Ho fatto un piccolo test sul gruppo Facebook per avere la conferma di un dubbio e cioè che certe cose i libri non le considerano nemmeno… ed è andata come credevo purtroppo. Il 75% circa di chi ha risposto ha detto che la frase 私はテニスが上手です watashi wa tenisu ga jouzu desu, Io sono bravo a tennis, andava bene.

In realtà questa frase, pur avendo “le posposizioni al posto giusto”, suona innaturale… a meno che sia detta per scherzo.

Non suona innaturale a noi, però. La tipica presentazione di fronte ad una classe di giapponese in Giappone di solito comprende sempre alcune persone che dicono qualcosa tipo “Mi chiamo… Mi piace… Sono bravo a…” usando proprio 上手 jouzu. E come biasimarle? I libri non ne parlano, se va bene, e certi corsi includono perfino frasi del genere! …come dimostra l’esempio qui sotto, cortesia di google immagini.

Il Minna no nihongo, mio acerrimo nemico, come saprete ormai, non commette questo errore, ma non ne parla. E “colpevolmente” comprende delle frasi di complimenti ad un insegnante… senza però dire da nessuna parte che uno studente non dovrebbe dire ad un insegnante che è 上手 jouzu nel suo mestiere.

A volte mi chiedo, davvero “ma uno deve già imparare una tra le lingue più difficili al mondo… ma deve pure farlo lottando contro quelli che si atteggiano da insegnanti e i libri buttati fuori a manetta per far cassa?!” Va be’, lasciamo perdere la tristezza delle risorse in circolazione e arriviamo a…

La verità su JOUZU!

La prima regola di jouzu è non usarlo per sé stessi (nemmeno al passato, come invece suggeriva qualcuno). La giusta espressione richiede l’uso di 得意 tokui al posto di 上手 jouzu.

上手 jouzu indica una effettiva abilità, a confronto con gli altri. È una valutazione dell’abilità di una persona (motivo per cui uno studente non deve usarlo parlando ad un insegnante della sua abilità: da studenti non possiamo valutare un insegnante parlando con lui/lei, è scortese perché l’insegnante è un nostro “superiore”).

得意 tokui significa in pratica “punto forte”. Se dico che qualcosa è il mio punto forte, intendo dire che quando si tratta di quel qualcosa ho fiducia nelle mie abilità… Non implica l’idea che io sia bravo rispetto ad altri, perché io posso prendere quasi sempre insufficienze, ma se in inglese prendo sempre 6 e mezzo, 7 …be’, non sono bravo in inglese, ma l’inglese è il mio punto forte, no? 😉

Si dice spesso che 上手 non si può usare “perché in giapponese non mi devo vantare…” ma non è una spiegazione corretta o perlomeno precisa! Difatti mi posso vantare! Però per farlo devo usare 得意 tokui, perché tokui mi permette di dire che “(mi sento) bravo in qualcosa”, senza dire che “sono più bravo (di altri)” in quel qualcosa.

Il fatto è che 上手 jouzu indica un bravo che è “oggettivo”, concreto: bravo rispetto ad altri. 得意 tokui è un bravo che è “soggettivo”: significa che mi sento bravo.

I problemi nel lodare gli altri

Come dicevo più su, lodare un insegnante può essere un problema. Posso lodare un prof. usando jouzu in riferimento alle capacità nel suo campo se siamo colleghi.

Se sono un suo studente, posso ancora lodarlo ma solo SE non mi riferisco al suo campo! Altrimenti suona scortese. P.e. poniamo la mia prof porti dei dolcetti a scuola, posso dirle:
先生、先生は料理が(お)上手ですね (c’è chi raccomanda l’uso di “o-jouzu” e chi non ci fa caso)
Sensei, sensei wa ryouri ga (o)jouzu desu ne.
Prof, Lei è brava a cucinare eh…

Cosa succede se voglio lodare le sue abilità nel suo campo?

In genere si inizia con sasuga desu ne (come ci si aspetterebbe da Lei), quindi si prosegue con qualcosa che dice cosa ho provato di fronte a quel che l’altro ha fatto… (eventualmente riferendomi alla cosa e non alla persona).
先生、さすがですね。感動しました。/すばらしいスピーチでした。
Sensei, sasuga desu ne. Kandou shimashita./subarashii supiichi deshita.
(lett.) Sensei, come ci si aspetterebbe da Lei, eh! Mi sono commosso./È stato un discorso meraviglioso
L’idea è che il discorso ha suscitato in me un’emozione, l’ho sentito come meraviglioso: in questo “kandou suru” e “subarashii” sono sullo stesso piano, perché in un certo senso parlano tutti e due di cosa ho provato.
Tra parentesi “commosso” per noi sembra eccessivo, i giapponesi lo usano con più tranquillità, non è una colossata leccata di …ehm…

Prima di vedere un ultimo rischio nel lodare gli altri, vediamo come usare jouzu e tokui al negativo…

Per dire che qualcuno non è bravo…

Nel dire che qualcuno non è bravo (se mi posso permettere di dirlo senza offenderlo, ovviamente), posso usare (amari) tokui/jouzu janai desu. Posso usare gli opposti di tokui e jouzu, cioè nigate e heta, ma ovviamente “non sei molto bravo” (amari tokui janai desu ne) suona meglio di “sei incapace” (heta desu).

Le stesse forme si possono usare per sé stessi, anche jouzu (janai!) in questo caso è accettabile perché dico che obiettivamente non sono bravo. Ovvio che non c’è problema stavolta.

Piccola nota: nigate ha un uso particolare (per cui la cosa in questione nel contempo “non mi piace”), quindi a seconda del contesto può essere inadatto (vd. questo commento e la mia risposta). Usando il negativo di tokui/jouzu si va più sul sicuro, anche se in frasi brevi e semplici come quelle viste fin qui il problema non si pone.

Con le frasi negative spesso la cosa in cui non si è bravi è messa a tema …o meglio, crea un contrasto: limito il discorso a quel qualcosa.

料理はあまり上手じゃないです。
ryouri wa amari jouzu janai desu.
Non sono molto bravo in cucina.

たけしさん、料理はあまり上手じゃないですね。(笑)
Takeshi-san, ryouri wa amari jouzu janai desu ne. kakko-warai (kakko = parentesi)
Takeshi, tu non sei molto bravo in cucina eh? (lol)

Attenzione però! Se uno vuole lodare qualcuno e mette “wa” alla cosa in cui uno è bravo, (a meno che quel qualcosa sia senza dubbio a tema) l’effetto di contrasto creato sulla cosa in cui uno è bravo resta lo stesso, quindi si limita il discorso a quel qualcosa…

たけしさんは、サッカーは上手ですね。(笑)
Takeshi-san wa, sakkaa wa jouzu desu ne.
Takeshi, a calcio è bravo, eh? (lol)
Takeshi, a calcio sei bravo, eh? (lol)

Una frase del genere porta Takeshi a pensare: “Vuoi dire che sono bravo solo a calcio? Che in ogni altra cosa non sono bravo?”… che, insomma, poverino, no? La struttura in sé si potrà usare in altre situazioni. P.e. se sto parlando di Takeshi e Marco mi cita degli sport, perché vuole sapere in cosa è bravo Takeshi… Se io non sono informatissimo, posso dire a Marco che “Takeshi a calcio è bravo”, e uso “sakkaa wa” perché per il resto non so bene… be’, in questo caso non è certo un insulto! Ma non se sto parlando direttamente con Takeshi e voglio lodarlo… il discorso cambia.

Ah, se volete chiaramente insultare Takeshi (magari per scherzo?), basta usare “dake wa”: Takeshi wa sakkaa dake wa jouzu da ne! A calcio sei bravo, eh? Solo a calcio però! In ogni altra cosa… ^^;;;

Ok, è tutto. Spero la lezione sia piaciuta… o sia stata perlomeno utile. E se la pensate così, condividetela: è sempre di grande aiuto e una soddisfazione per noi. Grazie!

Alla prossima-kuma! (* ̄(エ) ̄*)

15 thoughts on “Jouzu e l’arte di vantarsi in giapponese

  1. Grazie per l’ottimo e preciso post.
    Ho capito che bisogna usare tokui per noi stessi.
    Ma continuando con il tuo esempio iniziale, cosa, allora, dovremmo dire a un professore?

    1. Tieni presente che posso lodare un prof. usando jouzu in riferimento alle capacità nel suo campo se siamo colleghi.
      Se sono un suo studente, posso ancora lodarlo usando Ojouzu SE non mi riferisco al suo campo. P.e. poniamo la mia prof porti dei dolcetti a scuola, posso dirle:
      先生、先生は料理が(お)上手ですね (c’è chi raccomanda l’uso di “o” e chi non ci fa caso)
      Sensei, sensei wa ryouri ga (o)jouzu desu ne.
      Prof, Lei è brava a cucinare eh…

      Cosa succede se voglio lodare le sue abilità nel suo campo?

      In genere si inizia con sasuga desu ne (come ci si aspetterebbe da Lei), quindi si prosegue con qualcosa che dice cosa ho provato di fronte a quel che l’altro ha fatto… eventualmente riferendomi alla cosa e non alla persona.
      先生、さすがですね。感動しました。/すばらしいスピーチでした。
      Sensei, sasuga desu ne. Kandou shimashita./subarashii supiichi deshita.
      (lett.) Sensei, come ci si aspetterebbe da Lei, eh! Mi sono commosso./È stato un discorso meraviglioso
      L’idea è che il discorso ha suscitato in me un’emozione, l’ho sentito come meraviglioso: in questo “kandou suru” e “subarashii” sono sullo stesso piano, perché in un certo senso parlano tutti e due di cosa ho provato.
      Tra parentesi “commosso” per noi sembra eccessivo, i giapponesi lo usano con più tranquillità, non è una colossata leccata di …ehm…

  2. Grazie Riccardo! Sei sempre così preciso e accurato. Sembra impossibile che non venga spiegata la differenza tra due espressioni che non sono proprio delle sfumature ma veicolano due significati (e due modi di farsi percepire agli altri) completamente diversi. Anch’io ho seguito un corso dove mi hanno spiegato che si usano le forme jouzu desu/heta desu senza approfondire questo aspetto, non secondario. Forse la filosofia è quella di dare una primissima infarinatura (ma troppo poco precisa) per non complicare le cose agli studenti che partono da zero? Tipo un corso di lingua da “sopravvivenza” per eventuali viaggi in Giappone.. giusto per farsi capire. Anche se non so che senso abbia… Non è un presupposto da cui si dovrebbe partire.
    In ogni caso, posso aggiungere un altro tassello alla mia minima conoscenza del giapponese, grazie! 🙂
    Che posto prezioso questo tuo blog…! Inutile dirti che attendo con grande impazienza il tuo libro sul corso N5… così, per farti un po’ di pressione 😉 😀

    1. L’insegnamento agli stranieri, spesso, lascia molto a desiderare. I giapponesi in Italia sono pochissimi e in genere non è richiesto un background per insegnare se non essere madrelingua. È lo stesso per noi italiani in Giappone. Ma chi è che saprebbe insegnare italiano da domani?
      Alla fine i corsi si rifanno ai libri e la “filosofia” dei libri è… vendere. Comprensibile, eh, ma un po’ triste. Sarò pessimista ma lo dico con cognizione di causa, proprio perché *NON* credo che gli altri siano incapaci, non sono certo speciale io, la verità secondo me è che “lo fanno apposta”… ma non è una filosofia positiva. Avrò controllato un 100inaio di libri di corso e solo in una manciata di questi si vede che autore e casa editrice si sono “sprecati”, hanno cercato di fare qualcosa di diverso, qualcosa dietro al quale si vede uno scopo, il tentativo di risolvere i problemi tipici degli studenti. Gli altri copiano un formato, lo stesso dei libri di lingua dagli anni ’90 ad oggi. Dialogo, esercizi, meno spiegazioni possibile.
      Se scrivi poco testo, se usi figure e tanto colore, a volte perfino giochi… non sembrerà pesante. La gente sarà soddisfatta perché crede di aver imparato, senza faticare troppo… l’occhio pure è soddisfatto… e il cliente scrive una bella recensione e il libro vende. Non importa se il cliente non ha imparato quel che doveva, tanto non può sapere cosa si è perso!
      So che sembrerà che sputi sulla concorrenza, ma puoi vedere qui sul sito che dico le stesse cose dal 2011 quando ho creato il sito e non avevo certo libri in uscita^^

      >> Che posto prezioso questo tuo blog…!
      Grazie! (Anche della pressione! Mantiene motivati! 😀 )

  3. Ma guarda, io sto studiando in Giappone, non a tempo pieno ma come lavoratore. Sia a un corso interno della ditta, in teoria con insegnanti qualificati (ma l’ultimo sembra tutt’altro che competente, e ha anche ammesso che non ha alcuna qualifica), sia con i volontari al comune. Ebbene, l’unica cosa sensata che posso fare è di verificare sempre e costantemente su grammatiche come il Makino Tsutsui, perché ogni insegnante dice cose diverse e anche assurde (ho sentito ad esempio un ですと condizionale, che spero di aver capito male, e i なぜ abbondano). Inizio davvero a sospettare che il panorama dell’insegnamento del giapponese sia desolante, tanto da iniziare a pensare di tornarmene in Europa (non solo per questo motivo).

    1. “forma cortese + to” in realtà può capitare nel linguaggio particolarmente cortese in 2 diverse occasioni in cui si insegna che non può capitare (come dico spesso, i libri mentono XD). Il “to” in questione può essere il “to” che cita, quello del discorso in/diretto
      nan desu to?! = nan da to!? = Che hai detto?!
      Dal web: 学校に行きたくなるまでは行きませんと決めた小学校一年生の娘。
      Va detto che è un po’ difficile beccare questo tipo di situazione perché a volte i giapponesi semplicemente non mettono le virgolette, ma nella frase sopra è difficile che la bambina abbia detto “ikimasen” alla madre, quindi ci sta.

      Oppure può essere il to del “condizionale”

      …to osshaimasu to? = …to iu to? = Quando dici così, (cosa intendi)?/Sarebbe a dire…?/E cioè?

      kono choushi desu to, raishuu taiin dekiru you desu ne
      = Sembra che di questo passo settimana prossima potrai essere dimesso.

      massugu ikimasu to, 5fun de tsukimasu
      = Se vai sempre dritto, in 5 minuti arrivi.

  4. Ciao la tua lezione è stata come sempre chiarissima e utilissima. Vediamo se ho capito io:
    se parlo di me, evito 上手 e uso 得意 se parlo di un’altra persona, mia pari, uso 上手, e se parlo con un’altra persona, a me superiore, per parlare di un campo diverso dal suo e complimentarmi uso お上手. Giusto? Però mi viene un dubbio, al negativo, come mi comporto? Uso 下手 per le altre persone, e 苦手 se parlo di me, oppure è meglio usare 得意ではありません? E non sarebbe possibile usare anche una costruzione tipo: 私はスポーツが上手ではありません。?Tempo fa avevo scritto questa frase私は音楽が苦手ですが、ギターの遊ぶを習いたいみます。, ma me l’hanno corretta in questo modo私は音楽は得意ではありませんが、ギターを習いたいです。, e ora ho dei dubbi riguardo la prima parte, scusami la lunghezza del commento.

    1. – se parlo di me, evito 上手 e uso 得意
      – se parlo di un’altra persona, mia pari, uso solo 上手 se è il suo campo, jouzu o ojouzu altrimenti
      – se parlo con un’altra persona, a me superiore, per parlare di un campo diverso dal suo e complimentarmi uso お上手 (secondo alcuni anche jouzu), mentre non posso farle i complimenti nel suo campo usando né l’uno né l’altro. Ho detto come farle i complimenti in un commento precedente (es. sensei, sasuga desu ne. (subarashii supiichi deshita), kandou shimashita. = Sensei, come ci si aspetterebbe da lei, eh? (È stato un discorso stupendo), mi sono commosso.

      Parlando di me posso usare tutti gli aggettivi al negativo, heta e nigate vanno benissimo. Amari jouzu/tokui janai si usano, ma hanno un po’ l’idea che ti stai creando una scusa secondo me.
      Per gli altri invece al contrario, uso dal migliore al peggiore
      (amari) tokui > amari jouzu >(?) chotto nigate desu > heta desu
      …dipende da quanto puoi permetterti di criticare quella persona. Il tono più delicato richiede l’uso di tokui. Per criticare, in genere però non lo fai e basta… ci giri attorno o menti spudoratamente XDDD
      P.e. un’amica ti invita e cucina una schifezza… assaggi e dici “o, oishii”. C’est la vie XD

      NIGATE ha un’altra sfumatura da considerare… Con questa sfumatura lo posso usare anche a proposito delle persone (watashi wa Ono-sensei wa nigate da ne… Io Ono-sensei proprio non lo reggo…)
      Insomma, se sei negata per qualcosa al punto che non ti ci vuoi avvicinare è difficile che tu voglia impararla!
      Ecco perché ti hanno corretto quel nigate… ma continua a leggere per altre delucidazioni e problemi con la tua frase.

      Dimentica ではありません la norma è じゃないです. では è molto formale, ありません è molto netto. Lo trovi in certi tipi di scrittura (es. giornali, saggi, libri, ma quasi mai nel parlato comune).

      ギターの遊ぶを –> ギターで遊ぶ(のを), questo ギターで遊ぶ è GIOCARE con la chitarra.
      Questa è una delle cose che dico sempre. Se uno cerca di fare frasi dall’italiano al giapponese, cerca sul dizionario e fraintende. Sì, asobu vuol dire play, ma non “play the guitar”. Bisogna limitarsi al vocabolario dei libri e a usarlo come nelle frasi d’esempio. Lo so che è frustrante, lo so che uno vuole fare di più, ma imparare le cose sbagliate è un attimo… e i native speaker non ti correggono perché non *vedono* l’errore in quanto è relativo alla traduzione: come in questo caso ti dicono una frase alternativa e stop e tu ancora pensi che asobu significhi play sempre perché sul dizionario c’è scritto “play”.

      習いたいみます –> 習ってみます la forma in -te miru (al pres./futuro) esprime l’idea di “faccio una cosa e vedo come va”. Non è quindi “voglio…” o “sto pensando di…”

      Sempre sui native speaker… purtroppo non puoi fidarti al 100% …non sono insegnanti. E anche se sanno esprimersi naturalmente non sanno “dosare le correzioni”. La cosa più comune è che non correggano tutto perché suoni del tutto naturale in una situazione normale, ma solo perché sia grammaticalmente corretto (come nel tuo caso). Altri stravolgono la frase perché gli sembra molto meglio e tu pensi, cielo, ho sbagliato tutto, invece la tua frase andava tutto sommato bene… Succede di tutto purtroppo.

      -tai desu è un desiderio che ti viene dal cuore …non si usa spesso come forma, perché se la dici al momento sbagliato è un po’ infantile. P.e. dal salumiere dici “vorrei un etto di cotto”, non “voglio un etto di cotto”, no? Ma se uno straniero ti chiede se va bene, magari gliela lasci passare, no?

      私は音楽は得意ではありませんが、ギターを習いたいです。–> 音楽は得意じゃないですけど、ギターを習いたいと思っています。/習おうと思っています。Sto/stavo pensando che vorrei imparare/Stavo pensando di imparare…

  5. Grazie mille, di avermi risposto. E grazie mille di tutte le spiegazioni sulla mia frase. Tutte le correzioni mi sono molto utili, così ricorderò meglio, anche perché sapevo che 遊ぶ è giocare e 弾く suonare, ma nel costruire la frase mi sono confusa. Avevo pensato di usare la forma in te-miru. perché intendevo qualcosa come “vorrei provare a imparare”, chiaramente ero fuori strada, almeno ci ho provato. Avendo poche occasioni di usare il giapponese, provo ad inserirlo nel mio quotidiano, forse sbaglio…certe volte mi sembra di non riuscire ad andare avanti. Comunque ancora grazie, per la risposta, mi è tutto più chiaro, credo per esempio posso dire 私は慮利がつく意じゃないですけど、この食べ物を慮利しました。oppure in questo caso potrei dire anche ho provato a cucinare usando la forma in te-miru? 私は慮利がつく意じゃないですけど、この食べ物を慮利してみました。So che 食べ物 è molto generico, ma non mi veniva nulla di meglio al momento.

    1. Ti sembra di non andare avanti, lo capisco. L’ho provato sulla mia pelle e l’ho visto in non so quanti studenti. E dico in senso letterale perché tra utenti e studenti insegno da inizio 2008. Gestisco questo sito che ha oltre 12 mila commenti… tanti simili al tuo.
      Perché succede? Perché vogliamo parlare in giapponese come parliamo in italiano e traduciamo dall’italiano al giapponese. Ma abbiamo tutti 12-18 anni di studi alle spalle quando si tratta di italiano mentre …quanti anni di giapponese?
      Questo modo di procedere nello studio è nel contempo la causa della tua frustrazione, perché se procedessi come suggerisco non succederebbe, ed è anche deleterio alla lunga… Difatti sai il famoso “non pensare in italiano, pensa in inglese” che gli insegnanti di inglese propinano senza spiegare? È questo. Se provi ad esprimere quel che vuoi partendo dall’italiano non ci arriverai mai. Pensare in una lingua straniera si ottiene ripetendo le costruzioni giapponesi, assorbendole per quel che sono e nel contempo ascoltando tantissimo… E poi esercitandosi con la conversazione o la scrittura usando solo quelle costruzioni e quei vocaboli presenti nel libro, dicendo solo frasi superlineari e banali, ma sicuramente corrette (Ci sono altre strategie, ma questa è la prima).
      Hai presente i tennisti che girano la racchetta a vuoto in allenamento o i giocatori di baseball che fanno lo stesso con la mazza? Decine e decine di migliaia di volte? Quell’allenamento serve, senza non si può giocare una partita.
      Poi non voglio fare il rompiscatole… se insisto è perché ti ho visto su questa strada anche in altri post a cui non ho risposto (es. Hai scritto goku, proposizione, qualche tempo fa invece di bun, frase, quando bun è un termine banale e goku è quasi solo grammaticale) …e so che questa strada è duuura.
      Devi decidere tu se vuoi dare retta a uno che ha esperienza e non ha nessun motivo o interesse per mentirti e spende magari un’ora a scriverti un messaggio… O continuare sulla via della frustrazione

      Detto ciò, attenzione, hiku non è “suonare” in generale vale in pratica solo per piano e chitarra, violino… Gli strumenti a corda. Flauto e batteria per es. non hanno a che fare con hiku.

      Poi… ryoUri non ryori, tOkui non tukui

      料理は得意じゃないですけど、ちょっと難しいレシピを作ってみました。
      Sulla prima parte ti manca una comprensione di wa e ga che purtroppo ad oggi nessun libro offre (a parte quello che sto scrivendo!). Per ora fai conto che dato che in italiano dici “la cucina non è il mio forte” stai parlando della cucina, non di te. Inoltre il pronome personale io non è necessario, come in italiano, a meno che tu voglia creare un contrasto tra te e altri.
      Invece di kono tabemono ho messo una ricetta un po’ difficile ma potevi anche mettere il nome di una ricetta

      料理は得意じゃないですけど、ちょっとがんばってカレーライスを作ってみました。

      Qui te miru ci sta benissimo perché è proprio l’idea di agire e vedere come va!

      Una nota su kedo. Non è formale, si usa solo nel parlato ecc e il suo uso dipende molto dal parlante. Se pensi di dover essere più formale\cortese usa ga o keredo (nella frase sopra però kedo ci sta: visto che hai cucinato per qualcuno difficilmente vuoi essere formale)

  6. Esco dalla lettura e basta per commentare questo appunto interessantissimo! Ed ironicamente, ne abbiamo parlato giusto oggi a lezione. Studio giapponese all’università in Inghilterra, e nonostante siamo una classe ormai da N3, soltanto oggi abbiamo scoperto la differenza fra 上手 e 得意. Sempre per gentilissima concezione del Minna no Nihongo (lasciato fortunatamente l’anno scorso in favore di testi…altrettanto vaghi).

    1. Grazie del commento e del parere!
      A leggere quel che dico sembra che sia fissato e mi accanisca sui testi di giapponese, ma davvero la qualità è mediamente così bassa… Per fortuna ci sono anche testi specialistici in jpn e qualche handbook in inglese che sono ben fatti, altrimenti sarebbe un disastro

  7. Ciao Kaze,
    al solito, articolo molto completo. Good work!
    Stavo appunto studiando un po dal Genki oggi e sono finito proprio alla pagina relativa a questo argomento.
    Non so altri libri, pero a pagina 158, in nota, in realtà il Genki parla dell’uso di Tokui per descrivere “one’s skills or lack thereof…”.
    Non pone l’accento sul suo uso quando si parla di sé stessi ne va tanto nello specifico come (per nostra fortuna! La mia almeno :D) fai tu, però in tutti gli esempi in cui usa heta o Joozu effettivamente usa sempre una terza persona.
    Lo salviamo? 🙂
    Un saluto dalla Spagna

    1. Vorrei dire di sì, ma sono le cose su cui bacchetto sempre tutti i libri… in particolare avvertire gli utenti su come non usare una forma per non suonare ridicoli, arroganti, scortesi, ecc. a seconda dei casi, be’ è abbastanza importante.
      Grazie per avermi fatto sapere di questa sua limitazione specifica, se trovi dell’altro scrivimi 😉 ^_^
      P.s. splendida la Spagna, buon soggiorno ^___^

Rispondi a Riccardo "kazeatari" GabarriniAnnulla risposta

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