser privo di pronunce di un tipo o dell’altro). Il motivo è abbastanza semplice. Il giapponese scritto è “nato” pian piano, nel tempo, innestando la scrittura cinese (cioè importando i vari kanji) sulla lingua parlata giapponese.Il cinese un tempo era un po’ come il latino durante il nostro Medioevo, la lingua colta parlata dalle classi più elevate. Tuttavia le contaminazioni sono inevitabili. Così in italiano siamo passati dal latino “equus” ad un latino maccheronico come quello di “caballus” e infine, in italiano, ci siamo ritrovati ad avere “cavallo”, ma anche “equitazione”.
In Giappone questo fenomeno fu più marcato perché la lingua colta aveva una sua scrittura, mentre il giapponese no… e la scrittura è un’invenzione importante per qualsiasi popolo.

I kanji arrivavano dunque in Giappone dalla Cina, con la loro pronuncia cinese… ma questo fu un processo lento, un’acquisizione linguistica che durò secoli… Perché? Be’, intanto, i kanji sono… tanti! Non sono le (poche) lettere del nostro alfabeto. Inoltre i kanji arrivarono in Giappone in tempi diversi e, dato che la Cina è grande, anche da regioni diverse. Quando un kanji veniva “importato”, i Giapponesi provavano a pronunciarlo, ma non gli veniva granché bene (poiché la loro lingua è assai povera foneticamente), così ne “approssimavano” e/o sbagliavano la pronuncia (a volte confondevano perfino il significato, come nel caso del kanji di “tonno” che in originale indicava un pesce diverso!). Per questo motivo abbiamo detto che la lettura “di origine cinese” di un kanji non è la lettura usata dai cinesi (né la lettura presente nel cinese moderno, né quella del cinese del tempo in cui il kanji fu importato in Giappone, poiché la stessa lingua cinese si evolve, ovviamente, nel tempo). E per questo stesso motivo più kanji si ritrovano ad avere la stessa pronuncia ON: perché le pronunce d’origine cinese non sono altro che approssimazioni delle pronunce, di solito più “complesse” che esistevano in cinese (se pensate che i giapponese non distinguono tra il suon “sci” e il suono “si”, vi farete un’idea di cosa intendo).
Come detto, però, è anche vero che ripetute importazioni dello stesso kanji, a volte da regioni diverse, a volte in secoli(!) diversi, hanno fatto sì che un kanji abbia più d’una pronuncia ON.
Insomma due kanji (o molti di più) possono avere la stessa pronuncia ON, mentre uno stesso kanji può avere diverse pronunce ON. Ad esempio tra i kanji più comuni ci sono ben 67 kanji che vengono letti しょう (shou), mentre il kanji 生 che ha l’on’yomi “shou” ha anche l’on’yomi “sei”.

Le pronunce kun

Fin qui ci siamo? Ora parliamo delle pronunce kun, cioè di quelle “d’origine giapponese”.
Quanto detto per le pronunce ON vale anche per le kun. Dunque più d’un kanji può avere la stessa pronuncia kun (anche se non sono tanti come nel caso delle ON) ed un kanji può avere più d’una pronuncia kun (accade più raramente però). Le spiegazioni date per le pronunce ON stavolta non possono reggere. Ma allora… perché succede?
Come detto, la scrittura cinese è stata “innestata” sulla lingua parlata dai giapponesi (non “a forza”, naturalmente, nel tempo). Se però due parole esprimevano un concetto simile (come p.e. “sopra” e “parte superiore”) allora il kanji finiva per avere più d’una pronuncia kun. Per esempio al kanji 上 di “ue” (sopra) hanno appiccicato anche le parole giapponesi “kami” (parte superiore), “ageru” (alzare), “noboru” (salire)… Per il semplice fatto che queste parole sono tutte legate fra loro dal senso (spesso possiamo dire che lo sono “a livello semantico”) ed è il kanji che rende, “trasmette” quello che è il “senso di base” della parola (il suo “campo semantico”).
Insomma, immaginate che l’italiano usi i kanji. Allora acqua, acquazzone, acquedotto, acquatico, acquolina, ecc. avrebbero tutte lo stesso kanji perché hanno a che fare con l’acqua e quello è il loro “campo semantico”.
Dopo il kanji, in giapponese, avrò i kana, che seguono il kanji e rendono quello che è il ruolo (grammaticale o logico) della parola all’interno della frase… e spesso ci permettono di distinguere la corretta pronuncia del kanji (es. ageru e noboru si scrivono con lo stesso kanji, ma i kana aiutano a distinguere la pronuncia di 上, perché uno è 上げる, l’altro è 上る).

Ma torniamo a kanji e pronunce. Ho anche detto che diversi kanji possono avere la stessa pronuncia kun. Com’è possibile? Se diversi kanji implicano un diverso “senso di fondo”, un diverso “campo semantico”, kanji diversi avranno un senso diverso, quindi saranno stati legati a parole diverse della lingua giapponese parlata… non possono avere la stessa pronuncia! …o sì?
Mettiamo che una stessa parola giapponese servisse ad esprimere due cose diverse… un po’ come la parola italiana “attaccare”, che indica sia “attaccare il nemico” che “attaccare un quadro”…
Semplicemente i giapponesi attribuirono quella pronuncia (la parola con due significati diversi, come il nostro “attaccare”) a due kanji diversi, così ci pensava il kanji a spiegare la sfumatura di senso e non c’erano più malintesi!
Un po’ come se noi sostituissimo la A di “attaccare” con il kanji di “violenza” in un caso e quello di “essere appeso” nell’altro …Spero d’aver reso l’idea^^

Quando uso la pronuncia ON? Quando quella kun?

Per via del concetto stesso di “pronuncia di origine cinese”, un kanji viene letto con la sua pronuncia ON più che altro quando si trova all’interno di una parola formata da più kanji, viceversa (se da solo o con okurigana… ovvero i “kana di accompagnamento” che di norma creano la “desinenza grammaticale” della parola) è letto con la pronuncia kun. Tuttavia, ricordate che non è una regola fissa, le eccezioni non si contano nemmeno. Un kanji può essere letto con pronuncia ON anche se si trova da solo; può perfino essere seguito da okurigana, p.e. 信じる shin.jiru, cosa che in genere “spetta” ai kanji con pronuncia kun (ad es.: 始まる cioè haji.maru è la lettura kun di 始).
Allo stesso modo un kanji con pronuncia kun può essere trovato in compagnia di altri kanji nella stessa parola. Comunque, le eccezioni sono numerose, ma sono pur sempre eccezioni, vedrete che la cosa non vi farà impazzire ^^;; Se volete saperne di più potete leggere il mio articolo Le ON con le ON e le kun da sole?!

Concludo dicendo che il discorso pronunce è stato trattato anche in altri post (vd. indice). Se pensate che abbia ripetuto questo concetto (o altri) fin troppe volte (o non abbastanza)… DITEMELO, accidenti, DITEMELO! (TдT #) :-p

Se volete una versione più simpatica dell’argomento potete provare a vedere questo post su Jappop.com, mentre quest’altro ha una trattazione più approfondita e meno “giocosa”.

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