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Studiare in Giappone (parte 3)

Benkyou ganbarou!

Ben ritrovati a tutti. Dopo aver visto con quale atteggiamento è opportuno approcciare un’esperienza di studio in Giappone e dopo aver fatto il necessario per arrivare in Giappone……siamo pronti per darci dentro con lo studio!

Da dove si comincia con lo studio?

Con ogni probabilità la scuola da voi selezionata, nel momento in cui avete fatto la vostra domanda d’ammissione, vi avrà anche chiesto informazioni sul vostro livello di giapponese. Vi avrà quindi chiesto quanto avete studiato, se da soli oppure a scuola o all’università, o negli altri modi possibili.
Non c’è bisogno di dire che è obbligatorio essere onesti quando si risponde. La scuola vi fa queste domande per sapere in linea di massima quanti studenti ci saranno per ogni classe di ciascun livello.

Se sopravvalutate il vostro livello vi troverete in una posizione molto imbarazzante: primo perché, comunque sia, la scuola vi farà fare, prima dell’inizio dei corsi, un placement test o qualcosa di simile (per decidere in quale classe mandarvi: livello principianti, intermedio, ecc.) e quindi se avete mentito lo scopriranno. Semmai riusciste a “fregare” anche il placement test, che comunque non potrà mai verificare davvero la vostra preparazione effettiva, vi troverete comunque in svantaggio quando inizieranno le lezioni, perché ciò che state studiando non sarà alla vostra portata. Tenete da subito a mente una cosa: il personale della scuola si ricorderà tutto di voi (tutto ciò che viene a sapere si intende). Quindi, rimarrete fino alla fine della vostra permanenza “uno/una di quelli che ha mentito e ci ha fatto perdere tempo”.

Altra cosa da tenere a mente: ogni scuola organizza i corsi come preferisce. Ad esempio la scuola X organizza i corsi in classi tipo 1組、2組、3組 (ichikumi, nikumi, sankumi) …e così via dicendo: ciascuna classe rappresenta un livello di difficoltà diverso. La scuola Y organizza le classi in livelli I-A, I-B, I-C, dove “I” sta ad indicare il livello base (per esempio) e A, B e C indicano una ulteriore suddivisione. Per gli intermedi ci sarà quindi II-A, II-B, II-C e così a seguire.
È scontato dire che una buona scuola saprà anche organizzare i vari livelli di studio in maniera almeno decente, senza “salti mortali” da un livello all’altro.

Entrati nella vostra classe si inizia a studiare.

Il materiale di studio (libri, ecc.) può essere a carico vostro oppure ve li può fornire la scuola. Da quel che ho visto il secondo caso è piuttosto raro. Non solo, può capitarvi il paradosso che è capitato a chi frequenta la mia scuola: si possono acquistare i libri di testo a scuola, come accade di solito, ma questi si trovano anche in una normale libreria. Dov’è il paradosso? Ebbene, in libreria costavano meno…!

 

  1. Da dove si comincia con lo studio?
  2. Il metodo di studio
  3. Come funzioneranno le lezioni?
  4. Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?
  5. Conclusioni

Il metodo di studio

Chi va in Giappone a studiare si suppone abbia fatto le superiori e possibilmente anche l’università; dunque si suppone anche (si spera) che sappia studiare. Purtroppo non è nulla di così automatico… o almeno non sempre.

Partiamo dal lato positivo dell’essere …anzi dell’essere stati studenti in Italia (meglio ancora se universitari).
Con ogni probabilità voi siete abituati a studiare più di tutti gli altri che vi trovate attorno. Gli studenti universitari inglesi, svedesi, cinesi… (e anche giapponesi) non sanno cosa siano quelle nottate da incubo passate a studiare mattoni d mille pagine, con un professore maledetto che all’esame guarda un indice e vi fa: “dimmi cosa dice il paragrafo 4.3”.
Nessuno sa cosa significhi dedicare un mese e anche più ad un esame… per poi magari, tocchiamo ferro, venire pure bocciati, perché il maledetto di cui sopra vi ha fatto una domanda e voi avete risposto a parole vostre ma non come scrive lui, sul libro scritto da lui… libro che ovviamente siete stati costretti ad acquistare per una cifra astronomica.

In altre parole, la quantità di studio che vi troverete di fronte sarà decisamente alla vostra portata… o perlomeno vi troverete messi meglio degli altri. Quello che vi tocca fare è appunto, mettervi a studiare, possibilmente in modo efficace.

Nella cultura giapponese c’è un concetto onnipresente in qualsiasi campo: 準備 junbi, ovvero “preparazione”. Ogni cosa deve essere preceduta da una fase di preparazione e programmazione, che renderà più facile il lavoro in seguito.
I giapponesi non improvvisano nulla. Tutto, ma veramente tutto, viene preparato e predisposto. Questo vale ovviamente anche per lo studio.

I vostri insegnanti vi parleranno spesso di 予習 yoshuu e di 復習 fukushuu, che possiamo rendere come “portarsi avanti”“ripassare”.
La seconda fase dovrebbe essere nota a tutti, la prima forse no. Questa fase è, direi, molto più importante della seconda. In pratica, significa studiarsi da soli gli argomenti del giorno dopo, anticipando la lezione. Questo farà sì che quando l’insegnante spiegherà la vostra mente saprà già a cosa fare attenzione, quali sono i punti più oscuri, su cui bisogna battere di più, e questo renderà i compiti e gli esercizi molto più facili.

Un mio professore all’università rendeva lo stesso concetto con una metafora molto efficace, ovvero “cavalcare l’onda”. Io però all’epoca ero piuttosto stupido, molto più di adesso, e non ci diedi molto peso. Chi ha tempo, inizi invece a cavalcare da subito, sia che siate a scuola o all’università. Vi assicuro che ne vale la pena.

 

  1. Da dove si comincia con lo studio?
  2. Il metodo di studio
  3. Come funzioneranno le lezioni?
  4. Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?
  5. Conclusioni

Come funzioneranno le lezioni?

Anche qui ci saranno differenze a seconda della scuola. Fondamentalmente però dappertutto vi troverete a studiare per lo più grammatica e kanji.

Con tutte le differenze che potreste trovare, l’insegnamento che vi verrà riservato sarà fondamentalmente nozionistico. È il modo in cui sono abituati ad imparare (e quindi ad insegnare) i giapponesi e gli asiatici in generale.

Questo è uno dei motivi per cui la scorsa volta vi ho consigliato di scegliere una scuola in cui non ci siano solo asiatici. Se gli insegnanti sono abituati ad avere a che fare con gli occidentali saranno anche più abituati ad ascoltare molte domande (i cinesi e i coreani, così come i giapponesi, in generale non ne fanno) magari improvvise, durante il corso della lezione.

Questo atteggiamento che abbiamo noi, di chiederci “perché è così?” o “perché si fa proprio così e non in quest’altro modo?” per un asiatico di norma è qualcosa di “strano” e anche abbastanza fastidioso.
Se avete però a che fare con un cinese o un giapponese che conosce un minimo la cultura occidentale, saprà benissimo che non è per maleducazione che domandate, ma per formazione culturale. Semplicemente siamo diversi ed abbiamo anche un diverso modo di fare e di apprendere. Pensare che il nostro atteggiamento sia maleducato, o che il loro sia dettato da disinteresse, è illogico come giudicare maleducato un giapponese perché quando conosce qualcuno non dà la mano. Basta semplicemente rendersi conto che in Giappone non si fa così e che il contatto fisico non è così ben visto come da noi, quindi si preferisce l’inchino. Sono differenze culturali: è ovvio aspettarsi che ne esistano (e più due paesi sono lontani, più saranno marcate).

Se posso dire la mia, quella di fare domande, in Asia come in Europa, è un’ottima idea.
Innanzitutto, non siamo stati cresciuti come di norma accade agli asiatici, abbiamo una diversa “forma mentis”… Insomma anche se ci mettessimo a studiare con il loro metodo (cioè ripetere, ripetere, ripetere) il nostro cervello ad un certo punto ci direbbe “ma che cavolo stai facendo?”. Per un motivo molto semplice… citando Radiofreccia: “da te stesso non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.

Per dirla in modo più prosaico: se ripeto una cosa che non ho capito, la imparo (a memoria), ma non continuo a non averla capita.
E direi che è sempre meglio capire ciò che si sta facendo (specie se poi è necessario saperla applicare): può sembrare dura all’inizio ma alla lunga paga.

 

  1. Da dove si comincia con lo studio?
  2. Il metodo di studio
  3. Come funzioneranno le lezioni?
  4. Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?
  5. Conclusioni

Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?

Riflettiamo un attimo e poniamoci tre domande:

  1. Quando eravamo bambini, come abbiamo imparato a parlare italiano (che è una lingua oggettivamente molto difficile)? Prendendo il libro di testo e ripetendolo a memoria?
  2. Coloro che hanno una buona padronanza dell’italiano che cosa hanno in comune?
  3. Al contrario, coloro che parlano male la propria lingua che cosa hanno in comune?

Vediamole una ad una e cerchiamo di rispondere…

1) Quando eravamo bambini, come abbiamo imparato a parlare italiano?

I libri di scuola ci hanno insegnato la forma corretta. Ecco perché anche col giapponese, così come l’inglese o qualsiasi altra lingua, dovete studiare la grammatica e studiarla bene. Altrimenti parlerete si, ma male. Il resto lo si impara leggendo, scrivendo ascoltando e parlando. Quindi cercate di attingere da quante più fonti possibili.

Immagino molti di voi siano appassionati di manga, anime e videogiochi. Avete via libera! Da adesso in poi potete unire l’utile al dilettevole.
Problema… Sei uno a cui (per esempio) non piace il Jpop (ehi, nemmeno a me!)? Non ti si chiede di forzarti all’inverosimile, ma almeno un piccolo sforzo si può fare, basta cercare di ascoltare delle canzoni, magari con il testo alla mano.

D’altronde non c’è solo il Jpop o la data cosa che proprio non ti piace…
Ci sono i film, i drama, la tv in giapponese, diversi canali youtube e podcast disponibili gratuitamente …e i vari giapponesi con cui potete fare amicizia!

Notate che molte delle cose che vi ho elencato potete già usarle in Italia. Stando in Giappone però potrete semplicemente “amplificare” il bombardamento in lingua nipponica a cui vi sottoponete per migliorare.

La cosa importante è usare tali mezzi a fine di studio. Ad esempio, quando ascoltate una canzone cercate di capire i determinati costrutti utilizzati nel testo, di annotarvi i vocaboli che incontrate ecc ecc. Poi in Giappone vi sarà più facile trovare qualcuno con cui usare la lingua, quindi niente scuse. Quindi ascoltate ovviamente e poi parlate, parlate, parlate, parlate… Niente vergogna, niente paura!

2) Coloro che hanno una buona padronanza dell’italiano che cosa hanno in comune?

Quelli che hanno un buon italiano sono, quasi sempre persone che leggono molto. Ecco perché un esercizio a cui dovete fare molta attenzione è quello della lettura. Non limitatevi ai manga, ma cercate il più possibile di leggere notizie, romanzi… qualunque cosa. È il modo migliore per apprendere nuovi vocaboli e costruzioni grammaticali più complesse.

Chi non è a un livello alto ovviamente troverà difficoltà all’inizio. Del resto, quando eravamo in quinta elementare saremmo stati in grado di leggere un articolo de Il Sole 24 Ore? Ci vuole tempo… e (molto) esercizio.

3) Coloro che parlano male la propria lingua che cosa hanno in comune?

Al contrario del punto (2) quelli che parlano male italiano sono in genere persone che leggono poco, difficilmente guardano un telegiornale o una trasmissione di approfondimento. In altre parole per migliorare nella lingua dovreste “farvi una cultura” anche in quella lingua. Esattamente come avete fatto con l’italiano.

Dunque, leggere e farsi una cultura… “tutto qui”? Be’, non dimentichiamo il parlato e la scrittura… e quanto sono diversi, specie in giapponese, dove i “parla come mangi” ed i vari “io parlo come mi sento” non reggono (specie ad un esame).

Quando parlate con i giapponesi dovete fare molta attenzione. Una delle particolarità di questa lingua, infatti, è che c’è una distinzione netta fra il giapponese parlato e quello scritto… e lo stesso giapponese parlato varia moltissimo in base al contesto.

Nel parlato colloquiale sono concesse diverse “licenze” che nello scritto sono assolutamente ダメ!(dame, cioè “non vanno bene”). Ad esempio, nessun giapponese vi dirà mai イタリアが好きです (itaria ga suki desu, mi piace l’Italia) ma tuttalpiù イタリア好き (itaria suki)!
Nello scritto però non succederà lo stesso (né tanto meno succederà in una conversazione più formale). Nello scritto la particella が e il です finale non si possono evitare, a meno che siate su una chat, un blog… o riportiate un dialogo, ad esempio.

Per i giapponesi una delle cose che contraddistingue una persona istruita è proprio la capacità di saper utilizzare appropriatamente il linguaggio scritto e formale. Le persone ignoranti invece “scrivono come parlano” (o come mangiano, se preferite^^).

Ecco perché vi ripeto di insistere con la lettura e di non limitarvi solo a parlare con i nativi. Fare solo conversazioni in un registro colloquiale comprometterà la vostra capacità di esprimervi nello scritto e in conversazioni più formali.

Dunque leggete, leggete, leggete. Soprattutto per chi non è a livello avanzato sarà molto dura all’inizio. Se però volete avere dei buoni risultati e sopratutto in tempi non biblici, questa è secondo me la strada da percorrere.
Come potete immaginare il tutto non è semplice come può apparire. Ecco perché, vi ripeto per la milionesima volta, dovete fare sul serio. Altrimenti, meglio lasciar perdere.

 

  1. Da dove si comincia con lo studio?
  2. Il metodo di studio
  3. Come funzioneranno le lezioni?
  4. Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?
  5. Conclusioni

Ricapitoliamo quanto detto e tiriamo le somme

Lo studio non si può e non si deve esaurire con le poche cose che ci fanno studiare in classe ogni giorno. Ci vuole impegno e costanza anche e soprattutto al di fuori della scuola. Portarsi avanti, frequentare le lezioni, ripassare. Portarsi avanti, frequentare le lezioni, ripassare… Poi bisogna parlare con i giapponesi, certo, ma non trascurare l’ascolto passivo (canzoni, film, tv) e la lettura… Ma sempre in funzione dello studio, quindi quaderno degli appunti alla mano!
Tanto migliori sono i risultati a cui volete aspirare, tanto più è l’impegno da profferire.

Come qualcuno avrà notato, molte delle cose che ho consigliato, possono valere benissimo per chi sta studiando all’università o per conto suo in Italia.
Come forse avrete letto nel mio primo articolo, venire a studiare in Giappone potrebbe non significare nulla se non lo fate nel modo giusto!
E infatti, ci sono persone che hanno studiato da autodidatta e che hanno raggiunto un livello migliore di chi ha studiato un anno e più in Giappone perdendo solo tempo.

Come ho detto prima, lo studio in Giappone funge da moltiplicatore di quello che è il vostro impegno quotidiano. Se ogni giorno studiate 100, in Giappone la stessa quantità di studio diventa 1000. Ma appunto… dovete studiare.

Il prossimo articolo sarà il primo dedicato ad uno degli argomenti specifici dello studio in Giappone. E cioè la croce e la delizia di tutti coloro che studiano 日本語, ovvero sia… rullo di tamburi… i kanji! Ma prima di questo articolo riceverete un’altra sorpresa, spero gradita (non fatemi dire di più, sennò che sorpresa è?!).

Grazie ancora per il tempo dedicato alla lettura… A presto!

 

  1. Da dove si comincia con lo studio?
  2. Il metodo di studio
  3. Come funzioneranno le lezioni?
  4. Qual è il modo migliore di studiare in Giappone?
  5. Conclusioni
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