Ne abbiamo già parlato vedendo watashi, boku, ore… Stavolta vediamo la cosa più in dettaglio, limitandoci però ai soli pronomi davvero utili.

Intanto chiariamo una cosa in giapponese i pronomi personali non esistono: grammaticalmente parlando quelli che andremo a vedere sono sostantivi. Seconda cosa, ne esistono davvero tantissimi, ciascuno appropriato in base alla situazione, al parlante (sesso, età, posizione sociale, ecc.), al dialetto… cose del genere. Dunque per conoscere tutti i pronomi che sentirete dire guardando anime, drama e film, questa lezione non basta. Ne parlerò come curiosità prima o poi, ma per ora limitiamoci a ciò che ci serve davvero nella nostra vita quotidiana giapponese^^.

Riepiloghiamo un attimo.  Il Giapponese, non lo dirò mai abbastanza spesso, è una lingua fortemente legata al contesto. Così come noi ci rivolgiamo ad un’altra persona dandole del Tu o del Lei, così in Giapponese cambia il pronome personale utilizzato in base al contesto in cui ci muoviamo, al registro che usiamo per il discorso. Insomma, se parlo con mio fratello o un amico gli do del Tu, se parlo con un professore uso il Lei.
Qualcosa di simile, ma più complesso, accade in Giapponese: uomini e donne spesso usano pronomi diversi e tutti, a seconda dell’età e della persona con cui parlano, usano più di un pronome personale rivolgendosi a qualcuno, parlando di qualcuno non presente e addirittura usano più d’un pronome per dire “io”.
Un’ultima cosa prima di affrontare un pronome alla volta… i pronomi sono spesso scritti in kana (e così andrebbero scritti, ma di fatto si preferisce usare i kanji), come potete vedere anche nel titolo.

Prima persona singolare (io)

私(わたし)watashi
– Significa “Io”, è usato dalle donne di qualsiasi età ed è utilizzabile virtualmente in qualsiasi situazione. E’ usato anche dagli uomini, specie se parlano con dei superiori sul posto di lavoro o con un cliente, e in generale per esprimere rispetto e cortesia (p.e. anche con uno sconosciuto per strada). E’ inadatto però (per gli uomini) in altre situazioni, più informali, ad esempio in famiglia (con moglie e figli, con i propri genitori, ovviamente, e i parenti stretti), con gli amici o la propria ragazza… In situazioni molto formali uomini e donne usano lo stesso kanji… ma con pronuncia “watakushi” (ricordate la pronuncia: watakshi). Le ragazze, in situazioni informali, usano spesso la contrazione “atashi” (usata anche dai gay) o “uchi” che risultano delle espressioni più “kawaii” (carine). Attenzione a “uchi”: vuol dire anche “casa” ed è usato per dire “io” in certi dialetti. Dunque lo sentirete dire anche da ragazzi, ma se non vuol dire “casa” e il dialetto non c’entra, allora è più che altro usato dalle ragazze.

僕(ぼく) boku
– Significa “Io”, è usato dagli uomini in alcuni dei casi in cui watashi è poco indicato. Per dare una definizione potremmo dire “con pari grado e inferiori con cui non si è in particolare confidenza o per risultare educati” (è difficile che un uomo lo usi in famiglia, per quanto tutt’altro che impossibile, o con la propria fidanzata). L’uso di “boku” per i bambini (per le ragazze e gli adulti) e una curiosità interessante sul suo kanji si può trovare in questo post.

俺(おれ) ore
– Significa “Io”, è usato solo dagli uomini (a volte dalle teppiste, ma sono cose che sentirete solo in anime e drama). E’ molto informale (può essere molto scortese se usato nelle situazioni sbagliate) e implica particolare confidenza e familiarità con chi ascolta (un uomo lo userà in famiglia, con gli amici, con la propria fidanzata, ecc).

Seconda persona singolare (tu)

貴方(あなた) anata
– Significa “Tu”. Risulta abbastanza neutro. E’ un’espressione che possiamo definire cortese, rispetto ad altre utilizzabili solo con chi si ha più confidenza (come l’abbreviazione “anta”) o è più giovane di noi. Tuttavia risulta scortese se usato in determinate occasioni. In particolare non va usato se di una persona conoscete il titolo professionale (p.e. Direttore, Dottore, Professore…) o genericamente la professione (p.e. o-hana’ya-san, “signor fioraio”) o se ne conoscete il cognome (Cognome-san sarà Signor…). Inoltre non va usato con i vostri familiari (a meno che si tratti del proprio marito, che le donne chiamano “anata” o “anta”, come a dire “caro”, “tesoro”): chi è più anziano di voi va chiamato col suo ruolo (come dicessimo “signor padre”, “signor fratello”, ecc.), chi è più giovane va chiamato per nome. Anche fuori dalla famiglia ci sono espressioni adatte, che si rifanno al linguaggio familiare (con qualche eccezione, come go-roujin per un anziano), di cui parleremo a tempo debito.
Ad ogni modo è buona norma evitare (anche con un giro di parole) di usare anata, se possibile, dato che alla fine la maggior parte delle volte lo trovate usato “tra parigrado e verso inferiori”.

君(きみ) kimi
– Significa “Tu”. Corrisponde un po’ a boku. E’ tendenzialmente maschile, ma a volte è usato anche dalle donne se devono rivolgersi a bambini o a subordinati (p.e. sul posto di lavoro). Piccola curiosità: mentre (il kanji di “boku”) con diversa lettura (shimobe) e nei composti (p.e. geboku) significa “servo”, il significato originale di “kimi” era “principe”. Oggi è usato per parigrado e inferiori …ed è facile rendersi conto di questa cosa se pensate che il suo kanji è usato anche per il suffisso -kun. P.e. Tamura-kun (che trovate nel titolo) si può scrivere 田村君 …e il contesto necessario per poter usare kimi o il suffisso -kun (invece di -san) è il medesimo utilizzo.

お前(おまえ) omae
– Significa “Tu”. E’ usato esclusivamente in situazioni informali, è un po’ rude quindi è usato principalmente (ma non esclusivamente) dagli uomini. Come anata è spesso usato nella coppia in senso “affettivo” (tesoro, caro), omae è il “corrispettivo maschile” (di norma, ma può usarlo anche una donna). Capita peraltro di sentirlo seguito da -san, così come invece anata può esser seguito da -sama… ma non lo incontrerete spesso. Ovviamente come tutti i “tu” citati, vale sempre per “parigrado e verso inferiori”, perché altrimenti non usate il “tu” (vd. il discorso fatto per “anata”).

Terza persona singolare (lui/lei)

彼(かれ) kare
– Significa “lui” e si usa solo in situazioni informali. Non è brusco o volgare, ma se non hai confidenza con quella persona non usi “kare” per parlarne. Ovviamente, come sempre, se si può usare il ruolo lavorativo o cognome-san (Signor Cognome), è meglio. E’ usato spesso anche come abbreviazione di “kareshi” , 彼氏 , cioè “ragazzo”, nel senso di “fidanzato”.

彼女(かのじょ) kanojo
– Significa “lei”, in situazioni informali e corrisponde a kare. Inoltre significa anche ragazza, fidanzata.

あの人/方(あのひと/かた) ano hito/kata
– Significa “lui” o “lei”, in situazioni più o meno formali (dei due kata è più formale di hito). Difatti, traduzione letterale sarebbe “quella persona”. Può essere riferito a una persona visibile, ma lontana sia dal parlante che dall’ascoltatore, oppure ad una persona assente, ma che è nota a parlante e ascoltatore. Se questa condizione non è soddisfatta dico “sono hito/kata” (che vuol dire sempre “quella persona”). Se lui o lei è presente e vicino al parlante, questo dirà “kochira”, se invece è vicino all’ascoltatore “sochira”… si può dire che siano “abbreviazioni” dell’espressione kochira no kata (la persona che c’è qui) e sochira no kata (la persona che c’è là). Sebbene “kata” sia termine assolutamente rispettoso, se una persona è presente è sempre bene riferirsi ad essa dicendo semplicemente cognome-san (Signor Cognome), non “lui/lei” (certo, a meno che non la stiate presentando, nel qual caso dovrete dire per forza “lui è Tanaka”, è ovvio). Lo stesso vale se la persona in questione è assente: se è nota ai presenti usarne il cognome(+san) è sempre meglio.
Piccola nota: quel bambino o bambina usa sempre “ano”, ma sostituisce “persona” con (ko), bambino/a, piccolo/a. “Ano ko” si usa appunto per i bambini, ma spesso anche per le ragazze (indicativamente non oltre la 20ina). Kochira e sochira sono troppo formali per i bambini quindi si dirà “kono ko” o “sono ko” rispettivamente.

Come per io e tu, anche per la terza persona esistono molti altri modi possibili, uno più interessante dell’altro di esprimersi… ma li lasceremo per un’altra volta.

I plurali

I plurali dei pronomi personali si fanno attaccando un suffisso a fine parola. Il suffisso più “neutro” (e quindi sicuro) è , -tachi; potete usarlo praticamente sempre e per tutti i pronomi. Poi abbiamo un suffisso di grande rispetto (che quindi non uso per la prima persona), -gata, che segue “anata” e “ano kata” (è lo stesso kanji presente in anata e ano kata). C’è un suffisso particolarmente umile: , -domo. E’ molto educato se segue watashi/watakushi per dire “noi” (perché è come auto-sminuirsi, non darsi importanza). Tuttavia è offensivo se segue la 2a o 3a persona (quindi non lo si usa per queste) o altri sostantivi (baka-domo = voi stupidotti/imbecilli ecc). Attenzione! Non è il “domo” di “kodomo” (子供): kodomo è sia singolare che plurale. Per dire noi in modo formale c’è anche un altro termine (non è un suffisso): 我々 “wareware”. Lo si usa quando si parla a nome d’un gruppo (p.e. lo staff di qualcosa, “noi insegnanti”, “noi rappresentati di…”, ecc.).
Infine c’è -ra, che come suffisso è molto colloquiale, quindi di norma non si trova dopo watashi o hito o kata. Il suo kanji è ma non si usa quasi mai perché ha anche un’altra lettura. Anche gli altri suffissi per il plurale usano poco il kanji (come si può vedere nell’immagine poco sopra con scritto 私たちは負けない , noi non perderemo!), ma “ra” è il suffisso che lo usa più di rado… anche perché è il più colloquiale.
Due cose… mentre dico per il femminile sia kanojo-tachi che kanojo-ra, per il maschile dico kare-ra, ma non dovrei dire kare-tachi (si trova, ma non è bello). Allo stesso modo non dico anata-ra (ma posso usare ra con la sua abbreviazione: anta-ra).
Altra avvertenza sui plurali di kanojo e kare… Noi usiamo “loro” anche quando ho un gruppo misto di donne e uomini… non diciamo “esse”, giusto? In giapponese se so con sicurezza che la maggior parte delle persone nel gruppo è donna, dico kanojotachi o kanojora, non karera.
Inoltre come una persona (in gen. bambina) può usare il proprio nome per rendere la prima persona, così può usare il proprio nome seguito da -tachi per dire “noi”. Inoltre lo stesso vale per voi e loro: quando conosco il nome d’una persona nel gruppo (cioè il gruppo che costituisce il “voi” o il “loro” in questione) posso usarne il nome seguito da -tachi. Può trattarsi d’un nome, un cognome, con o senza -san, un termine per un ruolo familiare o, più raramente, un titolo professionale (sensei, tenchousan, ecc). P.e. Kaede-tachi, Takedasan-tachi, neesan-tachi… a indicare la persona enunciata “e gli altri” del suo gruppo (p.e. Kaedesan-tachi è traducibile con “Kaede e gli altri”).
Mi sembra superfluo ma lo specifico: gli aggettivi possessivi al plurale (nostro, vostro, loro) si fanno esattamente come al singolare, per cui il titolo “watashitachi no Tamura-kun” significa “il nostro Tamura”.

Riassumendo per la formazione dei plurali (considero solo le forme più comuni) abbiamo:

1a persona plurale:
watashi prende -tachi (neutro), -domo (più umile/formale), -ra (colloquiale)
watakushi, molto formale, prende -tachi (neutro), -domo (più umile/form.)
wareware è formale e si usa parlando a nome d’un gruppo
boku prende -ra e -tachi
ore prende -ra e -tachi
2a persona plurale:
anata prende -tachi e -gata (più cortese); non -ra!
anta prende -ra e -tachi
kimi prende -ra e -tachi
omae prende -ra e -tachi
3a persona plurale:
kare prende -ra e raram. -tachi (anche per gruppi misti, ma vd. prossimo!)
kanojo prende -ra e -tachi (lo uso se so che ci sono più donne che uomini)
ano hito prende -tachi
ano kata prende -gata
kochira non cambia direttamente (potrei però dire kochira no kata-gata)
sochira non cambia direttamente (potrei però dire sochira no kata-gata)
ano/kono/sono ko prendono -tachi

E’ venuta una superlezione, ma come da titolo “c’è tutto quello che serve” XD
Alla prossima! (-_^)

59 thoughts on “8.I pronomi personali (tutti quelli che servono)

  1. Stamattina , leggendo il libro “Quando i giapponesi fanno ding”, c’è un bel capitolo sui dialetti giapponesi. La scrittrice diceva che il pronome “Kimi” viene usato dalla gente che si dà un sacco di arie(soprattutto dalle parti di Osaka) ed è insopportabile per i giapponesi..
    Per chi va in Giappone, forse, gli conviene usare l’ “anata” 😀

    1. Grazie Claudio^^ Non sapevo di questa differenza regionale… Una nota “generale”, invece, al di là del Kansai-ben… Ci tengo a ricordare a tutti che non conviene comunque l’uso di kimi (a meno che si tratti di un bambino/a, un subordinato sul posto di lavoro, una buona amica… e mai usarlo con un estraneo)… ma appunto, non solo kimi, è bene evitare anche anata! Se possibile è bene usare sempre il titolo o cognome-titolo (p.e. shachou, direttore, oppure Takeda-shachou), cognome-san o nome-san… a seconda del grado di conoscenza che si ha riguardo alla data persona.

  2. Chiamerò tutti ( nella vita quotidiana ) per Cognome-san con chi non ho molta confidenza, e chiamerò Nome-san/kun quelli con cui ho confidenza. Userò Boku con gli amici o con i compagni di stanza di un alloggio , e userò watashi con persone che non conosco o per lavoro. Dimmi se si può fare , così non mi scoppia la testa con tutti quei modi di chiamare le persone ahaha. Per il resto ottimo sei grande continua così!

  3. Se vogliamo metterla proprio sull’iper-semplice…
    Però boku con il compagno di stanza o gli amici risulta freddino… o meglio, se ti sembrano(sai che sono più grandi di te, “boku” va bene, specie se vi siete appena conosciuti.
    Se invece siete amici, che la sera uscite e andate a farvi una birra all’izakaya e ve la spassate “boku” è inappropriato, freddo o infantile a seconda della situazione (come dicevo siccome i bambini non distinguono e usano sempre boku, in quel senso può essere pure infantile in quanto usato fuori contesto).
    Al contrario se ti presentano una persona che non consoci, ma è più piccola di te “watashi” è fuori luogo… specie un ragazzo come te di 22 anni dovrebbe usare watashi solo con i superiori a lavoro, i clienti… E poi dipende anche dal lavoro. Se uno non lavora in azienda, ma in un izakaya come cameriere, “boku” va bene con superiori e clienti…
    Spero, da un lato, che ti basti e, dall’altro, che non ti abbia spaccato la testa^^

  4. Eppure ancora una cosa non mi è chiara. Prima di leggere questo post ho sempre saputo che “Anata” era semi-informale per le donne ma che per gli uomini corrispondeva al nostro “Lei”. Ora è vero che la mia conoscenza di Giapponese si basa su anime,videogiochi e drama,ma penso che un minimo debbano rispettare la realtà,non è così? In particolare mi ricordo di una scena del live action su “GTO” in cui il ragazzo intelligentissimo si rivolge al professore con Anata pur conoscendone il nome od anche una scena di un videogioco in cui un guerriero si rivolge ad il suo signore sempre con Anata. Insomma, in varie situazioni in cui uomini lo usavano come un nostro lei. Ecco, non riesco a capire molto questo.

    1. Anata è “l’ancora di salvezza” quando non si conosce il nome della persona. Non è scortese in sé, ma usarlo se è evitabile “non è bello” (ho 30 anni, ma se un ragazzino delle medie mi parla dandomi del tu, non è che me ne curi più di tanto).
      Nel caso di Kikuchi, il ragazzo intelligentissimo, probabilmente usa anata perché non gli riconosce il ruolo di insegnante (e a ragione veduta, visto che non insegna affatto)… oppure se la frase è “sensei, anata wa…” invece di “sensei wa…” è ancora accettabile (parliamo comunque di ragazzi di 14 anni).
      Ad ogni modo con gli anime devi considerare alcune cose:
      – ci sono elementi di realtà che non ti aspetteresti mai (hai presente gli anziani altri un metro con la schiena piegata a 90°? Quelli esistono, non sono esagerazioni)
      – viceversa ci sono elementi che non rispecchiano affatto la realtà (certo, dipende anche dal genere dell’anime), tra questi il linguaggio e l’aspetto.
      Riguardo a questo punto, il motivo è uno solo: il modo d’esprimersi d’un personaggio lo caratterizza e i personaggi hanno bisogno d’essere caratterizzati molto negli anime giapponesi (pensa ai capelli spesso di 5-6 colori assurdi… quante ragazze hanno i capelli azzurri, blu, verdi, rosa, rosso acceso, biondi… pur essendo 100% giapponesi?)
      L’uso dei pronomi personali, io e tu, è un altro modo per caratterizzare… pensa a Spice and wolf dove l’eroina usa “wasshi” e “nushi” o, credo di essere l’unico ad aver visto questo… pensa a Sister Princess: 12 sorelle, 12 modi diversi di rivolgersi al protagonista.
      In tempi più recenti Idolm@ster ha fatto qualcosa di simile ed il “producer-san” è stato chiamato con appellativi diversi da ciascuna ragazza (o su per giù) e ciascuna di loro diceva “io” in modo diverso.
      Se vogliamo tornare a GTO, ricordo/posso immaginare che Murata si rivolge a Onizuka usando anche omae e temee, ma non si tratta di “tu”, sono precisi insulti (In 1 litro di lacrime il prof sentendosi dire “omae” si inalbera immediatamente).
      Anata detto a qualcuno cui dovresti portare rispetto e che conosci è l’equivalente del nostro uso del “tu”. Questo non implica direttamente un’offesa grave… pensa all’italiano e all’Italia: quanti usano il “tu” con persone appena conosciute? Quanti bambini usano sempre il “tu” anche con gli adulti? ecc.
      Infine… Ritenere offensivo il tu (o troppo formale il Lei, nel caso dell’italiano) è qualcosa che dipende anche dalla persona.

      Ci sono comunque altri segnali che si trovano nella lingua a sostegno di quel che dico… per esempio il fatto che esistano anata-sama (e in diversi contesti anche omaesan) significa che alcune persone, nell’impossibilità di evitare il “tu”, ritengono i semplici pronomi troppo diretti.
      Ma sentire usare anatasama è abbastanza raro… una prova molto più semplice e comune è data dai verbi direzionali che accompagnano certi verbi d’azione per dire che sto “ricevendo” quell’azione da qualcun altro o che io la sto facendo per qualcun altro… l’uso di questi “ausiliari” fa sì che si possa evitare di usare i pronomi e/o di ripetere continuamente il titolo o il nome.

      1. credo di aver capito, se dovessi mai andare in giappone e riuscire a parlare qualcosa in lingua autoctona, cercherò di imparare il prima possibile i nomi delle persone per evitare anata. In effetti sentii anatasama solo in una puntata di okuto no ken.

  5. Ciao! Ne è passato di tempo dal mio ultimo intervento! Continuano ad arrivarmi email dei tuoi continui aggiornamenti sul sito! Sei un grande! Essendo un visitatore/sostenitore del tuo sito, volevo farti sapere che adesso mi trovo da 1 anno in giappone ( kanagawa ) studio giapponese in una scuola , e lavoro per mantenermi. Devo dirti che le tue lezioni mi sono stati di grande aiuto agli inizi e diciamo anche ora quando ho delle perplessità! Sono fidanzato con una ragazza giapponese e molte volte vado con amici miei ( giappi e non ) all’izakaya ( se ricordi me lo avevi scritto sul tuo commento per farmi un esempio dell’utilizzo dei pronomi, a quel tempo non avevo idea di cosa fosse lol ) Sono arrivato qui per farti umilmente una domanda! Ho chiesto a vari amici e sensei , ma tutti danno una propria relativa risposta. Le domande sono : 1) Boku ( quando lo dico e quando viene detto dall’altra parte )
    2) Dire il proprio nome in terza persona..

    1) L’utilizzo di Boku al 98% ho capito come viene usata. Ma non capisco una cosa, ho un amico giapponese (tante volte siamo andati a mangiare fuori noi 2 soli , quindi non è un estraneo.) di 30 anni ( lo chiamiamo A ), che quando parla con me ( sapendo benissimo la mia età ) utilizza il Boku. Un’altro amico ( chiamiamo B ) stessa età mia ,( andiamo izakaya ecc.. ) utlizza il boku. Altro amico ( chiamiamo C )1 anno più piccolo, viveva con me in una sharehouse ( mai andato a bere fuori , ma se capitava facevamo un party dentro casa ) utilizzava Ore.
    Con amico .(A) utilizzo il boku , essendo lui più grande di me tendo ad essere educato. Ma non capisco il motivo per il quale lui lo utilizzi con me , essendo io più piccolo.
    Con amico (B) Non sò che utilizzare…. è molto amico , ci sentiamo usciamo fuori , lo aiutato a mettersi con una ragazza. Lui utilizza Boku , io cerco di non dire i pronomi personali ma se capita mi è scappato un Ore.
    Con amico (C) utilizzo Ore , è un ragazzo molto alla mano e non fa lo spavaldo quindi mi va bene!
    Dimmi se sto sbagliando in qualcosa!

    Seconda domanda.

    Quando parlo con la mia ragazza, lei utilizza com’è di consuetudine il watashi , e fino a qui non c’è problema. Quando invece lei scrive messaggi sul cellulare , al 70% parla in terza persona. Del tipo ” Erinaと一緒に見に行こう ” oppure ” Erinaも焼肉が大好き! ” il bello è che nel parlato di presenza utilizza il watashi , nei messaggi in terza persona. A questo punto penso sia una sorta di ” tendenza ” di scrittura.

    Per le delucidazioni mi metto al tuo cospetto! Grazie mille! 😉

    1. Ah, quindi siamo in Giappone tutti e due?! ^__^ Io però sto in piena Tokyo, vicino Shinjuku…
      Ad ogni modo, veniamo alla tua domanda.
      L’uso del pronome definisce la relazione con l’altra persona dal tuo punto di vista.
      Watashi è utile sul posto di lavoro, in particolare con i superiori, ma al di fuori del contesto lavorativo è “boku” il pronome più semplice (per noi stranieri) da usare perché si adatta a varie situazioni.
      A scuola lo si usa con gli insegnanti e con i compagni volendo, ad esempio, a lavoro va benissimo per parlare con i colleghi…
      Quando si viene a un ambiente più familiare boku è ancora utilizzabile, ma può avere un che di “distaccato” (la sottile differenza tra essere educato e risultare freddo poiché l’educazione ti fa sembrare un po’ distante).
      Insomma, perché usare boku con un amico?
      Varie possibilità:
      – sei un tipo di persona particolarmente educata e/o abituata a usare boku
      – non siete amici da molto e non sei sicuro del grado di confidenza che puoi prenderti senza offendere
      – ti adatti all’altra persona, se lui usa boku, tu usi boku
      – non si è abbastanza amici da darsi “più confidenza di così”, quindi usi boku

      Il vero problema non è quando usare boku, ma quando usare “ore”, perché se è vero che negli anime e quant’altro “fa più figo” è anche vero che può risultare offensivo se non hai saputo valutare il giusto grado di confidenza che puoi prenderti (ovviamente ben diverso da quello che noi pensiamo con la nostra sensibilità di italiani)
      D’altro canto ci sono ragazze che si offendono se usi con loro “kimi” invece di “anata” (e quanto leggevo il tizio in questione parlava della sua ragazza), perché suona un po’ come se parlasse dall’alto in basso… E per contro c’è chi usa “ore” (unitamente alla forma in -masu e desu) anche sul posto di lavoro, magari parlando con un senpai di cui è amico e con cui esce a bere ecc.
      Sono cose che dipendono dalla persona… il mio sistema è sempre quello di adattarmi… all’inizio evito il pronome proprio finché non sento l’altro ragazzo cosa usa^^

      Ad ogni modo, sei straniero e lo sanno, capiranno pure che non ci sai fare con certe formalità… e se siete così amici, puoi sempre dirgli… “ma sei che non ho mai capito, secondo te qui e ora che pronome dovrei usare?”

      2) usare il proprio nome (cioè parlare in terza persona) è infantile e più che altro limitato alle bambine (quindi non ci provare, nemmeno nei messaggi).
      Il motivo per cui lei lo usa (per me è la cosa più probabile) è per suonare più carina (se lo fa solo con te) …oppure, senza offesa, significa che è infantile o si atteggia come tale, se lo fa con tutti.
      Anche in questo caso però puoi sempre chiederlo all’interessata, non penso che il fatto che presti attenzione a quello che dice possa offenderla^^

      1. Dimenticavo! Ovviamente il discorso di adattarsi alla persona, non vale se è un tuo superiore! Per te sarà scontato, ma lo dico per chi leggesse. Inoltre, sia chiaro, boku può essere comodo come detto, ma si può vivere benissimo senza, usando watashi a lavoro e ore con gli amici… e solo quando si è insicuri sul grado di amicizia adattarsi al modo di parlare altrui. Mah, sempre ricordando che esistono mille e uno modi in giapponese per evitare di usare il pronome personale e mi è capitato di sentire parlare qualcuno giapponese per un’ora buona del più e del meno, non dei massimi sistemi… senza sentirgli dire un pronome che fosse uno, per cui si può davvero fare. certo, servirà allenamento…^^

        1. Rieccomi qui per la risposta! Dopo 5 giorni di lavoro e studio posso finalmente riposare! Ovviamente nel mio giorno di riposo piove a dirotto! -__- .

          A parte questo , grazie alle tue delucidazioni , se prima avessi capito quasi al 100% l’utilizzo del boku , ora sono pienamente arrivato al 100%, Grazie!

          Per quanto riguarda la mia ragazza.
          Sapevo pure io che parlare in terza persona è un modo di parlare principalmente da bambini . Visto che lei nel parlato sia con me che con i suoi/nostri amici usa sempre il watashi , pensavo che quando lei usasse scrivere il suo nome in terza persona, fosse una sorta di ” eccezione ” ( come supposto da te , ovvero sembrare più carina ). Le ho chiesto come mai usasse nei messaggi il suo nome in terza persona ( facendo la finta di non sapere nulla , cosi da non sembrare di avere pregiudizi ) lei mi ha avvisato subito che parlare in terza persona è una cosa che fanno solo i bambini , e che quindi mi sconsiglia di farlo. Poi aggiunge che lei l’ho fa solo tramite messaggi e soprattutto solo con me. Conoscendola da parecchio tempo , non pensavo minimamente che lei fosse ” infantile ” o altro , anzi è molto matura rispetto a me! Ero incuriosito dal fatto se fosse una ” tendenza ” giapponese che si usa fra fidanzati o robe simili!

          Detto questo grazie ancora per le risposte , e se ci sarà l’occasione , potremo incontrarci un giorno!

          いろいろ手伝っていただいてありがとうございます!

  6. Anzitutto grazie per il lavoro che hai svolto e che svolgi e per tutto il materiale che hai messo in questo sito, le tue lezioni poi sono pratiche e comprensibili al contrario di altri siti in cui ho letto, bravissima 🙂

  7. Ciao Riccardo, quanto tempo! Come stai? 😀
    Era secoli che non entravo qui tra studio e vari impegni… ma ho deciso di riprendere il giapponese (un pò di tempo fa iniziai a studiare i kana e avevo stampato la tua pagina dei primi 80 kanji da imparare), anche perchè sto iniziando a parlare con una signora giapponese su skype che, viceversa, vuole imparare l’italiano e volevo un tuo parere, in merito ai pronomi, su come dovrei rivolgermi a lei… In pratica la chiamo solo per nome o a volte utilizzo il -san (XD) perchè penso che abbia capito che non ho dimestichezza con i vari livelli di confidenza e mi sembra abbastanza alla mano… se non ricordo male, avevamo fatto un discussione (però sui suffissi) riguardo al fatto che “virtualmente” ci si rivolge in maniera diversa che di presenza e non so se vale anche per i pronomi. Insomma, con lei userei “Watashi” per dire “io” (che mi pare di aver capito di andare sul sicuro) e “anata” per dire “tu”? Diciamo che è la seconda persona che non ho capito bene perchè se “kimi” e “omae” sono più maschili, una donna/ragazza quale dovrebbe usare?
    Grazie in anticipo per la tua risposta ^_^

    1. Usa watashi e nome-san …è quel che ti direi se fosse una ragazza, ma se è più grande di te devi usare cognome-san e, per aggettivi e verbi, sempre desu e le forme cortesi in masu.

  8. Ciao.
    Innanzitutto complimenti per il tuo blog che seguo da qualche tempo e che ho trovato (e continuo a trovare) molto interessante.

    Avrei una domanda circa il pronome “loro”.
    A quanto ho capito, se un gruppo è composto per la maggior parte da uomini bisogna utilizzare “karera”. Viceversa, se è composto per lo più da donne si utilizza “kanojotachi”.
    Cosa si usa invece per un gruppo di persone che sappiamo essere composto da un ugual numero di uomini e donne?

    Grazie in anticipo e ancora complimenti per il blog!

    1. Riformulo meglio…
      Se sai che un gruppo è misto, ma composto prevalentemente da donne, usi kanojotachi (esiste anche kanojora).
      Se un gruppo è misto e non ne sai l’esatta composizione (o la sai, ma le donne sono in minoranza), usi karera (incontri anche karetachi ma non sarebbe corretto).
      Se un gruppo è misto, a metà, puoi usare ancora il maschile, certamente.

      C’è però un fatto che finora non ho considerato, perché parlavo in generale, ed è invece determinante.
      Quando il gruppo è composto da persone che conosci e sconosciuti, il discorso è diverso. In particolare se senti che una ragazza del gruppo è vicina a te e di lei stai parlando nel tuo discorso, dire “kanojotachi” equivarrà a dire “lei (=la mia amica) e gli altri”.
      Dunque in effetti andrai a prescindere dalla composizione del gruppo.

      Per finire non mi farei enormi problemi, visto che ho letto su internet vari commenti di giapponesi presi da dubbi in materia. L’impressione che ho avuto è che all’origine di questi dubbi ci fosse proprio questo fatto… Se io conosco 3 ragazze su 4 e queste vanno a un gokon con 4 ragazzi che non ho mai visto o sentito nominare, dirò comunque kanojotachi.

      Spero di averti tolto ogni dubbio.

      Prego (puntuale, direi) e grazie a te dei complimenti.

      1. Grazie mille!
        Mi è molto utile in particolare la tua ultima precisazione circa chi si conosce o meno del gruppo.

        A che ci sono ne approfitto per farti un’altra domanda. Per continuare il mio studio in modo graduale circa la grammatica a quali altri tuoi post posso fare riferimento? Scusa, ma non riesco a orientarmi bene sul blog, colpa della mia poca dimestichezza non certo della tua organizzazione
        Grazie ancora.

        1. No, no, il blog è effettivamente disordinato. Sto cercando di realizzare un cambio di tema, indici, grafica… ho valutato non so quanti temi su wordpress e fatto prove su vari blog di prova. Ho finalmente scelto e mia moglie sta realizzando la nuova grafica, ma ci vorrà comunque ancora del tempo prima che tutto sia in ordine.

          Puoi cominciare dl link indice in barra. Nel link in questione, dopo le lezioni trovi link alla grammatica per il jlpt N5, con una sezione normale e una “in sintesi” (nessuna delle due è completa, nessuna delle due è veramente in sintesi… io ci ho provato, ma sintetizzare è impossibile quando c’è così tanto da dire). Fai tutte e due le sezioni, in questo ordine.
          C’è poi la sezione delle domande e risposte (Risposte e lezioni extra), linkata anche questa nella pagina dell’indice.
          Infine ti consiglio di dare un’occhiata nella sottosezione dell’indice “Miti da sfatare” (devi solo scorrere la pagina).

        2. Ok perfetto, comincerò dal jlpt allora. ^^
          In fondo, essendoci per il jlpt vari livelli, lo studio in questo modo dovrebbe essere graduale il che è quello che stavo cercando. Inoltre ho visto anche che c’è una parte dedicata al vocabolario che so già mi tornerà molto utile
          Grazie per i consigli e per la tua disponibilità. 🙂

  9. Ciao,
    Domanda: in una canzone dei GazettE ho trovato un “anata” in cui la seconda parte del kanji invece che 方 era il kanji di “donna”. Si fa così quando il tu è femminile o era una “licenza stilistica”?
    Arigatou!

    1. Anata si scrive in hiragana あなた o, più di rado 貴方 (anche se è una parola talmente comune che dire “di rado” è un po’ strano).
      Nel caso in cui il “tu” in questione sia femminile si può usare 貴女 se si tratta di un uomo si può usare 貴男 …ma in ogni caso si legge “anata”. Inutile dire però che queste scritture non sono né “d’obbligo” né troppo diffuse.
      Quello femminile può essere anche letto kijo, con il significato di Lady o Milady. Quello maschile invece può essere letto Takao, ma solo se usato come nome proprio.
      Per farti un’idea di quanto sia diffusa ciascuna versione, basta virgolettare cercando in google e vedere il numero di risultati:
      260 milioni di anata in katakana
      30 milioni in kanji
      2 milioni di anata con il kanji di donna
      e 4oo mila anata con il kanji di uomo
      …insomma, è bene sapere che esistono queste forme, ma al momento di usare “anata” scegli sempre l’hiragana (e ricorda che se puoi va evitato, sostituito con il titolo della persona o cognome-san).

    1. Uhm… se stai dicendo “io” o “tu” cambia in base al sesso di chi parla, sì, perché in base al sesso cambia il modo di riferirci a noi stessi e, in misura minore, agli altri poiché le donne sono in genere più educate. Tuttavia gli uomini diranno “io” in certi contesti usando watashi, così come le donne fanno sostanzialmente sempre. Quasi lo stesso discorso vale per il tu, anche se è in realtà usato davvero poco.
      Quando mi riferisco a una terza persona dipende solo dal grado di educazione/cortesia che voglio usare, per cui uomini e donne potranno usare le stesse espressioni… anche se di nuovo, anche qui le donne sono tendenzialmente più cortesi…
      Infine, certamente se mi riferisco a un uomo posso usare un termine maschile e se mi riferisco a una donna posso usare un termine femminile, ma il più delle volte dirò lui e lei usando termini neutri come “quella persona”, che tradurrò “ano hito”, “ano kata”, “achira no kata”).
      Nel linguaggio colloquiale però hai kare e kanojo (lui e lei) che sono chiaramente maschile e femminile rispettivamente, mentre in espressioni come quelle citate un attimo fa inserirai un riferimento al sesso solo se necessario: ano otoko (il più scortese), ano dansei, ano otoko no hito, ano dansei no kata, achira no dansei no kata (il più cortese)

  10. Scusa per il doppio commento, ma avevo un’altra curiosità: se la moglie si rivolge al marito con anata/anta (nel senso di caro), il marito come si rivolge alla moglie?

    1. Può usare omae… ma direi che i giovani non lo fanno più. Si chiamano per nome (qualcuno con il san), spesso con un soprannome. Poi quando nasce un figlio, a prescindere dal fatto che il bambino sia presente o no alla conversazione, molti si chiamano (o)kaasan e (o)tousan. A giudicare dai media c’è chi abbraccia volentieri la tradizione e c’è chi pensa sia la fine del romanticismo e dell’amore e vuole evitarlo e continuare a usare il nome.

  11. Ciao! Rieccomi qui a fare domande 🙂

    Vista la lunghezza dell’articolo e i tanti commenti ho deciso di farmi uno specchietto riassuntivo per richiamare velocemente alla mente le informazioni necessarie sui pronomi personali…ma mentre scrivevo mi sono accorto di non aver capito granché bene alcune cose, quindi abbi pazienza ma ti tormenterò con una serie di domande…

    Cominciamo dal paragrafo ano hito/kata: differenza di utilizzo ano hito/kata e sono hito/kata
    Per il primo hai scritto “riferito a una persona visibile, ma lontana sia dal parlante che dall’ascoltatore, oppure ad una persona assente, ma che è nota a parlante e ascoltatore” però se questa condizione non è soddisfatta (la lontananza dal dialogo o la totale assenza della persona nota?) passo all’uso di sono hito/kata… sono mi fa pensare a qualcuno vicino a chi ascolta (codesta persona) ma per questo caso hai suggerito sochira…
    A questo punto mi sono domandato se esiste anche una versione kono hito/kata e come si usa…anche se qui hai suggerito kochira
    Poi nei commenti è spuntato pure achira (no hito/kata) e sono andato in tilt…
    Riflettendo sulle traduzioni che hai proposto e considerandone l’uso che ne facciamo noi italiani, mi è venuto questo pensiero: possono esistere tutte e tre le forme ano/sono/kono hito/kata con il significato di “quella/codesta/questa persona” così come possono esistere le tre forme achira/sochira/kochira (no kata) con il significato di “la persona che è laggiù/costì/qui” intendendo queste ultime tre come più cortesi delle prime tre
    Infatti parlando di bambini poi ha specificato che la versione -chira è troppo formale è si usa l’altra sostituendo “persona” (hito/kata) con “bambino” (ko)

    Ok fine della prima domanda…attendo impaziente le tue correzioni, ma intanto GRAZIE!!! 🙂

    1. Ulteriore domanda: oltre kochira/sochira/achira “no kata” esiste anche “no hito”? e se si con quali sfumature rispetto a tutte le altre?
      Ok per oggi mi fermo…
      Grazie ancora 🙂

      1. sì, come scritto nell’altro post.
        D’altronde esiste anche “kochira no shouhin” (questo prodotto). In pratica kochira no = kono.
        “ko/so/a/chira no” è un modo di parlare cortese, quindi esprime rispetto verso l’ascoltatore
        Usare kata invece di hito è questione di rispetto verso la persona indicata, che a volte sarà l’ascoltatore e a volte no.

        Tra parentesi nel linguaggio cortese “ko/…/chira” non solo indica anche le persone, ma significa anche “qui, lì, laggiù” oltre ad avere il suo significato originale “(da) questa parte/quella parte/quella parte laggiù”

    2. Non devi pensare a queste espressioni come a un modo di dire “lui/lei” ma “questa/quella persona”.
      Puoi dire
      ano/sono/kono hito
      e
      ano/sono/kono kata (kata è più cortese di hito)
      Ma non solo, puoi dire
      achira/sochira/kochira (es. kochira wa Tanaka-san desu)
      e puoi anche dire
      achira/sochira/kochira no hito
      e
      achira/sochira/kochira no kata
      …che saranno espressioni più cortesi rispetto ad usare ano/kono/sono.

      Per essere più precisi sull’uso devi capire a fondo la differenza tra parole in a- in so- e in ko- …la classica definizione “cose vicino a me con “ko”, vicino a chi ascolta con “so”, mentre con “a” si indicano cose visibili lontane da entrambi” in realtà è abbastanza limitata, ma è impossibile affrontarla bene in un commento così. Spero che considererai il mio corso, in particolare il secondo volume (N4) quando uscirà (a fine giugno dovrebbe uscire quello per l’N5).
      Per ora posso dirti solo le regole essenziali e spero si capisca.

      Quando ko- so- a- sono riferimenti spaziali si può fare anche questa distinzione.
      ko- si può usare anche per un “questo” vicino sia al parlante che all’ascoltatore (in gen. relativamente molto vicino rispetto a qualcos’altro di più lontano)
      so- si può usare anche per un “quello” più lontano di un oggetto indicato con ko- o più vicino di un oggetto indicato con a- (NB non è detto che sia esplicitato un oggetto che crea un paragone: “soko no kouen” è “il parco laggiù” non-visibile-ma-non-così-lontano)
      a- si può usare anche per un “quello” più lontano di un oggetto indicato con so-
      P.e. se uno presenta la propria scuola a un nuovo arrivato dice “Questa (kono) classe è la nostra, quella (sono) classe (cioè quella subito dopo, la seconda del corridoio dove si trovano) è l’aula di musica, mentre quella lì (ano) è la biblioteca (NB la terza aula del corridoio)”

      Questo, quello e parole simili però non si usano solo per rif. a oggetti intorno a noi… Quindi bisogna considerare anche queste regole:
      so- in rif. alle cose di cui si è già parlato nel proprio discorso
      ko- in rif. alle cose che si sta per dire

      In effetti il primo di questi due punti è un po’ più complesso se si considera una conversazione:
      so- in rif. alle cose che solo uno tra parlante e ascoltatore conosce
      a- in rif. alle cose che conoscono sia il parlante che l’ascoltatore

      1. Una spegazione davvero chiara e ricca, meglio di quanto mi aspettassi! Grazie 🙂
        Come ho scritto in altri post col nome di Apposai (il pc si logga come gli pare…), non vedo l’ora che esca libro da zero a n5 😉

        Però non ho afferrato del tutto le utlime 7 righe qui sopra, l’uso di a-so-ko- in “senso figurato”( qualcosa di già noto, qulcosa di ancora ignoto…), mi puoi fare qualche esempio per favore?

        Dopodiché salto subito alle domande sulle persone plurali partendo proprio da queste che mi hai appena spiegato:

        1) Posso metere tutto quanto al plurale mettendo kata con -gata e hito con -tachi (immagino anche ko insieme a -tachi quando parlo di bambini) a prescindere se prima c’è un formale -chira (no…) oppure un meno formale a/so/kono… Dico giusto?

        2) Mi piacerebbe capire meglio perché karetachi è così raro/strano mentre il corrispettivo kanojotachi no

        3) Il boku usato come “tu” riferito ai bambini può diventare bokutachi e bokura al plurale?

        4) Anche atashi e uchi (i pronomi femminili “kawaii”) diventano plurali con -tachi e -ra?

        5) E per ultimo, ma non certo per importanza, la differente sfumatura nell’uso di un normale watashitachi e wareware…nel concetto stesso di “noi” ci sto io e un altro gruppo di persone insieme a me, per conto dei quali io parlo…mi pare che la base di parteza sia la stessa… O no?

        In teoria con questo dovrei aver esaurito l’argomento dei pronomi… Dai, hai quasi finito;)
        Poi passo ad un altro post 😛

        Intanto di nuovo grazie della disponibilità 🙂

        1. Come dicevo spiegare bene quei concetti del ko-so-a richiede uno spazio e un tempo che qui non abbiamo.
          1) achira no kodomotachi
          Ano kodomotachi
          Kodomogata non si dice
          2) è scorretto ma qualcuno non lo sa così finisce per essere raro
          3) non è tanto un “tu” quanto un modo di dire “bambino!” nel chiamare un bambino (nee, boku! Ehi bambino!). In teoria non dovrebbero esserci problemi a farne il plurale ma non l’ho mai sentito. Già boku usato così si sente di rado
          4) sì. Vado a sensibilità personale ma direi che per atashi si usa più tachi, per uchi si usa più ra
          5) wareware è più formale… Lo usa per es. uno che fa un discorso sul posto di lavoro, di fronte ai colleghi, o il direttore che dice “noi abbiamo dato tutto e raggiunto gli obiettivi” e roba del genere. Mia moglie per dire noi usa watashitachi. Ma anche se parlano dei colleghi di lavoro tra di loro usano watashitachi (p.e. ce ne andiamo anche noi?)

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