Le “doppie particelle” o “particelle composte” rappresentano un argomento su cui gli studenti italiani di giapponese faticano non poco …e il motivo è presto detto: in italiano non c’è qualcosa di simile, sebbene la stessa idea viene in qualche modo espressa. Vediamo dunque come fare a capire quando si usano e perché.

Spesso dico che le particelle sono come delle etichette che si attaccano subito dopo un nome per dire a cosa serve quel nome. Più precisamente l’idea dietro (quasi tutte) le particelle (eccetto wa e no) è quella di dare una funzione ad un elemento della frase legandolo al verbo… mi spiego meglio. Prendiamo la frase “Vado a Milano”, cioè mirano he iku. Dopo mirano trovo quella “he” che mi dice “la parola subito prima è la destinazione del verbo”. Quindi in sostanza se dico “Vado” sorge spontanea la domanda “Dove?” e “mirano he” è la risposta: “Vado… (dove?) …a Milano”.

Particelle diverse indicano chi fa un’azione, chi la subisce, quando, entro quando, da chi, per colpa di cosa, a beneficio di chi, ecc. ecc. Quello che hanno in comune è dunque legare una parola (per es. Milano o mercoledì) all’azione: suiyoubi ni mirano he iku, “Vado… (dove?) …a Milano (quando?) …mercoledì”.

Ottimo, fin qui c’ero… Ma le doppie particelle? – dirà qualcuno che ha più fretta degli altri.

Ora ci arrivo. Pur parlando di “doppie particelle” in effetti parliamo di una particella (più o meno una qualsiasi eccetto wa, ga, wo, ni e no) seguita dalla particella no.

Perché proprio la particella no?

Pensateci. Qual è la funzione della particella “no”? I più penseranno che vuol dire “di”, ma è una grossolana approssimazione. La struttura con cui si presenta è AのB e serve a far intendere che A in qualche modo specifica qualcosa su B. Può essere che B sia “di A” o che B venga da A… o in generale indicare che A è una qualità di B. Vediamo degli esempi

Mario no pen, la penna di Mario
watashi no pen, la mia penna (= la penna di me)
Nihon no pen, una penna giapponese (lett. una penna del/dal Giappone)
kiiro no pen, una penna gialla (lett. la penna del giallo °_° )
hyakuen no pen, una penna da 100 yen (=una penna che vale 100 yen)
…c’è anche qualche altro caso più difficile, ma lasciamo stare.

Tutto chiaro fin qui? Benissimo.

Finora in posizione A abbiamo trovato dei nomi (sostantivi): Mario, watashi, Nihon, kiiro… ma in questa stessa posizione, cioè prima di の no, posso avere “nome + particella”, cioè nel complesso avrò

A[=nome+particella] + の no + B[=nome2]

Ciò fa sì che le espressioni che vedevamo sopra, come “mirano he”, non si leghino solo al verbo: grazie a NO si possono legare al nome subito dopo! Confrontate le due frasi sotto

会議は9時から始まります。
kaigi wa kuji kara hajimarimasu.
La riunione ha inizio dalle 9. (sì suona male a noi ma in giapponese va bene).

9時からの会議は始まります。
kuji kara no kaigi wa hajimarimasu.
La riunione delle 9 ha inizio.

Vedete come nella seconda frase “kuji kara” specifica di che riunione si tratta? Cioè per l’appunto specifica qualcosa sulla parola “riunione” e non risponde alla domanda “quando (inizia)?”, cioè non si lega al verbo. Può essere che la riunione delle 9 stia cominciando in ritardo e le 9 siano ormai passate quindi il significato della prima e della seconda frase è fondamentalmente diverso perché può essere che la riunione inizi ad un diverso orario!

Certo, non sempre c’è (una grossa) differenza alla fine della fiera…

川口さんへはがきを書きました。
kawaguchi-san he hagaki wo kakimashita.
Ho scritto una cartolina a Kawaguchi.

川口さんへのはがきを書きました。
kawaguchi-san he no hagaki wo kakimashita.
Ho scritto una/la cartolina per Kawaguchi.

La differenza tra queste due frasi a conti fatti non è pazzesca, ma resta l’idea che nel primo caso “a Kawaguchi” è la risposta alla domanda “a chi ho scritto la cartolina”, mentre nel secondo caso ci dice per chi è la cartolina (se fosse “per chi ho scritto la cartolina” sembrerebbe che Kawaguchi non sappia scrivere e io l’abbia fatto per lui). La caratteristica della cartolina è quindi quella di essere indirizzata a Kawaguchi… “Kawaguchi-san he” è cioè una caratteristica della cartolina che poteva essere bianca, colorata, rovinata… perfino gialla (kiiro no) e invece è “kawaguchi-san he (no)”.

anata he no purezento, un regalo per te
tousan kara no meeru, una mail da (parte di) papà
oosaka kara no densha, il treno da Osaka
ima made no jikan, il tempo (trascorso) fino ad ora
mirai he no michi, la strada verso il futuro
nihon de no seikatsu, la vita in Giappone
hitori de no seikatsu, la vita da solo

…tutti gli esempi sopra sono senza un verbo quindi non è possibile che le particelle (he, kara, made, de…) si leghino al verbo, no? Una riprova che la coppia “nome+particella” si lega logicamente al nome successivo, quello dopo il の no.

Che ne dite di un po’ di esempi con cui cimentarvi?

Notare che tra questi troviamo due volte “he no”. La particella NI quando indica la destinazione o il destinatario può essere sostituita da HE. Siccome come detto “ni no” non si può trovare, si usa “he no”. Attenzione però, la particella NI, a differenza di HE, si usa in vari altri casi, p.e. con le espressioni di tempo o con lo stato in luogo che indica esistenza. Se sono questi complementi a legarsi ad un nome qualificandolo in qualche modo, semplicemente si usa solo NO senza alcuna particella prima.

タイのバンコクは国際的な街です。
tai no bankoku wa kokusaiteki na machi desu. (tai NI aru bankoku → tai NI no bankoku)
Bangkok, in Tailandia, è una città cosmopolita.

Spero sia tutto un po’ più chiaro ora… come sempre, Buono studio! (*´ω`*)

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