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Miti – In Giappone si lavora tanto (e in Italia no)

Se avete sentito parlare di karoushi, avrete sicuramente sentito dire che in Giappone si lavora tanto, molto più che in Italia. Ebbene, carissimi, anche questo è un mito. Ma non del tutto. Per certi versi. Ma è un bene. Forse. 😛

Si lavora più in Giappone o in Italia?

Vi sconcerterà saperlo, ma a guardare i dati delle ore annuali effettivamente lavorate per persona occupata, si lavora più in Italia che in Giappone, anche se di poco: 1725 contro 1719 ore annue!

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Ultimi dati disponibili (2015) dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE/OECD)

Va contro tutto quel che ci hanno sempre detto. Ma allora da dove viene questo mito?

La verità sotto il manto del mito

Inutile dire che se c’è chi muore di troppo lavoro, alla base di tutto ciò deve esserci una verità …ed infatti è così: se si guarda il lavoro dipendente, il divario tra Italia e Giappone si spalanca: appena 1576 (Italia) contro 1734 (Giappone).

Cosa significa?

Significa che i lavoratori italiani non-dipendenti (liberi professionisti ma non solo, come vedremo a fine articolo) lavorano molto, molto più dei lavoratori dipendenti (poiché 1729 era la media su tutti i lavoratori, significa che se guardassimo solo i non dipendenti avremmo un valore ancora più alto, anche se non possiamo sapere di quanto non sapendo la proporzione tra lavoratori dipendenti e non dipendenti).

Viceversa in Giappone lavorano più i dipendenti dei non dipendenti, perché nel caso del Giappone le ore annue sono aumentate da 1719 a 1734.

Lo sapevo! I dipendenti italiani sono degli scansafatiche!

Per qualche motivo in Italia facciamo sempre gara a insultarci a vicenda. In realtà anche guardando solo i dati del lavoro dipendente, anche in altri paesi occidentali come Francia e Germania il lavoratore dipendente lavora in media 100 ore meno rispetto alle ore medie di tutti i lavoratori. In Italia il divario è appena più accentuato, ma di nuovo senza sapere le proporzioni tra forze lavoro di diverso tipo non si può fare un confronto.

Perché questo divario?

Nel mondo occidentale la risposta è semplice: ferie pagate. In Giappone i dipendenti prendono pochissime ferie pagate, spesso solo un paio di settimane nell’arco dell’anno, al punto che, credo, il Giappone sia l’unico paese al mondo dove si sia discussa una legge per rendere obbligatorio per il dipendente prendere almeno 8 giorni di ferie l’anno.

Lavorare poco è davvero negativo?

A ben guardare di nuovo i dati, notiamo che i paesi più sviluppati si trovano tutti nella prima parte del grafico, dal lato di chi lavora meno; con pochissime eccezioni, come appunto Italia, Giappone, USA e Corea (famosa per essere tra i paesi dove più si soffre il troppo lavoro).

Insomma, lavorare poco (relativamente) è uno degli indicatori di un paese davvero avanzato, in quanto produttivo, sì, ma al tempo stesso rispettoso dei diritti del lavoratore; paesi in cui i principi del capitalismo sono mitigati da principi di benessere sociale e dall’idea che uno stato è una comunità di persone (non una giungla dove vige la legge del più forte).

Allora è positivo che i dipendenti lavorino poco?!

Diciamo piuttosto che è negativo che i nostri lavoratori non-dipendenti lavorino tanto. L’impostazione del nostro paese non è quella di un paese asiatico e/o improntato al capitalismo spinto, non si capisce cosa facciamo nella parte destra della classifica con Giappone, USA e Corea: dovremmo paragonarci e allinearci agli altri paesi Europei che hanno un’impostazione più simile alla nostra.

Tanto più la situazione del paese migliorerà (pura fantascienza, temo) tanto più ci sposteremo a sinistra nella classifica (verso meno ore lavorate per persona). D’altronde gli stati europei dove si lavora più che in Italia sono ad esempio Ungheria, Repubblica Ceca, Portogallo, Polonia, Grecia… non esattamente la crème de la crème.

Ok, ma almeno, tanto di cappello ai nostri professionisti, no?

Sì e no. Obiettivamente lavorano di più, ma vanno considerate due cose. La prima è che ovunque, come detto, c’è un divario con dipendenti e professionisti. La seconda, più importante è che in Italia abbiamo anche delle anomalie di cui tener conto…

Ad esempio il fatto che esiste un popolo di finte partite IVA che in realtà sono dipendenti (perfino l’INPS sotto il precedente direttore assumeva così le persone); tutta gente che ovviamente figura come libero professionista, ma di fatto non lo è. Inoltre avendo zero potere contrattuale lavora probabilmente moltissimo e se fosse impiegata regolarmente andrebbe a diminuire il divario tra lavoro dipendente e non-dipendente.

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