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Missione Impossibile: Capire il Giappone

Capita di sentir dire che il Giappone è un paese che si odia o si ama. Certamente si sentono dimostrazioni d’amore spassionato e talvolta frasi di scherno …e sia le une che le altre sono decisamente insensate, prive di fondamento. In breve, la maggior parte delle persone non capiscono il Giappone, purtroppo.

Non si può però fargliene una colpa. Non si va molto oltre il loro livello se si dà addosso al primo otaku che capita a tiro o, dall’altro lato, a qualcuno che dice che “non vivrebbe mai in Giappone perché (motivazione a caso).

1. Una lotta intestina tra gente che ama la stessa cosa

Si arriva poi all’assurdo dell’appassionato di teatro giapponese che guarda dall’alto in basso il praticante di arti marziali che guarda dall’alto in basso l’appassionato degli anime di Miyazaki che guarda storto l’otaku-videogamer che guarda malissimo il giappominkya-Naruto-fan che a sua volta guarda dall’alto in basso tutti quelli della catena ma nell’ordine inverso… be’, ci siamo capiti, si ottiene una splendida catena di ingiustificato odio (che in quanto catena è circolare, eh) tra persone che hanno in comune un notevole amore per il Giappone.

Tutto perché, diciamocelo, si ha paura della cattiva pubblicità che “gli altri appassionati di Giappone” finiscono per riflettere su di noi… Non si può negarlo: chiunque vorrebbe trovare un colpevole da crocifiggere per tutte le volte che si è sentito dire frasi tipo “Oh, hai studiato giapponese? Ma perché? Ti piacciono i fumetti porno?”.

Sì, perché alla fine tutti gli appassionati di giapponese vengono guardati nello stesso identico modo, e cioè male: vengono guardati male, per farla semplice.

La colpa però non è di una singola persona o di un singolo gruppo di appassionati che “rovinano” l’immagine degli altri. La colpa è innanzitutto di chi diffonde falsa informazione e inganna, magari solo per fare uno “scoop” pruriginoso, la gran parte della popolazione. Come ad esempio “Le iene”, che in una loro puntata (che linko, ma vi prego di non guardare) dichiarano cose come “la ragazzina delle elementare che fa sesso con gli adulti, qui in Giappone, è la normalità, cioè è un fattore culturale accettato” …mi spiace ma no, ci sono forti movimenti per il no e se si fatica a applicare anche le leggi esistenti, non è tanto per un fattore culturale, quanto economico. Non paghi, la puntata prosegue mostrando quelle che sono delle semplici ragazze vestite da meido, o maid, (camerierine) che fanno volantinaggio per attirare i clienti in dei maid café (dove, sia chiaro, si mangia e stop), additandole come prostitute che contrattano con i clienti (in pieno giorno ad Akihabara). Praticamente il surreale fatto puntata televisiva.

2. In Italia (come in altri paesi) c’è una scarsa apertura

In Italia c’è una scarsa apertura, mentale e non, verso le altre culture. In questi tempi di attacchi terroristici, non si può accettare, ovviamente, ma si può comprenderne il perché. Chi si ritrova, quasi “suo malgrado”, ad amare un “paese strano”, come il Giappone o la Cina, non può che essere visto male, perché “strano” lui stesso e, in quanto “strano”, sarà visto come “diverso” …e uno che è “diverso” verrà guardato male a prescindere da ciò che lo rende tale, se va bene, e verrà bastonato (più o meno metaforicamente), se va peggio.

Perché?

Perché si odia ciò che si teme e si teme ciò che non si conosce. Quindi, vedendola al contrario “Non ti conosco, quindi ti odio”. Il nemico vero, quindi, è l’ignoranza. E purtroppo si fa troppo poco per combatterla, tutto è lasciato all’iniziativa del singolo, quando è curioso per sua natura, e dell’accademico… del quale rispetto gli interessi, ma che si illude se pensa che tutti si possano o debbano interessare alle retrospettive sui cortometraggi degli anni ’20, solo perché si dicono “appassionati di Giappone”.

3. Non possiamo giudicare

Anche se è ovvio che ci sono atteggiamenti più o meno negativi, è anche vero che siamo tutti nella stessa barca e non possiamo giudicare gli altri, perché l’ignoranza, la responsabile di tutti i nostri guai (di appassionati), è diffusa intorno a noi, certo, ma anche dentro di noi.

Purtroppo ciascuno guarda soprattutto al suo particolare interesse… e non lo si può biasimare, ma si pone nella condizione di un grande biologo che, per quanto di successo, non sarà mai un esperto di geologia.

Come nel caso del biologo, non c’è nulla di male… a meno che il biologo si dica “esperto di geologia” e “l’accademico” interessato alle retrospettive anni ’20 si dica “esperto di Giappone”, pensando di poter parlare per tutti, di decidere cosa è “cultura” e cosa no, cosa è “degno” e cosa no.

4. La missione impossibile è giocare senza conoscere le regole

L’ignoranza è in tutti noi, finché non ci decidiamo ad aprirci alla cultura giapponese veramente. Questo non significa mettere il “Mi piace” su facebook a un post sul Kinkakuji (il tempio d’oro a Kyoto, dai che lo hai visto sicuramente una, due o tre milioni di volte), quasi per lavarsi la coscienza dopo troppi anime visti (o drama). Non significa nemmeno saper snocciolare tutti i nomi dei templi della prefettura di Yamagata, o peggio, condividerne le foto fatte durante l’ultima vacanza in ogni gruppo sul Giappone che ci capiti a tiro… Perché siamo onesti, sono quasi tutti uguali e sono stati costruiti tutti al massimo 40 anni fa, per cui, va bene, ogni tanto, ma non facciamone un’ossessione.

Capire il Giappone significa capire i giapponesi. È vero, non si può generalizzare: i giapponesi non sono tutti uguali. Non si può dire 4 caratteristiche e aspettarsi di aver “spiegato il Giappone”. Ma è anche vero che ci sono regole comuni (convenzioni) in ogni società… e sono diverse!

Noi italiani gesticoliamo, diamo pacche sulle spalle e diamo del tu per dimostrare confidenza e quindi amicizia, facciamo grandi sorrise e grasse risate, cerchiamo di essere allegri e simpatici (a seconda della persona e della situazione) per creare una buona atmosfera.

I giapponesi evitano il contatto fisico, rifuggono quella che chiamano “over-action” (non limitata al gesticolare) e quando provano a usarla sembra stiano recitando goffamente, sorridono, ma senza aprire la bocca, usano gesti calcolati e previsti solo per determinate situazioni…

Avvicinarsi al Giappone curandosi solo del proprio interesse/hobby è come voler giocare a calcio conoscendo solo le regole del basket.

Dire di amare il Giappone perché si ama il teatro Noh, o Yu-Gi-Oh!, è come dire di amare il calcio ed essere convinti che sia quello sport in cui si lancia con le mani una palla dentro un canestro.

Penso che queste siano le parole più corrette possibili per descrivere quello che fanno molti appassionati che amano il Giappone. Non metto in dubbio che il loro sia “Amore”, con la A maiuscola, però dal mio punto di vista manca di qualcosa.

Lasciamo perdere quelli che dicono che lo odiano, perché probabilmente sono persone che non fanno nessuno sforzo per uscire dal loro guscio e dalle loro categorie limitate. Secondo me i “veri appassionati” il Giappone lo amano E lo odiano…

Perché non è vero che il Giappone si odia o si ama. Il Giappone si odia E si ama… a fasi alterne e a volte contemporaneamente.

Vi confesso che la frase è presa, in parte, dal libro di Ferguson, Autostop con Buddha. Ed è davvero precisa, ficcante. Non si può scontrarsi con un Paese come il Giappone (perché “avvicinarsi” e “conoscerlo” sono cose diverse), senza scontrarsi con quelle che sono le sue usanze, le sue convenzioni, le sue idiosincrasie e, perché no, le sue assurdità… dal nostro punto di vista di “occidentali” che, semplicemente, giocano ad un altro sport, con altre regole.

Sia chiaro che non stiamo parlando di levarsi le scarpe all’ingresso di una casa o usare le bacchette senza commettere passi falsi. Stiamo parlando di regole di cui non avete mai sentito parlare, che non avete letto anche perché per i giapponesi sono così ovvie che non stanno scritte da nessuna parte… ed è raro che gli occidentali si integrino abbastanza con la società giapponese da toccarle con mano, capirle a fondo e infine comunicarle ad altri.

Tantissimi occidentali che si recano in Giappone, anche per lavoro, anche per lunghi periodi, restano completamente ignari delle “regole giapponesi”, di tutto quel che si trova “dietro le quinte” della realtà che si trovano davanti. In qualche modo se la cavano, grazie al proprio “ruolo” di “straniero”, che gli dà un certo spago, ma se qualcuno vuole aprire un’azienda o un negozio o fare del lavoro subordinato, in qualche modo a contatto con le persone… o impara le regole o si farà buttare fuori, magari mentre maledice i giapponesi a mezza voce, magari mentre si atteggia su un sito a grande conoscitore delle nipponiche cose.

5. Come imparare le regole del gioco

Non c’è un modo rapido per imparare le regole giapponesi, le tante convenzioni, il sottotesto. Probabilmente è necessario venirle a sapere e poi sperimentarle più volte, far sì che diventino convenzioni (e quindi naturali) anche per noi.

Il problema però è innanzitutto se c’è motivo di impararle. Avete intenzione di andare a vivere in Giappone? Sì, bene, allora dateci dentro perché c’è tanto che finora nessuno vi ha detto.

Non mi riferisco al fatto che il Giappone possa essere un paese in cui è difficile vivere. La mia prof di giapponese all’università mi invitò a leggere Stupori e Tremori, di Amelie Nothomb, per farmi affacciare anche ai lati negativi del Giappone.

Io non lo lessi subito, forse perché non volevo sapere che si trattasse. Quando l’ho finalmente letto, un paio di anni dopo, invece di pensare all’enorme ingiustizia subita dall’autrice e protagonista, pensai immediatamente all’errore da lei commesso, che poi dà origine a tutta la vicenda, e al successivo e al successivo ancora (che aggravano la sua situazione). L’autrice non sapeva che aveva infranto una regola e non sapeva a che gioco giocava chi le stava attorno.

Se si vogliono imparare queste regole, libri come questi possono essere un inizio, ma non bastano e non vi aiuteranno nelle situazioni più importanti e gravi, perché spesso non sono trattati (un esempio è l’importanza delle scuse, di cui ho trattato in 5 modi per scusarsi in giapponese).

Nessun libro vi dice che vi dovete scusare anche se avete RAGIONE, e se lo dice, non vi suggerisce il tono, il modo ecc. …e se anche lo fa, l’autore non sarà comunque lì con voi nel momento della verità a tenervi la mano e/o a impedirvi di fare una scenata invece di prendervi una colpa non vostra.

La vera introduzione alla cultura giapponese, comunque, è e sarà sempre la lingua giapponese

La lingua, se ci si riflette abbastanza, è la principale fonte di informazione che abbiamo sulle regole giapponesi più difficili e meno “pubblicizzate” e dalla lingua, sotto questo aspetto, si può imparare più che da tutti gli altri libri messi insieme.

Leggendo un libro come quelli che vi ho linkato, forse sentirete parlare di honne e tatemae, del distacco tra ciò che si dice e ciò che si pensa, ma di rado qualcuno vi parlerà dei rapporti tra persone e della società verticale e ancor più di rado qualcuno riuscirà a farvi capire cosa davvero significhi… dovrete arrivarci da soli.

Per farlo vi basta mettervi ad imparare il giapponese: vi darà l’occasione di capire le regole per davvero, perché ovviamente la lingua usata è influenzata e funzionale a queste regole (certo, bisogna anche rifletterci, perché se memorizzate i vocaboli e stop, è finita).

Le regole del gioco che ci insegna la lingua, però, le vedremo la prossima volta.

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