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JLPT livello N5 – Grammatica – Relative particolari e particolarità delle relative (parte 1)

Vi ricordo le precedenti lezioni sulle relative, se non le avete lette, sono questa e questa.

Abbiamo detto che per fare una frase relativa il verbo deve precedere il sostantivo cui si riferisce. Fin qui nessun problema. Specifichiamo due cose.

1. L’uso di “no” al posto del verbo essere

È perfettamente normale trovare, prima del sostantivo, il verbo al negativo, al passato, al passato negativo… e anche in forme che forse ancora non conoscete (come le forme in -te+iru o -te+aru, all’aff./neg. e al presente o passato… nonché alla forma volitiva!). L’importante è che qualunque verbo preceda il nostro sostantivo sia posto alla forma piana, quindi MAI in -masu!

Vale per tutti i verbi, dicevamo, nelle forme elencate, ma non troverete mai “desu” (be’, ovvio, è cortese!, direte voi) e nemmeno il verbo essere alla forma piana “da”.
Ma allora – potreste chiedervi – come faccio a dire “io che sono…”?!

Ripartiamo dal verbo essere in forma piana, “da”. Non posso usarlo perché, l’ho detto altrove, i verbi che si trovano prima di un sostantivo sono in posizione attributiva.
In questa posizione non posso trovare la base cosiddetta “shuushikei”, ma solo la “rentaikei”. Queste due basi sono uguali per tutti i verbi eccetto “da”, che alla rentaikei fa “na”. Difatti quando un aggettivo in -na precede un sostantivo usa, per l’appunto “na”: shizuka NA heya (una stanza che è tranquilla) è scritto come “aggettivo+na+sostantivo”.

Curiosità 1: anche i sostantivi che precedono la parola “wake” (訳/わけ, lett.: ragione, motivo) si legano ad essa con “na”. In vari altri casi si usa questo “na”, ma si tratta di espressioni tollerate, non grammaticalmente corrette.

Curiosità 2: in realtà “na” non è la rentaikei di “da” anche se la grammatica moderna ha deciso così. Viene da un verbo, “naru”, usato come copula (proprio come “da” oggi) che ormai è sparito dalla lingua giapponese moderna… fatta eccezione per alcuni proverbi (es. kenzen naru seishin wa kenzen naru nikutai ni yadoru, cioè “una mente sana risiede in un corpo sano”, ovvero il detto latino Mens sana in corpore sano).

A noi però “na” non interessa, perché per dire “che sono/sei/è…” di norma non uso “na” se non con gli “aggettivi in -na” che me lo permettono. Così come non uso “da” o “desu”. Dunque?

Dunque, se voglio dire “mio padre che è il presidente dell’azienda” (per esempio presentandolo a qualcuno), il discorso cambia.

Ben inteso, però: la forma negativa, quella passata e quella passata e negativa si comportano normalmente.
Ad esempio se io “non sono”, “ero” o “non ero” un dottore dico rispettivamente una di queste espressioni “isha janai boku wa”, “isha datta boku wa” o “isha janakatta boku wa” Piccola nota: in “janai” e “janakatta” può sparire il “wa” di “de wa” (contratto in “ja” e quindi non “visibile”) quindi invece di “janai”, “janakatta” posso avere “denai” e “denakatta”.

Ma alla forma presente affermativa? “Io che sono un dottore” come si dice? E come si dice “mio padre che è il presidente dell’azienda”? Si usa “no”.
Kochira wa shachou no chichi desu. = Questo è mio padre che è il presidente dell’azienda
Isha no watashi mo nanimo wakatte inai = Anch’io che sono un dottore non ho capito nulla
Deve esservi chiaro che non potete leggere “il padre del presidente”, né “io del dottore”!

Ah! Per la verità si può usare anche la forma “dearu” (al posto di “no”), ma non la troverete spesso, per ora, tenete presente solo il fatto che esiste.

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