Ovviamente non potete prendere un sostantivo qualsiasi e trasformarlo in verbo (anche se nello slang giovanile capita^^).
Esistono sostantivi che possono essere usati come verbi in suru e sostantivi che non possono essere usati così (nel caso in cui sia possibile creare il verbo in suru, sul vocabolario trovate almeno un esempio, mentre i dizionaretti online, tipo tagaini jisho, riportano l’indicazione “vs”). Non è certo nulla di strano. Se posso dire “studio” e “studiare”, “amore” e “amare”, “risonanza” e “risuonare” è anche vero che non posso dire “sentimento” e… “sentimentare”!? Guarda caso lo stesso vale in giapponese: posso dire “kimochi” (sentimento) ma non “kimochi suru”, che non esiste.
Abbiamo rozzamente tradotto benkyou suru come “fare lo studio”, prima di tradurlo correttamente “studiare”. È bene però notare che benkyou non è retto da alcuna posposizione, pur essendo un sostantivo, né dal verbo essere. Ciò non sarebbe possibile …e allora, come mai accade?
È bene considerare benkyousuru come una parola sola! Sebbene io preferisca di gran lunga scrivere benkyou suru (e sul vocabolario non troverete la parola benkyousuru, ma solo benkyou), i grammatici, come l’autorevole Haruhiko Kindaichi, hanno da tempo indicato questa scelta come la migliore.
D’altronde, quando benkyou è davvero sostantivo a sé, troverò benkyou WO suru. Cioè posso inserire la particella che regge il complemento oggetto (を, wo), senza che cambi il significato. Avendo però la particella, benkyou va considerata parola a sé stante, anche perché il suo ruolo è chiaramente indicato dalla particella “wo”.
Perché allora non dire che in “benkyou suru” la particella è sottintesa? – direte voi.
Due motivi.
1. Il primo è che ci sono verbi in suru (es.: 愛する ai suru, amare) che non accettano la forma con la particella (✘ 愛をする, ai wo suru). Fra poco li vedremo in dettaglio.
2. Il secondo motivo forse sta nel fatto che esistono verbi ottenuti unendo a un sostantivo il verbo suru …in forma sonorizzata!
Quando unisco due parole e la seconda sonorizza significa indubbiamente che ho ricavato una parola composta. Se ho tabi (viaggio) + hito (persona) = tabibito (viaggiatore), è evidente che “tabibito” è una parola unica. Non sempre ho sonorizzazione della seconda parte della parola composta*, ma ciò non significa che non abbia creato comunque una parola composta. Allo stesso modo se unendo un sostantivo a suru, con alcuni sostantivi ho sonorizzazione e con altri no, il procedimento di base, il concetto alla base, resta pur sempre quello di creare una parola composta.
*Ad esempio in hitotsuki (un mese) non ho sonorizzazione di “tsuki” in “-zuki”, anche se tsuki sonorizza in altre parole (come “mikazuki”) e, dal canto suo, hito, seguito per esempio da hashiri, diventa ひとっ走り hitoppashiri: anch’essa evidentemente una parola unica.
A questo punto, visto il ruolo chiave che hanno assunto nel nostro discorso, mi sembra opportuno presentare i verbi del punto 1, quelli cioè che non accettano la costruzione “sostantivo+を+suru” e quelli del punto 2, che si legano a suru “trasformandolo” un poco, obbligandolo a sonorizzare (il termine non è perfetto, ma chiariremo presto)… ma lo faremo nelle prossime lezioni ovviamente^^