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Errori comuni (1) – Le pronunce giapponesi più difficili

Ci sono alcuni suoni in giapponese che hanno una pronuncia effettivamente difficile e danno parecchio da penare a più di uno studente… Anche se non so se qualcuno si pesti la lingua come nell’immagine qui sopra. Tutto ciò, nonostante i suoni del giapponese siano per la gran parte incredibilmente simili a quelli dell’italiano! Ebbene sì, noi italiani siamo molto avvantaggiati quando si tratta dello studio del giapponese.

Non ci credete? Provate a pensare alle vocali: le cinque vocali giapponesi sono presenti pari pari in italiano. Le vocali dell’inglese sono per noi MOLTO più difficili! E pensate se aveste avuto il pallino del cinese, che fatica! Già solo il numero di vocali: sono ben 7… o addirittura 36, a seconda delle interpretazioni! Σ(@д @) …è un numero impressionante, no?

Ad ogni modo, anche se siamo avvantaggiati, una lingua straniera resta pur sempre una lingua straniera e gli errori sono inevitabili. Ho pensato quindi di raccogliere in una rubrica gli errori più ricorrenti per aiutare ad evitarli in futuro …partendo oggi con i suoni che vengono più spesso sbagliati dagli studenti che stanno imparando il giapponese.

Eccovi dunque i suoni del giapponese con la pronuncia più difficile per noi italiani… *rullo-di-tamburi* Si tratta di:

  1. H
  2. F
  3. R
  4. I ed U
  5. E ed O
  6. S e Z
  7. W e Y

Qualcuno di questi punti vi sarà sicuramente familiare, ma sono scuro che qualche altro punto vi lascerà perplessi: “Eeeh?! Non sarà che finora ho sempre sbagliato?!”. Ebbene sì, carissimi, non vi nego che c’è davvero questa possibilità. Ma andiamo con ordine.

1. La pronuncia della H

Noi italiani tendiamo naturalmente ad ignorare la H, ma la sua pronuncia deve essere aspirata. Il che, attenzione, non significa che dovete aspirare mentre la dite, anzi, il contrario, dovete buttare fuori l’aria… Un po’ come se stesse soffiando sugli occhiali mentre dite la vocale che trovate subito dopo la H in questione.

2. La pronuncia della F

La pronuncia della F è forse una delle meno tragiche complesse. Per pronunciarla correttamente basta dire una F, ma facendo attenzione a non toccare con i denti superiori il labbro inferiore (che è quel che facciamo di solito noi italiani per pronunciare la F, provare per credere).

3. La pronuncia della R

E siamo al primo grande ostacolo, la fantomatica R. È davvero così tragica? Sì purtroppo. Non a caso c’è uno sketch del gruppo comico ラーメンズ Ramens che ci prende in giro proprio sulla pronuncia della R, troppo “forte”… (noi prendiamo in giro loro e loro noi, in un circolo vizioso di idiozia). Lo sketch, poi, è pure divertente, a suo modo, per cui – perché no? – eccovi il video.

È tutto in “italiano”, per cui non serve davvero una traduzione, ma contestualizzo un attimo. Si parte con uno studente di una scuola di giapponese (?) in attesa dell’insegnante… che è anche lui italiano e lo si vede dai modi, dagli abiti, dalla pettinatura… e dal pelo di fuori. Dopo l’appello, in “perfetto italiano”, si parte con un po’ di “ascolta e ripeti”, titolo: “Le meravigliose province giapponesi”. Da qui in poi ci sono solo nomi di province (dovrei dire prefetture) e la sottolineatura dei nostri vari errori. Tra questi spicca la R di IbaRRRRaki.

Per pronunciare la nostra R portiamo la lingua a toccare le gengive dei denti incisivi superiori, poi soffiamo fuori l’aria lasciando la lingua relativamente sciolta, così che per un particolare fenomeno di pressione dell’aria, la lingua si ritrova a vibrare al passaggio dell’aria. E vibra parecchio. Ecco perché fa ridere il nostro IbaRRRRaki.

La R giapponese invece è detta monovibrante, perché, va da sé, la lingua deve vibrare una volta sola nel pronunciarla. Più che di vibrazione, in realtà, si tratta di un piccolo scatto che la lingua fa tra il palato e le gengive dei denti davanti (ricordate la posizione della lingua nella nostra R), quasi accarezzando il palato (in modo a volte fastidioso).

Provate a dire una R, o meglio ancora, esercitatevi con la parola お風呂/おふろ ofuro (bagno). Nel farlo invece di pronunciare la R all’italiano provate a far fare lo scatto in questione alla lingua (provate in una direzione o nell’altra, come vi viene meglio… a me dà fastidio il movimento in avanti e preferisco “mangiarmi” la R muovendo la lingua all’indietro).

Il risultato sarà una cosa a metà tra R e L (specie se muovete la lingua in avanti dal palato ai denti) e sicuramente una buona approssimazione della R giapponese. Per la verità a volte al nostro orecchio suonerà a metà strada tra R, L e D (in particolare se preceduta da N), come avviene in parole come enryo, benri… Per ora ascoltiamo alcuni esempi, ma non danniamoci l’anima.

benri
konran
konran 2
enryo
enryo 2

4. Le vocali I ed U

Queste due vocali vengono smorzate (sono “semi-mute”) quando non sono né lunghe né accentate e si trovano in mezzo a una coppia di consonanti di un certo tipo. Quali? Sostanzialmente quelle che potrebbero essere sonorizzate ma non lo sono… o, se preferite, i kana di cui fanno parte queste consonanti potrebbero prendere il nigori ma non lo prendono. Parliamo per la precisione di K, S, SH, T, CH, TS, H e F (che sono poi le stesse consonanti che possono raddoppiare, eccetto H e F  che raddoppiando “diventano” PP).

Inoltre I ed U sono semi-mute quando si trovano, a prescindere da quanto segue, legate a H, S o Z (queste ultime due solo con la U ovviamente), mentre la U soltanto è muta a fine parola.

O perlomeno queste sono le regole. La realtà è molto più problematica… e mentre è grave pronunciare ancora yoroshiku con “i” e “u” ben scandite dopo anni di università, ma ammesso che ci vuole parecchio tempo e tantissimo ascolto di audio/video giapponese per poter cogliere naturalmente la giusta pronuncia. È ovvio infatti che uno non possa stare a farsi i suoi conti ogni volta che deve leggere o pronunciare una parola: deve cercare di impararla già con la giusta pronuncia, naturalmente, ma per pronunciare bene parole nuove o quasi bisogna acquisire una certa “sensibilità”, c’è poco da fare. Lo so, vi lascerà perplessi, ma essenzialmente vi sto dicendo “Lasciate stare libri di testo e cd audio, guardatevi anime e drama!” …niente male come compito a casa, no? ;-P

5. Le vocali E ed O

Le vocali E ed O vanno pronunciate come vocali chiuse. Se la differenza tra vocali chiuse (é e ó) e aperte (è e ò) non vi è chiara, possiamo pensare ad alcuni esempi in italiano.

Per la “e” prendiamo la parola “pesca”. Senza la giusta non sapete di che si tratta, no? Se è la pésca che deriva dal pescare usa una “e chiusa”, mentre la pèsca, quella che si mangia, ha una “e aperta”. È un po’ più chiaro ora?

Per la “o” invece proviamo a pronunciare “dono” e “parola”: la prima ha la “o chiusa”, la seconda ha la “o aperta”. Verificatene eventualmente l’audio corretto sul dizionario rai della pronuncia e se proprio non notate la differenza, considerate che in giapponese dovrete sforzarvi di aprire poco la bocca nel pronunciare la E e la O.

Le vocali, tra l’altro, presentano anche un’altra caratteristica: gli allungamenti. È importante allungare le vocali che vanno allungate o cambia il senso della parola (o diventa incomprensibile). Ad esempio 風鈴 fuurin, la campanella che suona quando il vento soffia e ne muove il battacchio, se non corrattamente pronunciata diventa 不倫 furin, ovvero “scappatella” (nel senso del tradimento del proprio coniuge).

6. La pronuncia delle consonanti S e Z

In italiano esistono 4 suoni scritti con S e Z, ovvero S sorda e S sonora, Z sorda e Z sonora. In giapponese esistono però solo due suoni riconducibili a S e Z: si tratta della versione sorda e di quella sonora del medesimo suono, che poi si ritrovano in さ e ざ, す e ず, せ e ぜ, そ e ぞ. Siamo noi che in italiano (o meglio con il roomaji) li trascriviamo con S e Z (sa e za, su e zu, se e ze, so e zo), ma è il nostro modo di fare, di approssimare i suoni giapponesi con le nostre lettere. È naturale quindi aspettarsi qualche difficoltà nel renderli correttamente.

Le difficoltà però si creano più che altro perché siamo poco abituati a notare la differenza tra questi suoni e perché in regioni diversi le stesse parole si pronunciano in modi diversi… e fenomeni di immigrazioni entro la stessa regione ci hanno portato ad essere molto “tolleranti” nei confronti delle varie pronunce che sentiamo. Ad esempio, “casa” usa una S sorda o sonora? Per me sonora… e invece in italiano corretto è sorda.

In giapponese non si distingue tra S sonora e Z sonora, così sentendo una parola giapponese potremmo pensare sia scritta con una S (p.e. さ sa), quando invece è scritta con una Z (p.e. ざ za). O viceversa potremmo cercare di pronunciare con una S (p.e. さ sa), ma usando una S sonora, un giapponese sentirebbe una Z (p.e. ざ za).

Possiamo quindi riassumere così, per praticità (usate il dizionario rai per controllare):

  1. La S giapponese (quella dei kana senza nigori) è sempre una S sorda (come in “casa”)
  2. S sonora e Z sonora non sono distinti: sono i kana con il nigori e in roomaji sono scritti con la Z
  3. La Z sorda in giapponese esiste solo in un kana: つ tsu; solo in parole di origine straniera trascritte con katakana si incontrano anche scritture come ツァ tsa, ツィ tsi, ツェ tse e ツォ tso, come succede ad esempio in Patrizia パトリツィア.

7. La pronuncia di W e Y

Qust’ultimo punto stupisce molti studenti, perché come altri, a dire il vero, è poco o per nulla citato dai libri di testo e perché noi riteniamo W e Y dei suoni tutto sommato familiari, che usiamo tutti i giorni in tante parole di origine inglese.

Y e W però sono suoni un po’ particolari, a metà tra una vocale e una consonante, ecco perché si parla di “semi-vocali”. Nonostante di solito si leggano proprio come ci si aspetterebbe, anche la loro pronuncia presenta alcune sorprese.

La Y in un certo senso “comprende” il suono della lettera “i”; basta provare a leggere ad alta voce la parola yogurt e poi “iogurt”, per rendersene conto. Non sono molto diverse, no? Per questo motivo i giapponesi pronunciando la Y si ritrovano naturalmente ad allungare il precedente suono E o I, come se subito dopo avessimo una い i, che come sappiamo viene usata per allungare i suoni E ed I. Certe parole quindi vanno lette quasi senza pronunciare la Y. Per esempio 部屋 heya non si legge he+ya, ma “heea”, mentre お冷 ohiya, acqua fredda (da bere), si legge ohiia… proprio come se le vocali precedenti (E nel primo caso, I nel secondo) fossero allungate da un kana い i.

La W invece comprende, in un certo senso, il suono “u”, quindi i giapponesi quando la pronunciano tendono ad allungare il precedente suono “o” o “u”, senza pronunciare la W come ci aspetteremmo, p.e. kowai non si legge こko + わ wa + い i, ma qualcosa tipo kooai.

Bene, con questo è tutto. Spero che questo post vi sia stato utile! Mi raccomando, esercitatevi il più possibile e ascoltate il più possibile: non fate l’errore di pensare che un CD audio allegato al corso possa fare la differenza, non vi serve praticamente a nulla, dovete ascoltare, ascoltare, ascoltare, e poi iniziare ad esercitarvi a parlare (quando ne avrete l’occasione) perché anche la lingua è un muscolo e non può fare bene movimenti a cui non è abituata!

Come sempre, buono studio! 😊

じゃ、がんばってね~

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