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Miti – L’uso di boku

Il pronome 僕 boku che ritrovate nell’immagine del titolo si usa per dire “io”. Certo, non è l’unico pronome che posso usare per dire “io”, lo usano solo i maschi (salvo rare eccezioni, vd. oltre), non è molto citato sui libri di testo e, sebbene negli anime si senta abbastanza spesso, sembra essere usato essenzialmente dai bambini (in realtà ciò è correlato al tipo di anime che guardate, anzi, agli anime in genere, visto che non vi compaiono molti adulti^^). Tutti questi aspetti vanno a creare un grosso problema.

Come effetto di ciò che scrivono pessimi fansubber inglesi (e di conseguenza i subber italiani, che copiano), nonché qualche corso online scritto da incompetenti (entusiasti o approfittatori), molti studenti credono che boku sia un pronome infantile.
In effetti non è così, boku è un pronome educato. Un ragazzo delle superiori, in genere, usa “ore” per la maggior parte del tempo e “boku” con insegnanti e in situazioni più formali. Un uomo adulto aggiunge watashi alla sua gamma di possibilità (e qui si vede come per una ragazza/donna sia molto più facile, visto che può banalmente usare sempre watashi) e lo usa in particolare (può pure usarlo sempre sul posto di lavoro, sta solo alla persona) con chi gli è superiore, limitando l’uso di boku a situazioni più informali, ma dove vuole mantenere una certa educazione (a volte una “educata distanza” tra sé e l’ascoltatore, come a dire “non mi prendo troppa confidenza”).

Molti purtroppo sono male indirizzati dalla cattiva informazione che si trova online. Lo ripeto: boku non viene usato solo dai bambini e non è infantile. C’è così tanta cattiva informazione che temo non mi crediate, ma volendo posso citarvi vari esempi come “prove”…
I primi che mi vengono in mente: tra gli anime, Fate/Zero, tra i drama, Edison no haha. In queste serie (e molte altre) ad usare “boku” sono uomini fatti e finiti, né infantili, né giovincelli^^ A meno di voler definire “bambino” uno come Kiritsugu di Fate/Zero^^
Ma posso capire che molti avranno ancora dei dubbi. Che ne dite allora di questo manga?

Nel fumetto a sinistra il vecchio professore usa “boku”, come potete vedere dal kanji

Si potrebbe obbiettare che quel professore, personaggio di Moyashimon, è un vero eccentrico. Allora dovrei suggerirvi di guardare la vignetta qui sotto (dove uno yakuza che si finge educato con una cameriera dice “Allora lo prendo in consegna io”).
Ad ogni modo, volendo escludere del tutto anime, manga e drama, passando ad esempi “di vita reale”, potrei farvi presente che il primo ministro Eisaku Satou parlando alla Dieta (ovvero il Parlamento giapponese) usava watakushi, ma parlando in sala stampa passava a “boku”. Se poi preferite un esempio dalla mia esperienza personale potrei dirvi che il figlio del proprietario del ryokan dove sono stato l’ultima volta che sono andato in Giappone… be’, aveva 30 anni e usava “boku”.
Posso fare tanti esempi sull’uso di boku, relativi a situazioni così diverse per via del grande vantaggio che “boku” ha (specie per noi occidentali): il vantaggio di poter essere usato tanto in pubblico quanto in privato senza troppi problemi.
Anche se, a dire il vero, ci sono situazioni in cui è “eccessivo” perché, come capita, l’educazione crea anche una certa distanza, un distacco ritenuto, a volte, eccessivo. Inoltre può risultare fuori luogo (troppo cortese) con chi è “socialmente sotto di noi”. Dunque un uomo può usare “boku” parlando col proprio padre, ma non lo userà parlando con la moglie o i figli (due esempi ricollegabili ad una “distanza fuori luogo”, con la moglie, e ad una relazione superiore-inferiore, i.e. padre-figlio) ed è ancor meno probabile che lo usi parlando con un bambino (se capita^^) per strada. Certo, “improbabile” non vuol dire “impossibile”, dipende dalla persona. Poniamo ad esempio il caso che il parlante voglia “dare il buon esempio” o che il bambino, viceversa, vada solo sgridato…
Come dicevo, poi, “boku” è utilizzabile sul lavoro (tra colleghi, col capoufficio… però più è importante il nostro interlocutore e meno è appropriato). Certo, watashi, usato da un uomo sul posto di lavoro è comunque più “professionale” di boku, ma se volete iniziare ad accorciare le distanze con un/a senpai, colleghi e colleghe (del vostro livello per età o ruolo nell’azienda), non potete continuare a usare watashi; boku è un ottimo compromesso, proprio perché più informale di watashi, ma comunque educato (“ore” usato con un/a collega con cui non si ha confidenza sarebbe sgarbato).

Paradossalmente, quello che è un vantaggio per noi occidentali che studiamo giapponese risulta uno “svantaggio” …per i giapponesi e il povero “boku”!
Difatti incontriamo “boku” in situazioni molto diverse tra loro, ma tutto sommato abbastanza di rado, proprio perché i giapponesi sentono di doversi adeguare al meglio alle situazioni e cercano di distinguere nettamente il loro modo di esprimersi, cercando di non mischiare pubblico e privato. Dunque in questo senso la sua stessa “duttilità” penalizza “boku” e fa sì che gli si preferisca spesso un accorto uso di watashi e ore (e magari washi per gli uomini più anziani).
In quest’ottica adoravo il detective di non ricordo che drama: usava “ore” in famiglia, “boku” con alcuni colleghi, “ore” con altri colleghi e i criminali, “watashi” con le vittime e i suoi superiori. Un delirio per noi, impeccabile secondo un giapponese.

Consideriamo solo ora, a parte, le canzoni. Dato che tra i “media” queste sono qualcosa di molto diverso, rispetto a quanto visto finora, ho pensato di fare in proposito un discorso separato dal resto.
Innanzitutto, fatto abbastanza inatteso, le ragazze cantando usano spesso “boku”.
Un esempio tra tanti è Hitomi Takahashi, che ha pubblicato il singolo たちの行方 Bokutachi no yukue. Inoltre, tanto per farvi un esempio, sentiamo che in Evergreen canta: 君と手をつなぎ歩いたあの夏は今もの中に cioè …kimi to te wo tsunagiaruita ano natsu wa ima mo boku no naka ni… (anche adesso sento dentro quell’estate in cui ho camminato mano nella mano con te).
Anche qui ritroviamo insomma il nostro caro “boku” e, incidentalmente, anche “kimi” (tu) che si dice – a torto – le ragazze non usino mai …ma di questo parlo in un altro post.

Ma perché una ragazza dovrebbe usare “boku” se “boku” è un pronome maschile? Difficile a dirsi. In tenera età capita che le bambine usino boku (oltre ad usare il proprio nome, parlando di sé in terza, ed il solito watashi) e forse per questo motivo, per dare l’idea di un personaggio un po’ infantile, negli anime ci sono delle ragazze, come Ayu in Kanon, che lo usano (negli anime, non nella vita reale). Altro motivo, valido tanto negli anime, quanto nelle canzoni, è che ha un che di “boyish” (noi diremmo “da maschiaccio”, ma va tolto il connotato dispregiativo che ha la parola). E pare davvero ragionevole se pensate che la cantante che vi citavo, Hitomi Takahashi, si presenta così…

…è anche vero però che cantanti molto meno “boyish” di Hitomi usano questo pronome e quindi forse faremmo bene a pensare ad una scelta del vocabolo per favorire l’immedesimazione, ma devo dirvi la verità, non so darvi una risposta più precisa di questa.

Su “boku”, infine, c’è un altro “mito” da sfatare.
Si crede che boku sia semplicemente il “corrispettivo” di kimi. Dunque l’idea di molti è “se uso boku per dire io, poi devo usare kimi per dire tu“. L’idea pare “supportata” da prove, come l’immagine sotto il titolo o quest’altra:
…ma quest’idea è del tutto sbagliata! L’uso di “kimi”, “anta” o “anata” per dire “tu” resta legato al nostro rapporto con l’altra persona, non ad un nostro presunto “modo standard” di parlare (né scelto, né “imposto”, per esempio, dal nostro sesso)!
Le immagini che seguono, prese dal video della canzone Fukuwarai (nel link la trovate tradotta da me), dell’ottimo cantante  高橋優 Takahashi Yuu, ci provano proprio questo. Nel caso particolare poi vediamo come si possa usare tranquillamente il classico “anata” (che i più – erroneamente – legano a doppio filo al pronome “watashi”) insieme a “boku”… oltre ad avere un’altra riprova, se ancora servisse, che “boku” non lo usano solo i bambini!

Questo post è un approfondimento fatto a partire da un vecchio post, pubblicato quando il blog era seguito da pochissime persone. Per leggere qualcos’altro sull’argomento vi consiglio di dargli un’occhiata e di leggere, possibilmente, anche la lezione sui pronomi più importanti (specie se “kimi” e “anata” sono parole che non vi dicono nulla).

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